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Martedì 16 marzo, ore 18.30. Live streaming aperto al pubblico della rete sulle pagine Facebook. La scrittrice e giornalista televisiva presenta il suo nuovo libro, “Angeli e carnefici” (Rizzoli, 2021).

Coppie di donne in apparenza lontanissime tra loro ma che, accostate in un modo originale, trovano punti di incontro cruciali. Sono le eroine del bene e quelle del male le protagoniste del nuovo libro di Cinzia Tani, scrittrice e giornalista che da sempre attraverso i suoi lavori cerca di colmare i buchi della storia al femminile. Martedì 16 marzo, alle ore 18.30, l’autrice e conduttrice televisiva incontra online il pubblico del Club per l’UNESCO di Foggia e della libreria Ubik, in diretta streaming sulle rispettive pagine Facebook: al centro della serata, la presentazione del suo Angeli e carnefici (Rizzoli, 2021), di recentissima pubblicazione e già apprezzato da critica e lettori. A dialogare con Cinzia Tani sarà la responsabile eventi del club, Lucy Petrucci. Presentazione dell’evento di Alessandro Galano della libreria Ubik. Saluti e introduzione a cura della Presidente Club per l’Unesco Foggia, Floredana Arnò. Interviene, la psicoterapeuta Enza Paola Cela.

Angeli e carnefici (Rizzoli, 2021; 468 pagine). Undici donne straordinarie e undici spietate assassine. Undici hanno intrapreso la strada del bene e undici quella del male. Apparentemente abitano mondi distanti destinati a non incontrarsi mai, eppure qualcosa lega a due a due queste donne formando coppie unite da un doppio filo. Che cosa hanno in comune? Lo stesso anno di nascita e forse anche qualche dettaglio in più. Come Tina Modotti e Marie Besnard che hanno avuto entrambe un’infanzia povera, ma sono state molto amate dai genitori: l’una è diventata una fotografa e un’attivista impegnata in politica e l’altra è diventata un’avvelenatrice seriale accusata di parricidio e matricidio. Oppure Hannah Arendt e Ilse Koch, entrambe tedesche: la prima è dovuta fuggire dalla Germania perché ebrea, la seconda è il volto più atroce del nazismo, la sadica aguzzina degli ebrei internati nel campo di concentramento di Buchenwald. La prima è la teorica della banalità del male, la seconda lo incarna. Quanto conta l’infanzia nella storia di una donna che diventa «grande» nel crimine, nell’arte, nell’attività politica o nella scienza? La diversità di educazione, ambiente e incontri condiziona le scelte? Oppure è il Dna che determina inevitabilmente l’esistenza di ciascuno di noi? Oggi le teorie di Cesare Lombroso, il padre dell’antropologia criminale, e della fisiognomica sono ampiamente superate da un approccio interdisciplinare basato sull’interazione tra geni e ambiente. È in questa direzione, infatti, che si muove Cinzia Tani nel ripercorrere le storie di ventidue donne vissute tra Ottocento e Novecento, indagando il modo in cui tutto è cominciato: il tipo di famiglia, il background sociale e culturale, le amicizie, i primi amori. Dettagli poco noti che possono fare una grande differenza nel futuro di una persona e trasformare una donna in un angelo o una carnefice.

Cinzia Tani. Giornalista e scrittrice, autrice e conduttrice radiotelevisiva. Nel 2004 è stata nominata dal presidente Ciampi cavaliere della Repubblica per meriti culturali. Tra i suoi libri: Assassine (Mondadori, 1998), L’insonne (Mondadori, 2005), Sole e ombra (Mondadori, 2007, premio Selezione Campiello), Lo stupore del mondo (Mondadori, 2009), La storia di Tonia (Mondadori, 2014), Donne pericolose (Rizzoli, 2016), Il capolavoro (Mondadori, 2017), Darei la vita (Rizzoli, 2017), Figli del segreto (Mondadori, 2018), Donne di spade (Mondadori, 2019) e Amanti e rivali (Mondadori, 2020). www.cinziatani.it.

a cura del prof. Giuseppe Piemontese - Società di Storia Patria per la Puglia.

In questo lungo e a volte tragico periodo di pandemia, ci chiediamo: Quale futuro avremo dopo il Covid-19?

Se prevarranno di più le ombre o le luci, di cui ha fatto riferimento il Prof. Sabino Cassese in un suo libro intitolato: Una volta il futuro era migliore. Lezioni per invertire la rotta,  Solferino Editore, Milano 2021.

L’Autore ci parla, nella prima parte,  di come siamo giunti a costruire un mondo globalizzato, sorto da una speranza, al cui fondamento vi era la fiducia non solo del presente, quanto del futuro. Un mondo costruito negli ultimi 30 anni e precisamente da quando l’economia ha assunto una funzione non più localistica, ma globale, di cui sono stati protagonisti i popoli che hanno saputo costruire un mondo fatto di reti intercomunicanti, attraverso lo sviluppo economico, ma soprattutto attraverso lo scambio delle merci e anche delle persone, tanto da creare le premesse per un mondo interconnesso. E tutto questo ha contribuito a migliorare la qualità della vita e soprattutto lo sviluppo di alcuni popoli, che un tempo vivevano ai margini del progresso, fra questi i paesi del Sud-Est asiatico.

In altre parole un progressivo sviluppo economico e commerciale che ha portato alla nascita e allo sviluppo del mercato mondiale  e agli scambi commerciali. Dall’altra parte, in questi ultimi settant’anni abbiamo assistito. specie in Europa, all’eliminazione di guerre e di scontri fra nazioni, superando così ciò che era avvenuto nella prima metà del Novecento, con ben due guerre mondiali. Anche se c’è da dire, non sono ancora del tutto eliminati i conflitti etnici e politici in diverse parti del mondo. In ogni modo, specie in Europa, tutto ciò ha permesso, insieme agli Stati Uniti, di avviarci, specie nella seconda parte del Novecento, verso un rapido sviluppo industriale e culturale, di cui hanno beneficiato la maggior parte dei popoli europei e americani tanto da contribuire a migliorare in maniera  consistente le condizioni materiali di vita e l’allungamento dell’età di ogni individuo.

A tutto ciò ha contribuito, non solo settant’anni di pace, ma soprattutto la creazione di istituzioni politiche e culturali, fondate sulla democrazia e sulla libertà: due valori essenziali non solo dell’Occidente, ma anche di atri popoli del mondo, verso cui ormai si orientano. Stati democratici e liberali, fondati sui diritti e doveri del cittadino verso lo Stato, perché garante di libertà e di democrazia.

Tutto questo fa parte  delle grandi conquiste dell’uomo contemporaneo e, quindi, di un mondo che aveva grande fiducia nel domani, dove splendeva la luce della speranza e del progresso.

E, oggi, ci chiediamo: tale luce esiste ancora, oppure vi sono più ombre che luci?

Sabino Cassese se lo chiede e noi con lui. Ombre che purtroppo oggi, in piena pandemia, rischiamo a intravedere maggiormente, tanto da renderci conto  che forse è venuto a mancare in noi il senso e la misura non solo del tempo, ma dello spazio, sia mentale  che  fisico. Ombre che ci portano a riflettere non solo sul mondo che abbiamo costruito, quanto su ciò che esso ha in sé di negativo e, quindi, la mancanza di fiducia nel proprio operato. Ombre che si riflettono soprattutto nel mondo occidentale, dove si manifestano maggiormente le contraddizioni della globalizzazione e, quindi, dello sviluppo ineguale, fra chi ha tutto e chi non ha nulla.

Un mondo in cui la democrazia si indebolisce, in cui il benessere, la solidarietà, il senso dello Stato di diritto arretrano. Dove predominano soprattutto individualismi e personalismi di parte; dove la politica ha perso il suo ruolo di rendere partecipi i propri cittadini al Bene comune; dove la produzione di beni si è fermata, anche a causa della pandemia, creando così maggiori disuguaglianze e povertà; dove in Italia il livello d’istruzione diventa, se facciamo un confronto con gli altri paesi occidentali, sempre più basso e scadente; dove a governarci vi sono persone e partiti senza una vera élite o competenza, tanto da creare e diffondere il rifiuto fra la gente della politica e dei politicanti; dove la stessa vita politica, in mancanza di veri e propri partiti ideologici, è in crisi, tanto da allontanare la gente da essa e quindi dei partiti; dove manca il senso di appartenenza ad un luogo o ad  una comunità,  in quanto essa stessa oggi non esiste, sostituita da una folla anonima che si identifica nell’ultimo movimento sorto dalla rabbia e dal malcontento.

E tutto questo in un mondo in cui la speranza è ormai appesa a un filo, di cui si teme che si spezzi.

Mentre, oggi, si avrebbe bisogno di una maggiore forza propositiva  e di vera progettualità che possa rimettere in cammino la speranza nel futuro. Una speranza che dovrebbe sorgere da noi stessi,  dalla nostra capacità di costruire un mondo più solidale e inclusivo, attraverso una nuova classe politica di élite, non elitaria, cioè individualistica e personalistica, ma aperta alla società e quindi alla comunità. Una élite competente, che abbia in sé la dimensione utopica di costruire il futuro, attraverso alcune riforme essenziali, di cui ci chiede l’Europa e precisamente: l’innovazione, la cultura ecologica, la ricerca, l’equità territoriale e sociale, la salute. Punti essenziali per far si che  si attuino le finalità del Recovery Plan, all’insegna di una nuova era di progresso e di civiltà.  

Sono stati pubblicati all’Albo pretorio e sul Sito istituzionale del Comune di Lucera gli Elenchi (A e B) dei beneficiari del contributo regionale a rimborso delle spese sostenute per l’acquisto dei libri di testo per le scuole Secondarie di 1° e 2° grado.

Le somme totali occorrenti per liquidare interamente i contributi spettanti ai beneficiari dell’elenco A sono costituite anche da un importo di € 5.251,36, attualmente nella disponibilità esclusiva dell’Organismo Straordinario di Liquidazione (O.S.L.) impegnato presso il Comune di Lucera.

Nell’interesse delle famiglie, l'Amministrazione ha ritenuto di non attendere il completamento delle procedure dell'O.S.L per liquidare gli interi importi, che avrebbe comportato un ritardo di svariate settimane, provvedendo a liquidare subito i rimborsi, con un acconto nella misura del 93% , rinviando ad una successiva liquidazione dell’Organismo di liquidazione solo il saldo del restante 7%.

E’ stato presentato questa mattina in Presidenza regionale il Premio Letterario “Stefano Fumarulo”.

Sono intervenuti il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, il sindaco di Bari Antonio Decaro, il garante regionale dei diritti delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà Stefano Rossi e il presidente dell’associazione Falcone, Corrado Berardi

In occasione dei 25 anni dalla sua nascita, l’Associazione “Giovanni Falcone” ha infatti organizzato il Premio Letterario Fumarulo, dedicato alla memoria del dirigente regionale Stefano Fumarulo, scomparso prematuramente nell’aprile del 2017.

Un progetto nato circa tre anni fa grazie al presidente Corrado Berardi, al segretario Antonio Fioretti, scomparso pochi giorni fa e al Garante regionale dei diritti delle persone sottoposte a misure restrittive delle libertà, il dott. Piero Rossi.

Stefano Fumarulo ha sempre dedicato la sua vita alla lotta alla criminalità, oltre ad aver lottato a fianco delle persone più deboli contro il caporalato e ogni tipo di mafia, sia personalmente che in qualità di dirigente regionale, unendo professionalità e rigore tecnico. Proprio per questo motivo si è imposto come modello di virtù etica e sociale, di legalità e solidarietà, e soprattutto come modello per le nuove generazioni e per chi vuole cambiare la rotta della propria vita.

A lui è dunque dedicato il Premio Letterario, che vedrà coinvolti i detenuti delle carceri di Puglia e Basilicata.

“Le parole sono insufficienti – ha detto il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano - per esprimere la gratitudine mia personale verso l’associazione di Corrado Berardi. È chiaro che è un momento importantissimo questo premio letterario che chiede ai detenuti di tutte le carceri italiane di ricordare Stefano e di comporre poesie per lui o dedicate alla legalità, e alla rinascita che il Paese deve avere anche rispetto ai suoi sbandamenti, alle sue perdite di coscienza.

Per 20 anni, Stefano Fumarulo è stato un punto di riferimento insieme al Comune di Bari, alla Regione e ai comuni di tutta la Puglia, nella lotta non repressiva alla criminalità organizzata, in favore dei migranti, del loro coinvolgimento in termini di legalità e di utilità economica. Sono grato a tutti coloro che si sono adoperati per il successo di questa iniziativa”.

Secondo il garante Stefano Rossi “Quando Corrado Berardi è venuto a proporci un concorso letterario riservato a persone private della libertà, non abbiamo avuto dubbi sull’efficacia dell’azione, corroborata dall’essere intitolata alla memoria di Stefano Fumarulo, con cui abbiamo sempre svolto attività insieme, sia durante la sua esperienza comunale che regionale. È importante che il premio si rivolga ai detenuti non solo per ambizioni riabilitative orientate all’educazione alla legalità, quanto piuttosto per il senso di legalità che deve pervadere l’assunzione di responsabilità che lo Stato ha nei confronti dei detenuti stessi, facendogli espiare la pena conferendo sempre maggiore significatività al tempo trascorso in carcere. È importante dedicarsi alla letteratura, alle espressioni di bellezza, alla fruizione di strumenti che siano effettivamente efficaci rispetto al percorso di chi sta espiando una pena privato della sua libertà”.

Il sindaco di Bari, Antonio Decaro, ha dichiarato di essere  “orgoglioso di presentare oggi il premio letterario intitolato a Stefano Fumarulo, che è stato non solo un amico e un prezioso collaboratore del Comune di Bari ma anche una persona  capace e determinata, che ha promosso un nuovo protagonismo civico nel contrasto alle mafie e all'illegalità. Stefano ha saputo smuovere le  coscienze di tanti indicando una strada nuova dentro e fuori le  istituzioni per il contrasto alla criminalità organizzata, e nei suoi anni al Comune di Bari non ha mai mancato di tendere la mano alle famiglie delle vittime innocenti di mafia, come pure ai minori  provenienti da famiglie criminali, cui credeva fosse doveroso offrire un’alternativa  a una strada già segnata.

Stefano è stato per molti versi un precursore: ha creduto nei ragazzi e nelle ragazze, nella possibilità di coltivare l’antimafia sociale nelle scuole, nelle carceri, nei luoghi della partecipazione  e ha ideato progetti e azioni innovative  anche in materia di riutilizzo dei beni confiscati che nella nostra regione non si erano mai visti. A  distanza di quattro anni dalla sua prematura scomparsa, il vuoto che ha lasciato resta incolmabile, ma la sua eredità morale prosegue nelle persone e nelle realtà che lo hanno accompagnato nel suo cammino.

In questo senso lanciare un concorso letterario che renda protagonisti i detenuti delle carceri pugliesi e lucane ha un valore profondo perché è un modo per spingersi al di là dei muri - fisici e mentali-  per ascoltare le voci, i pensieri e le parole di chi vive privato della propria libertà.

Vorrei anche ringraziare  Corrado Berardi e l’associazione Giovanni Falcone di Catino per il lavoro costante e non privo di difficoltà che portano avanti da tanti anni in un quartiere periferico della città, dove ormai rappresentano un presidio importante e un punto di riferimento. E il fatto di essere qui oggi a presentare questa iniziativa in un periodo in cui proprio l’attivismo e la partecipazione sono stati messi a dura prova dalla pandemia è la dimostrazione della vitalità dell’associazione e della forza del lavoro che svolgono.

Questa iniziativa, quindi, non può che raccogliere il nostro plauso e il nostro sostegno. Una iniziativa che arriva nel 25° anno dalla fondazione dell’associazione che porta il nome di Giovanni Falcone e che rende omaggio a Stefano, un partigiano moderno, - come lo definì don Franco Lanzolla – un uomo che nella sua vita ha sempre scelto da quale parte stare”.

“Consci dell’importanza della cultura quale strumento per sconvolgere alla radice l’essenza della nostra società – ha spiegato Corrado Berardi, presidente dell’associazione Giovanni Falcone - vogliamo rendere protagonisti proprio coloro che, imparando dai proprio errori, cercano una rinascita e chiedono a gran voce una seconda possibilità”.

“E un progetto molto importante – spiega ancora Corrado Berardi – oltre ad essere un tributo per Stefano Fumarulo e al suo impegno, questo premio vuole essere una ripartenza in questo periodo tanto difficile, mettendo al centro la cultura”. Le attività dell’Associazione “Giovanni Falcone” dedicate alla memoria del giovane dirigente non si fermano qui: “nel giardino dell’associazione sarà realizzato un murales dagli studenti del Liceo Artistico De Ruggeri di Massafra e del Liceo De Nittis Pascali di Bari - spiega Berardi – questo per coinvolgere nel nostro progetto anche altre città e stimolare la collaborazione tra i ragazzi, sempre all’insegna dell’arte e della cultura. Stefano Fumarulo è per noi esempio di impegno, solidarietà e dedizione: a lui vogliamo dedicare il nostro impegno sul territorio”. A questo si aggiunge il completamento della biblioteca comunale del quartiere.

LE MODALITA’ DEL CONCORSO

I detenuti parteciperanno attivamente al concorso presentando dei componimenti poetici e narrativi. I lavori dovranno essere inviati entro il 4 maggio. Le categorie in concorso sono 2: narrativa e poesia. A queste si aggiunge una sezione speciale, dedicata ai componimenti poetici dedicati proprio a Stefano Fumarulo.

I componimenti saranno valutati da una commissione ad hoc, composta da 6 membri (3 per categoria), che nominerà i vincitori. La premiazione è prevista per il 26 giugno 2021, nel giardino della Scuola Primaria “Giovanni Falcone”, nel quartiere Catino di Bari.

Il progetto ha ottenuto il patrocinio della Presidenza della Regione Puglia, del Consiglio Regionale della Regione Puglia, del Ministero della Giustizia Provveditorato di Puglia e Basilicata, della Casa Circondariale “Francesco Rucci”, del Comune di Bari, dell’Ufficio del Garante regionale dei diritti delle persone sottoposte a misure ristrettive delle libertà, della Fondazione Falcone, dell’Associazione Nazionale Magistrati, e delle associazioni Libera, Antigone e Gens Nova.

a cura dei sociologi Donata dei Nobili e Matteo Notarangelo

È stato pubblicato il libro di Pino Aprile “Tu non sai quanto è ingiusto questo Paese”. In copertina, il lettore troverà il sottotitolo "Perché l'Italia è la nazione più iniqua e feroce d'Europa". Il recente lavoro editoriale dell'Autore del bestseller "Terroni" è stato curato dalla libreria "pienogiorno". Il saggio oltrepassa l'informazione sull'eguaglianza e pone antichi e irrisolti interrogativi esistenziali al cittadino del Mondo. Il libro è un atto di accusa. "l'Italia è il paese più ingiusto d'Europa. Non è un'opinione, è un fatto. E la campanella dell'ultimo giro è stata suonata". L'opera è dedicata agli ultimi. Già dal primo capitolo, l'Autore cita Karl Popper, per precisare che "lo Stato di diritto consiste prima di tutto nell'eliminare la violenza". E la diseguaglianza, l'ingiustizia civile e sociale, quando crescono, sfociano in agiti violenti. In questa Italia diseguale, l'insicurezza sociale non garantisce né le libertà fondamentali di uno Stato di diritto né le protezioni sociali di un mondo civilizzato. Questo Paese, ormai, ha costruito due società una dell'insicurezza e l'altra della sicurezza, dove convivono, parafrasando George Orwell, uomini uguali, ma alcuni più uguali degli altri. Pino Aprile lo dice in modo chiaro che questa Italia, mai davvero unita e rancorosa, non è più soltanto in pericolo, ma è ormai un pericolo. Il modo disuguale in cui fu unificata l'Italia ha generato una grande questione geografica e sociale, fonte di diseguaglianza tra persone e territori, che sta disgregando lo Stato nazionale e creando le ragioni politiche per l'irrompere della classe "pericolosa". Il saggio è ricco di interessanti citazioni. Non passa inosservato il  racconto di Joseph E. Stiglitz dove, a una cena tra miliardari, i padroni della Terra si rammentavano i rischi delle  diseguaglianze con il ritornello "ricordati della ghigliottina". Quasi a voler esorcizzare il rischio della violenza. Con questo ammonimento, le ingiuste scelte, che hanno graffiato la vita di tante donne e tanti uomini,  diventano cause politiche dei prevedibili conflitti sociali. È un richiamo forte, è vero, ma necessario per segnalare i divari vertiginosi di reddito tra ricchi e poveri e le pratiche di governo di chi imbroglia nel fare parte eguali tra diseguali. Questa disparità trova origine nell'abuso strutturale della forza politica. "E se non bastasse, - scrive Pino Aprile - si è scoperto che lo Stato deruba i Comuni più poveri, sottraendo loro la spettante quota di "perequazione orizzontale" (soldi). Per compiere tale porcata, si è arrivati a falsificare i dati, nella Commissione parlamentare per il federalismo fiscale, al fine di favorire i Comuni più ricchi". Il presidente della Commissione era il leghista Giancarlo Giorgetti.

La diseguaglianza

Lo scrittore Pino Aprile descrive la diseguaglianza come un'onda. Un'onda che cresce, tumultuosa, paurosa che si alza su una comunità dove le diseguaglianze diventano sfacciate e si appresta la tempesta sociale. L'Italia, è risaputo, alimenta la diseguaglianza, favorisce politiche di esclusione dai diritti e impone una cultura dell'egoismo sociale del "prima il Nord". Questi imperativi sono divenuti  diritti costituzionali non scritti e hanno acuito il divario economico e infrastrutturale Nord - Sud. "... Dal 1861 non si riesce a far arrivare un treno a Matera e nel Sud la velocità ferroviaria media è più bassa oggi che agli inizi del Novecento". L'Italia è un Paese governato con ferocia. In quest'ultimi anni, due milioni di persone hanno lasciato il Sud. Di loro, un terzo erano giovani e 200 mila laureati. Nel j'accuse, Pino Aprile non ha remore, "le cause di questa taciuta apartheid è sotto gli occhi di tutti: lo Stato investe in opere pubbliche, infrastrutture, centri di ricerca solo al Nord". Il Paese è diviso e si impongono risposte politiche immediate all'antica, ma ancora attiva, politica coloniale del Nord verso il Sud. Da ora in poi, l'obbedienza non è più una virtù e ribellarsi è giusto.  Don Milani, Jean Paul Sarte e Frantz Fanon tornano a parlare ai dannati della terra. Certo - come scrive Thomas Piketty - la struttura delle diseguaglianza è radicalmente nuova, ma il mondo a cui si affaccia è sempre più ingiusto. In questa Italia, mai unita, troneggia la parte cattiva,  il "noi e loro", la falsa coscienza nazionale, che affonda le radici culturali nella recondita narrazione della conquista del Regno delle Due Sicilie. Se l'uomo è quello che dice, non è difficile capire Vittorio Emanuele II quando affermava che si "governa con la baionetta e la corruzione". E così è stato. "E quando si avverte il pericolo, - scrive il politico Aprile - ognuno usa la forza che ha a disposizione. I ricchi usano la forza, i potenti il potere, i poveri il numero".  Con la richiesta dell'autonomia delle regioni ricche, si manifesta l'uso della forza del Partito Unico del Nord (Lega, forza Italia, Fratelli d'Italia, Partito democratico, Liberi e uguali e movimento 5 Stelle), che ha svilito i livelli essenziali di prestazioni, uguali per tutti gli italiani.  Costoro hanno scelto: ridurre a colonia il Sud con politiche neocoloniali, ampliando il divario sociale, economico e territoriale e riducendo il popolo dei napoletani a meridionali. Di chi?

Aprile deiNobili NotarangeloPino Aprile, Donata dei Nobili e Matteo Notarangelo

Il furto

"La durata media della vita - scrive il sociologo L. Gallino - per chi è nato in un paese povero è la metà di quella di chi è nato in un paese ricco". Questo processo è l'effetto della "rendita di cittadinanza".  E il Regno delle Due Sicilie è stato reso povero dalla violenza dei partiti sabaudi, perpetuata per 161 anni di colonizzazione dei popoli duo siciliani. Il "razzismo" contro il Sud ha accelerato le disuguaglianze e il giornalista Pino Aprile accompagna il lettore nel percorso storico e economico del Bel Paese. "Dopo il furto al Sud dei fondi del Piano Marshall, la condizione delle regioni meridionali divenne cosi spaventosa che si intervenne con la Cassa del Mezzogiorno per costruire qualche strada, scuola, diga, fogna". Anche allora ci fu un trasferimento di ricchezza dal Sud al Nord. Le disparità territoriali tra le due Italie non si arrestarono. Ancora oggi, per i bambini in difficoltà in Calabria si spende undici volte meno che per quelli dell'Emilia-Romagna; mentre, per l'infanzia si va dagli scarsi 90 euro pro capite in Calabria ai 1550 nelle regioni del Nord. E ancora, 140 studenti meridionali vengono stipati in cinque classi; 140 studenti del Nord in sette. Poi, c'è la mobilità… "il Frecciarossa copre la distanza fra Milano e Roma in tre ore, e sono circa seicento chilometri". Da Reggio Calabria a Bari, invece, 440 chilometri, si arriva in circa dieci ore, mentre da Siracusa a Trapani di ore ce ne vogliono tredici. La logica coloniale imposta ai sudditi del Sud impone una domanda. Perché? Tredici ore è il tempo per andare dalla Sicilia alla Scandinavia, scrive Pino Aprile. E si ripropone la domanda: "... perché lo Stato ha deciso di non fare nel Mezzogiorno le strade e le linee ferroviarie, lasciando indietro il Sud?". Il paese è diviso. Lo si capisce da come è organizzata "la Via della Seta". "Per le rotte della seta sono stati indicati quali porti di arrivo Genova e Trieste, sputando in faccia a tutti quelli del Sud, davanti ai quali le navi cinesi dovranno passare". È evidente, il Nord continua a negare lo  sviluppo al Sud.  E l'alta velocità? Al Nord, la velocità dei treni arriva a 350 chilometri all'ora, al Sud a 160, quella che nel Centro-Nord si raggiungeva agli inizi del Novecento.  Oh, e non si fermano di rubare risorse economiche al Sud, la cresta la fanno anche sulla "spesa storica". Ma cosa è? Lo Stato con la "spesa storica" finanzia la diseguaglianza, il costo dei servizi per il cittadino come la sanità, l'istruzione, i trasporti, i servizi per l'infanzia, le mense scolastiche, i piani sociali di zona. Insomma sono i soldi che lo Stato corrisponde ai Comuni e alle Regioni per ogni abitante (livelli essenziali di prestazione). Lo squilibrio economico è diventato visibile quando si è scoperta la furbata per dare ai Comuni del Nord il triplo dei soldi. In questo modo, hanno dato più risorse ai Comuni del Nord che hanno più servizi e poco o niente ai Comuni del Sud, che hanno meno. Il "furto" l'hanno giustificato dicendo che i Comuni privi di servizi hanno mostrato di non averne bisogno. Azz! Di questo, Pino Aprile ne parla e descrive molti paradossi. Ma il peggio deve ancora accadere con i 209 miliardi del Recovery Fund. Il Movimento 24 agosto Equità Territoriale ha prodotto i suoi documenti e ha mostrato che 145 miliardi spettano al Mezzogiorno, ma il Partito Unico del Nord è già pronto per appropriarsene. E mentre il Nord si coalizza per derubare il Sud, tante città del Mezzogiorno, impoverite, si svuotano di giovani, che lasciano i paesi agli anziani.

L'eguaglianza

Il libro di Pino Aprile scava in tutti gli anfratti sociali e lì scopre un mondo ingiusto, feroce che incatena la donna al lavoro domestico e tanti disabili e anziani a una debole assistenza sanitaria, spesso fornita  da imprenditori privati del Nord. Ma l'eguaglianza è giustizia. Platone e Aristotele conoscono bene il potere dell'eguaglianza e sanno che una certa eguaglianza conserva la città. E se l'eguaglianza è giustizia, il lavoro editoriale del politico Pino Aprile  non trascura l'eguaglianza liberale di J. Locke  e a fine lettura del saggio al lettore lascia due  interrogativi. L'eguaglianza fra chi? L'eguaglianza in che cosa?  E se le diseguaglianze uccidono, "quante volte un uomo deve girare la testa dall'altra parte, fingendo di non vedere?".

È “Us” (Fandango) il secondo romanzo in concorso che verrà presentato online Giovedì 11 marzo, ore 18, lo scrittore incontra gli studenti in diretta Facebook.

“Chi si è ritirato, chi sta in disparte, chi si isola”. È la traduzione della parola Hikikomori: fenomeno sociale nato in Giappone che, negli ultimi tempi, è sempre più diffuso anche in Occidente. Giovani e giovanissimi che si isolano dal mondo fisico, decidendo di “vivere” solo online, spesso unicamente nel mondo dei videogame. È quanto accade al sedicenne Tommaso, il protagonista di Us (Fandango, 2020), secondo romanzo della cinquina di Leggo Quindi Sono-Le giovani parole 2021: giovedì 11 marzo, alle ore 18, l’autore Michele Cocchi incontra gli studenti delle scuole aderenti alla VI edizione del concorso-progetto. Anche questo secondo appuntamento, così come il primo andato in onda lo scorso 19 febbraio con l’autore e regista Roberto Andò, avrà luogo online sulla pagina Facebook della redazione de IlSottoSopra e, in contemporanea, sulle pagine Leggo Quindi Sono, Ubik Foggia, Biblioteca “La Magna Capitana” e Fondazione Monti Uniti, partner storici di LQS. A conversare con l’autore saranno gli studenti del B. Pascal di Foggia, del Notarangelo-Rosati di Foggia e del P. Giannone di San Marco in Lamis. La manifestazione è patrocinata dagli assessorati alla Cultura e alla Pubblica Istruzione del Comune di Foggia e dall’Ufficio Scolastico Provinciale.

Us (Fandango, 2020). Tommaso ha 16 anni e da 18 mesi non esce di casa, quasi non esce dalla sua stanza, è quello che gli psicologi chiamano hikikomori, letteralmente “chi si è ritirato, chi sta in disparte”. Da un giorno all’altro, ha abbandonato il basket, la scuola, le sue passioni e ormai passa il tempo a guardare video di vecchie partite NBA e a giocare ai videogame. C’è un gioco in particolare intorno a cui organizza le sue giornate, è il suo unico appuntamento fisso. Si chiama Us, noi in inglese: il gioco forma squadre da tre giocatori e le impegna in 100 campagne in un anno, una al giorno, vince la squadra che le completa per prima restando unita. L’avatar di Tommaso si chiama Logan e la sua testa è un teschio, insieme a lui giocano Rin che è una ragazza e assomiglia a un manga giapponese e Hud che sembra uscito da un videogame sparattutto. I tre non si conoscono, non possono parlare di sé, lo dicono le regole, ma diventano amici. Us ogni giorno propone loro una missione “storica”, ogni giorno li mette dalla parte delle vittime o dei carnefici, dalla parte delle Farc in Colombia, dei nazisti in Germania, di Mandela in Sudafrica, ogni giorno devono capire come arrivare alla fine avendo sotto gli occhi i massacri del ’900. Ogni giorno avranno qualcuno da salvare e qualcuno da eliminare. La Storia però può essere feroce e comportarsi da eroi non sempre è possibile, ammesso che eroe sia chi esegue gli ordini. Us di Michele Cocchi è un romanzo per lettori giovani e non solo, in cui la storia del ’900 diventa azione e ci costringe a schierarci, una sfida in cui la missione ultima è imparare come si diventa esseri umani.

Michele Cocchi. Pistoia, 1979. Lavora come psicoterapeuta dell’infanzia e dell’adolescenza. I suoi racconti sono apparsi su riviste e su antologie. Nel 2010 ha pubblicato la raccolta Tutto sarebbe tornato a posto (Elliot), finalista come libro dell’anno di Fahrenheit. Il suo primo romanzo è La cosa giusta (Effigi, 2016). Con La casa dei bambini (Fandango, 2017) ha vinto la XXXVII Edizione del Premio Comisso.

a cura del prof. Giuseppe Piemontese - Società di Storia Patria per la Puglia.

Da Editore ad Autore, Andrea Matteo Pacilli ha pubblicato la sua prima opera di grande pregio e spessore storico, intitolata: Le Pietre del Ritorno. Diomede, la Grecità adriatica, i percorsi della critica e una proposta di interpretazione,  Vol. 1, Andrea Pacilli Editore, Manfredonia 2020.

Un’opera che nasce attraverso una rielaborazione di appunti di vita vissuta, che si delineano e si approfondiscono attraverso la figura dell’archeologo Silvio Ferri, scopritore delle Stele Daunie nell’anno 1962, per poi esporle nel Castello di Manfredonia, diventato la sede naturale del Museo Nazionale Archeologico del Gargano. Un Museo nato dalle scoperte delle antiche Stele Daunie e, oggi, esposte al pubblico per comprendere le origini dei Dauni, ma soprattutto lo sviluppo della civiltà garganica, la sua etnia, attraverso una elaborazione sistematica di segni e significati riconducibili alla vita quotidiana dei Dauni, con i loro culti e le loro credenze dell’aldilà. Culti e miti di cui è ricca la Daunia, una terra che ha assimilato nel tempo diverse culture e civiltà, dalla protostoria fino all’età moderna, attraverso la presenza di vari popoli, fra cui, in età protoclassica, gli Elleni, da cui sono nati diversi miti, da quello di Dauno a quello di Diomede,  dal culto di Atena Iliaca ai culti di Calcante e Podalirio, dal mito tutto ciò attraverso la descrizione  e le opere degli autori greci e latini, fra cui Licofrone, Timeo, Lico di Reggio, Strabone, Plinio il Vecchio, Orazio, Virgilio, Ovidio, Silio Italico. Per poi esaminare le opere degli autori moderni, da Silvio Ferri a Lorenzo Braccesi, da Jean Bérard a Carlo Ginsburg, da Albert  Brelichi a Giovanni Pugliese Carattelli, da Mario Luni ad Alessandra Coppola.  Ciò che emerge da questi autori, classici e moderni, è che la Daunia, di cui fa parte integrante e sostanziale il Gargano, già dall’antichità è stata una terra di grande transito e ricettacolo di civiltà greca ed ellenistica, tanto da caratterizzare la stessa cultura indigena e contribuire a formare l’ethnos italica, attraverso gli scambi commerciali e la presenza di numerose  testimonianze archeologiche e artistiche, tanto da creare le basi per la civiltà mediterranea e quindi italica.

Il mare Adriatico è stato il trade union fra l’Oriente e l’Occidente, fra le sponde greche e le sponde dell’Italia Meridionale, di cui il Gargano era l’elemento di unione e di rielaborazione dell’epos greco-ellenistico. Andrea Pacelli nel suo libro sottolinea tale unione e ne fa un elemento centrale e fondamentale attraverso lo studio e l’analisi del mito diomedeo, portato avanti anche attraverso gli studi e le ricerche soprattutto di Lorenzo Braccesi, in riferimento al suo libro  Grecità adriatica, un capitolo della colonizzazione greca in Occidente (Patron Editore, Bologna 1971). Andrea Pacilli parte proprio da questo studio per riaffermare “le vicende dei Pelasgi e delle popolazioni che sarebbero giunte in Italia dalla regione traco-illirica o comunque dalla regione achea in occasione della diaspora micenea (se non prima)” (Pacilli, 2020, p.26), ma soprattutto per riaffermare che la civiltà greca ebbe come humus la storia del Mare Adriatico e quindi l’incontro delle culture dei popoli che risiedevano sulle sponde dell’Adriatico in età protostorica e poi storica, quando i Greci incominciarono ad arrivare nella Daunia per fondare colonie e portare la loro civiltà, fra cui l’uso delle stele daunie. In altre parole, con la Daunia e le sue stele, databili presumibilmente fra l’VIII e il VI secolo a. C., ci troviamo in un nuovo capitolo dell’antica navigazione adriatica di età tardo micenea di Uria al mito di Cristalda e Pizzomunno, fino al mito di Archita, di Ercole e infine di Gargano.

Andrea Pacilli nel suo libro  Le Pietre del Ritorno si sofferma soprattutto sulle stele daunie e sul mito di Diomede, che troviamo, in maniera simbiotica e irrepetibile, in diverse parti del Promontorio del Gargano, dalla città di Siponto a Salapia, dal Lago di Varano a Carpino, da Vieste a Rodi Garganico, fino alle Isole Tremiti, dove Diomede ebbe degna sepoltura, con i suoi compagni di ventura trasformati in uccelli. Una narrazione alle origini del mito e dei culti del Gargano, di cui è emblematico il mito delle Pietre del Ritorno,  legato al racconto di Licofrone, il quale nella sua opera  Alessandra, chiamata anche Cassandra, figlia del re Priamo, narra della distruzione di Troia e delle avventure dei  nostoi,  fra cui Diomede, il quale, tradito e scacciato di casa dalla moglie, approda sulle spiagge della Daunia e qui fonda Argirippa e poco dopo viene tradito da Aleno e costretto a fuggire di nuovo sulle Isole Tremiti, dove venne seppellito.  In questo racconto vi è la leggenda delle stele daunie, che, in quanto segni tangibili delle sepolture dei Dauni, una volta asportati dalle proprie sedi, esse prenderanno immediatamente la via del ritorno per riportarsi presso la sede originaria.

Per questo il libro di Andrea Pacilli si chiama  Le Pietre del Ritorno. L’Autore descrive, attraverso la simbologia delle stele daunie, per primo studiate da Silvio Ferri, negli anni Sessanta, le origini della civiltà greca, che si diffuse sul mare Adriatico, per poi approdare, con la sua cultura, sul Gargano. E tutto ciò attraverso la descrizione  e le opere degli autori greci e latini, fra cui Licofrone, Timeo, Lico di Reggio, Strabone, Plinio il Vecchio, Orazio, Virgilio, Ovidio, Silio Italico. Per poi esaminare le opere degli autori moderni, da Silvio Ferri a Lorenzo Braccesi, da Jean Bérard a Carlo Ginsburg, da Albert  Brelichi a Giovanni Pugliese Carattelli, da Mario Luni ad Alessandra Coppola.  Ciò che emerge da questi autori, classici e moderni, è che la Daunia, di cui fa parte integrante e sostanziale il Gargano, già dall’antichità è stata una terra di grande transito e ricettacolo di civiltà greca ed ellenistica, tanto da caratterizzare la stessa cultura indigena e contribuire a formare l’ethnos italica, attraverso gli scambi commerciali e la presenza di numerose  testimonianze archeologiche e artistiche, tanto da creare le basi per la civiltà mediterranea e quindi italica. Il mare Adriatico è stato il trade union fra l’Oriente e l’Occidente, fra le sponde greche e le sponde dell’Italia Meridionale, di cui il Gargano era l’elemento di unione e di rielaborazione dell’epos greco-ellenistico. Andrea Pacelli nel suo libro sottolinea tale unione e ne fa un elemento centrale e fondamentale attraverso lo studio e l’analisi del mito diomedeo, portato avanti anche attraverso gli studi e le ricerche soprattutto di Lorenzo Braccesi, in riferimento al suo libro  Grecità adriatica, un capitolo della colonizzazione greca in Occidente (Patron Editore, Bologna 1971).

Andrea Pacilli parte proprio da questo studio per riaffermare “le vicende dei Pelasgi e delle popolazioni che sarebbero giunte in Italia dalla regione traco-illirica o comunque dalla regione achea in occasione della diaspora micenea (se non prima)” (Pacilli, 2020, p.26), ma soprattutto per riaffermare che la civiltà greca ebbe come humus la storia del Mare Adriatico e quindi l’incontro delle culture dei popoli che risiedevano sulle sponde dell’Adriatico in età protostorica e poi storica, quando i Greci incominciarono ad arrivare nella Daunia per fondare colonie e portare la loro civiltà, fra cui l’uso delle stele daunie. In altre parole, con la Daunia e le sue stele, databili presumibilmente fra l’VIII e il VI secolo a. C., ci troviamo in un nuovo capitolo dell’antica navigazione adriatica di età tardo micenea.

Andrea Pacilli continua, poi, analizzando il significato di mito e quindi mette in luce le componenti indigene dei popoli delle città magno-greche, riferendosi agli studi di Anna Maria Biraschi, fra cui L’orizzonte precoloniale tra mito e storia (Napoli 1998),  per poi parlarci dei  nostoi  o dei ritorni dei re achei da Troia verso le loro patrie lontane o in nuove sedi da trasmigrare, così come è avvenuto con il mito di Diomede, su cui si sofferma maggiormente Andrea Pacilli. Ma su tutto prevale la rotta comune fra le opposte sponde dell’Adriatico, con il  commercio

dell’ambra, che si svolge prevalentemente attraverso le cosiddette “vie carovaniere”;  così come il commercio della ceramica micenea fra la Grecia e l’Italia, tanto da caratterizzare la produzione della ceramica daunia fra l’VIII e il VI secolo a. C. Per non parlare, poi, delle origini dei Palasgi, un popolo protogreco e protoetrusco che ritroviamo in Puglia. Una koiné fluttuante e liquida, che rendeva la Puglia una vera cerniera fra l’Oriente e l’Occidente, fra l’Asia e l’Europa, mentre l’Adriatico veniva a costituire un’area di frontiera, ama anche un’area periferica fra le due opposte sponde. Mare Adriatico, nome che un tempo si riferiva alla parte settentrionale della Laguna di Venezia, mentre in basso vi era lo Ionios,  oggi Mare Jonio. Ma con il tempo la denominazione di  Adrìas divenne più estesa, raggiungendo le sponde dell’Apulia e quindi del Salento. Su questo mare vi navigavano gli Eubei, di origine greca, presenti già nell’VIII secolo a. C., mentre nella parte bassa vi erano gli Ioni, di origine ateniese. Gli Eubei li troviamo nell’Odissea, e precisamente quando Ulisse, di ritorno da Troia, raggiunge l’Isola di Eubea, una delle pochissime isole dell’Egeo. E poi abbiamo i Rodi, i Coi, gli Etoli, i Corinzi, i Focei, tutti popoli provenienti dall’Illyria e giunti sulle sponde della Puglia, tanto da dare origine alla colonizzazione greca in terra daunia. Popoli che avevano specifiche rotte adriatiche, di cui ci parla in maniera approfondita nel suo libro Andrea Pacilli.

Poi si prosegue, leggendo il libro, attraverso l’analisi approfondita della figura di Diomede, la diffusione della sua leggenda nell’Adriatico, la stratificazione del mito, nonchè la genealogia, i caratteri, la venerazione del mito sia nella sua terra di origine, la Grecia, e precisamente in Etolia e nella Tracia, e poi in terra daunia. Non solo,  ma anche in Lucania e nel Bruzio. Tutto questo visto attraverso la critica storica, fra cui Maurizio Giangiulio, Ornella Terrosi Zanco, Ettore Lepore, Domenico Musti, i quali hanno evidenziato i diversi elementi stratigrafici del mito di Diomede, da quello etnico delle origini, a quello di esportazione in terre lontane, come la Daunia e le regioni centro-meridionali dell’Italia, fino al Diomede di Frontiera di Domenico Musti. E, poi, in età romana, dove il mito di Diomede si fonda con le città romane di fondazione, come Sipontum, Salapia, Arpi, Herdonia, Uria, dove è ancora presente il mito di Diomede. Tutto questo nell’ambito di una evidente centralità del Gargano, terra di miti e culti pagani, ma anche terra di leggende ed eroi mitici, fra cui  Garganus,  signore del luogo ed eponimo del monte, da cui scaturirono i “dies festis” dell’Arcangelo Michele sul Monte Gargano (8 maggio e 29 Settembre). Due rimandi  Orion/monte Gargano  pieni “di tradizione euboica con il suo  portato mitico e funzionale, riverberante nell’equivalenza iconografica fra la figura di  Garganus  del  Liber de apparitione e la costellazione di Orione, e la connessione fra il ciclo di questa costellazione e i  dies festi  sacri a San Michele Arcangelo, ribadiscono ed evidenziano la forma di una cultualità legata ai cicli della terra e del cielo e delle acque e quindi della navigazione che rimane imperante sul promontorio” (Pacilli, 2020, p. 293). Quindi, “una centralità tutta da approfondire, afferma Pacilli, ma che denuncia la centralità del Gargano nel sistema cultuale e nautico adriatico e che può ben chiarire  il legame forte tra il mito diomedeo e la cultualità di promontorio con i tratti di  Gargano/Orione” (Pacilli, 2020, p. 293).  A tutto ciò si lega, poi, la leggenda delle Pietre del Ritorno, che anche se lontane dalla Daunia e quindi dal Gargano, segnano le rotte marine e fanno ritorno là dove esse sono state divelte. Quindi, ancora il Gargano, “una montagna che diventa essa stessa mito, un mito che è un “dio gigante”, che si erge ad essere punto di riferimento per chi arriva da lontano; sì irrequieto, tempestoso, una divinità delle tempeste e dei temporali, che scandisce le stagioni, sia quelle in terra legate ai tempi dell’agricoltura che quelle in mare legate ai tempi della navigazione, ma per questo salvifico, che “conduce in porto” (Pacilli, 2020, p, 298). Diomede, quindi, Dio del Mare, la cui morte viene ancora riecheggiata nelle Isole di Tremiti, attraverso il pianto dei suoi compagni trasformati in uccelli, i quali piangono il proprio signore, allontanando dalla sua tomba e dall’Isola gli stranieri, quasi a rendere immortale la sua immagine e il suo culto. Compagni trasformati in uccelli, chiamati appunto Diomedee. Così l’Isola diventa eterna, in quanto sede di una divinità e non più di un eroe.

A conclusione di tutto ciò, afferma Andrea Pacilli, “in Daunia l’elemento primigenio che ispira il mito di Diomede greco vi si ritrovi in forma originaria, depositatosi nei secoli attraverso l’irradiarsi delle migrazioni e dei trasferimenti che interessano l’intera area e che vede nell’Adriatico una epocale cerniera fra est e ovest e che, in quanto cerniera, unisce le due are da sempre” (Pacilli, 2020, p. 379). Una narrazione, quindi, quella di Andrea Pacilli, di grande spessore storico-etnografico, di cui solo chi ha vissuto dall’interno l’ethnos della sua terra d’origine, poteva esprimere e interpretare il vero significato del mito di Diomede, cogliendo in maniera assoluta “l’anima dei luoghi”, che solo un grande storico, come Andrea Pacilli, poteva saper cogliere e far proprio.

Venerdì 5 marzo ore 19 in diretta sulla pagina Facebook dell’Associazione Pugliese Editori.

Nel nuovo aperitivo letterario di “Libri di Puglia live streaming” – iniziativa promossa dall’Associazione Pugliese Editori e dalla Biblioteca del Consiglio regionale pugliese “Teca del Mediterraneo” per incentivare la lettura e diffondere la cultura del libro, si parlerà di classici con Stefano Cristante, professore di Sociologia della comunicazione presso l’Università del Salento. Nel suo libro L’intervista è impossibile. Dialoghi immaginari con i classici, pubblicato da Musicaos Editore, Cristante incontra personaggi letterari (come Don Chisciotte, Emma Bovary, Amleto, Lemuel Gulliver, Holden Caulfield, per citarne solo qualcuno) e leggende viventi come John Lennon, Zygmunt Bauman, Emily Dickinson, Michel Foucault, Carmelo Bene. A condurre questo appuntamento ricco di personalità interessanti sarà come di consueto il giornalista Dino Cassone in diretta streaming sulla pagina Facebook dell'AssociazionePugliese Editori.

Il libro: L’intervista è impossibile. Dialoghi immaginari con i classici di Stefano Cristante (Musicaos Editore)

Personaggi nati dalla fantasia di scrittori, vite scaturite da fervide immaginazioni che diventano tangibili, come persone realmente vissute. Persone reali che sono stati capaci di entrare nel mito, al punto da trasfigurarsi oltre la propria esistenza, divenendo leggendari, quasi come personaggi usciti dalla penna di uno scrittore.

Stefano Cristante, ne L’intervista è impossibile, incontra Don Chisciotte, Emma Bovary, Amleto, Lemuel Gulliver, Holden Caulfield, Mattia Pascal, Alice (Pleasance Liddell), Il Piccolo Principe, Zeno Cosini, La Monaca di Monza. E dialoga con John Lennon, Zygmunt Bauman, Emily Dickinson, John Reed, Joseph Conrad, Rina Durante, Robert Stevenson, Michel Foucault, Carmelo Bene, Ludwig Van Beethoven, Vittorio Bodini, Don Tonino Bello.

Si tratta di vere e proprie interviste con i personaggi nati sulle pagine di un libro, nelle storie, nei ricordi dei lettori, così vividi da divenire reali, e insieme a esse di dialoghi con chi ha oltrepassato la soglia del reale per divenire leggenda vivente, nel campo dell’arte, del pensiero, della musica, della scrittura, della religione. La letteratura universale incontra la musica, il pensiero si confronta con la poesia, i viaggi inventati e quelli reali si intrecciano in un percorso che dal Regno di Danimarca ci conduce fino al Sud del Sud dei Santi, passando dalle atmosfere fumose della Londra proto-industriale a quelle della solitudine inquieta in una casa di Amherst, da New York alla Normandia, dalla Mancia ad Alessano, da Parigi a Vienna.

L’autore: Stefano Cristante

Insegna Sociologia della comunicazione presso l’Università del Salento. Si occupa di sociologia dell’opinione pubblica e di produzione e consumo culturale, in particolare giovanile. È direttore della rivista internazionale «H-ermes, Journal of Communication». Tra le sue pubblicazioni più recenti: Storia sociale della comunicazione. Dai primordi alle rivoluzioni della modernità (Egea, 2020), L’icona che delira (Mimesis, 2019), L’onda anonima (Meltemi 2018), Società low cost. 2011-2017: gli anni del grande scombussolamento (Mimesis, 2018), Andrea Pazienza e l’arte del fuggiasco. La sovversione della letteratura grafica di un genio del Novecento (Mimesis, 2017).

Libri di Puglia è un progetto di promozione della lettura frutto della collaborazione fra la Biblioteca del Consiglio regionale pugliese “Teca del Mediterraneo” e Associazione Pugliese Editori e dalla Biblioteca del Consiglio regionale pugliese.

Dopo la prima edizione, che nel 2019 ha portato in caffè, ristoranti, pub i libri e gli autori per raggiungere un pubblico più ampio, incentivando la lettura e contribuendo alla diffusione del ricco e variegato panorama letterario della regione e alla crescita dell’imprenditoria pugliese nel segmento editoriale, nel 2021 Libri di Puglia si trasforma in un aperitivo letterario da fruire e condividere sui social, nell’attesa di poter tornare a essere un appuntamento itinerante con incontri dal vivo.

Il nuovo ciclo ha debuttato lo scorso 22 gennaio e proseguirà fino al 30 aprile, sempre di venerdì alle ore 19: nello spazio virtuale della pagina Facebook dell’Associazione Pugliese Editori, scrittori, editori e ospiti converseranno con il giornalista Dino Cassone di libri, editoria, attualità attraverso interviste, presentazioni di libri e match letterari e risponderanno alle domande del pubblico che seguirà la diretta.

Il prossimo appuntamento di Libri di Puglia live streaming venerdì 12 marzo ore 19 con un match letterario con i romanzi Amori in quarantena di Alice Avila e Anime su carta di Marco Saponaro (Schena Editore) in diretta sulla pagina facebook dell’Associazione Pugliese Editori - www.facebook.com/associazionepuglieseeditori

A cura dei sociologi Donata dei Nobili e Matteo Notarangelo.

È stato pubblicato il libro di Liliana Isabella Surabhi Stea, “Perdonate, Signore, questa è la mia Patria!”, una recente pubblicazione, che pone un'intrigante riflessione. L'Autrice scrive: "Perché siamo come siamo". L'ammonimento", come quello del tempio di Apollo a  Delfi, è un'esortazione a "conoscere se stesso" , nulla di eccessivo. Con la lettura delle prime pagine, sembra che il Lettore stia per oltrepassare la soglia del tempo vissuto. Il libro è una guida, un saggio storico con una forte impronta pedagogica e psicoanalitica, che ben descrive la storia sociale delle genti delle Due Sicilie e del Regno di Sardegna. Il lavoro è stato pubblicato dalla Magenes. Un testo pregiato, arricchito dalla prefazione del giornalista, scrittore Pino Aprile. L'Autore di "Terroni", nella sua prefazione, svela, subito, la novità della pubblicazione del medico e psicoanalista pugliese e scrive: "Stea fa una psicoanalisi dell'Unità d'Italia, con visioni, strumenti mai adoperati". E racconta la storia dei Napolitani per narrare la storia dell'uomo. Una storia taciuta, negata, pregna di violenza, che ben descrive le spinte inconsce dei saccheggiatori piemontesi. Gli avvenimenti narrati sono gli atti violenti appresi dagli agiti di un popolo,  teorizzati della Pedagogia Nera di Katharina Rutschky. Questi uomini, educati all'obbedienza, alla sottomissione e alla violenza, si resero corresponsabili di massacri inenarrabili. I Piemontesi, ma anche i Toscoemiliani, schiacciati dalla miseria e dalla pellagra, saccheggiarono e distrussero il Regno delle Due Sicilie, riducendolo a un generico Sud. La Scrittrice è chiara e scrive che nel suo lavoro ha deciso di occuparsi del Sud, del suo popolo gioviale, costretto a scegliere tra ribellione e sottomissione. Quel popolo pacifico, cattolico e industrioso è stato derubato, oltraggiato, deriso, offeso e umiliato per 161 anni. Ancora tutt'oggi, i governi unitari continuano a negargli l'equità territoriale e restano indifferenti agli abusi, continui, delle sue classi dirigenti. Perché?

L'altra storia

 "Un attimo signora, si fermi. Il nostro Regno era come una bellissima donna, invidiata e desiderata che è stata stuprata, derubata, insultata e sfruttata, buttata sul marciapiede per mantenere il suo stupratore". È questa la risposta dell'Autrice a una signora che incontrò alla presentazione del libro "L'altra storia". È con questa metafora che il medico Liliana  continua a spiegare l'idea di tanti meridionali vittime "del meccanismo psicologico di identificazione con l'aggressore", che induce a disprezzare la vittima e a identificarsi con il carnefice. Da questi risvolti patologici, inizia l'analisi psicologica della Storia di un popolo di patrioti, chiamati briganti, che per dieci anni difesero la loro Patria. L'Autrice, come Dante fa con Virgilio, si lascia guidare da Pino Aprile e legge, diverse volte, un suo libro: Terroni. Questo libro mostra due aspetti storici e psicologici: l'ignoranza e la certezza. L'ignoranza degli avvenimenti storici perpetuati dalla scuola statale e la certezza di un popolo di aver subito, senza alcuna ragione, una guerra, mai dichiarata, di colonizzazione materiale e mentale con eccidi, fucilazioni e stupri. Liliana Stea nel suo libro lo scrive, e lo ripete, "me lo devono ancora insegnare cosa hanno fatto a noi, meridionali, gli Austriaci per dovercene, anche noi, liberare". E ancora, si domanda, "da chi ci avevano liberato? Se non erano gli Austriaci i nemici dei miei antenati, chi erano? Non me l'hanno mai detto, finché non ho letto Terroni". Poi, hanno fatto circolare la narrazione del Sud povero e ignorante. Da qui, la necessità di leggere i singoli capitoli del libro della psicoanalista, per scoprire che  il popolo del Regno delle Due Sicilie non aveva motivo per sentirsi inferiore, povero, dal momento che "erano produttori e non consumatori." Liliana Stea lascia parlare alcuni viaggiatori e studiosi. Goethe scrive a suo padre che l'essere stato a Napoli per un mese gli renderà lieto l'animo per tutto l'anno". Nel "Viaggio in Italia" riporta che a Napoli ha visto un solo accattone, cosa invece abituale a Londra dove per le strade era tutto un brulicare di mendicanti. "Un uomo povero, - riferisce - che a noi sembra miserabile, può in questi paesi (meridionali) non solo soddisfare i suoi bisogni più urgenti, ma anche godersi beatamente la vita [...]. E, poi, Giacinto de' Sivo, chiarisce la condizione di vita dei Duosiciliani: "Bella somma delle cose il reame era il meglio felice del mondo". Allora, non eravamo miserabili come continuano a raccontare? Si, ma il popolo Duosiciliano era oppresso dal re Borbone, direbbe il detrattore savoiardo.

Gli eccidi taciuti

E vennero a liberare chi non ha mai chiesto di essere liberato. Nel libro, le ragioni dell'invasione sabauda sono descritte considerando il movente psicologico, spiegato dalla Pedagogia Nera. L'invidia per la magnificenza della terra meridionale e l'educazione autoritaria sabauda sono le due caratteristiche psicologiche che spiegano i tanti  eccidi, tra cui quelli di Casalduni e Pontelandolfo, commessi dai "fratelli" piemontesi, che vennero a liberarci (sic!) . Per far vivere l'emozione del Lettore, l'Autrice sceglie di far parlare il diario del bersagliere, soldato semplice, Margolfo, che scrive: "Entrammo nel paese: subito abbiamo cominciato a fucilare i preti e uomini, quanti capitava, indi il soldato saccheggiava, ed infine abbiamo dato l'incendio al paese, abitato da circa 4.500 abitanti". La scrittrice coglie il momento per ricordare che la storiografia ufficiale tace e non racconta che il generale Enrico Cialdini dava ordini ai suoi soldati di massacrare popolazioni inermi e non tralascia, inoltre, che il garibaldino Nino Bixio invitava i "liberatori in camicia rossa" a straziare le popolazioni e bruciare gli abitanti del Sud a fuoco lento. La psicoanalista Stea non esita a dirlo: "Il soldato piemontese che assaliva un paese per " iscacciare i barbari", lo faceva al grido di piastre piastre, per farsi consegnare le monete d'argento prima del massacro". Altro che fratelli liberatori.

La narrazione storica dalla scrittrice si avvale dei documenti d'archivio per mostrare che in quarant'anni le popolazioni Duosiciliane crebbero di un quarto, mentre raro era l'omicidio, pochi i poveri, la fame quasi ignota,  poche le tasse, molte feste popolari e circolava la moneta in oro e argento. L'Autrice va oltre e cita il professore Ubaldo Sterlicchio, che scrive: "In vent'anni, le finanze dello Stato borbonico conseguirono una solidità tale che i titoli del debito pubblico, alla Borsa di Parigi oscillavano tra i 115% e i 120% rispetto ai valori facciale di 100".  Francesco Saverio Nitti, invece, - ricorda  Liliana Stea- descrive la situazione finanziaria delle Due Sicilie nel 1860, in cui le imposte erano inferiori a gli altri stati; i beni demaniali ed i beni ecclesiastici rappresentavano una ricchezza enorme; il debito pubblico era quattro volte inferiore a quello del Piemonte; la quantità di moneta metallica circolante due volte superiore a quella di tutti gli altri Stati della penisola messi insieme. "Nella somma delle cose - ripete la scrittrice Stea - il reame era il meglio felice del mondo" e tanto bastava a spiegare la spinta psicologica dei razziatori sabaudi, dominati da un re indebitato.

Erano briganti

No, patrioti. Il brigantaggio è stata resistenza, insorgenza di contadini e pastori contro gli invasori. "I briganti furono partigiani che difendevano la loro patria, la loro terra, il loro re Borbone e la Chiesa cattolica". I capi briganti Crocco, Romano, Chirichigno e "Il principe dei briganti" Luigi Palumbo di Monte Sant'Angelo erano soldati del disciolto esercito borbonico e non comuni delinquenti.  Quello che accadde tra il 1860 e il 1861 - scrive Alessandro Romano e riporta Liliana Stea-  non fu una semplice guerra tra due eserciti, ma uno scontro tra due civiltà: quella venuta dal Nord, preda della nascente massoneria liberal borghese inglese e quella del Sud cattolica tradizionalista. Uno scontro tra due soldati, analfabeta quello del Nord e alfabeta quello del Sud. Due tipi di soldati che ammazzavano per motivi diversi. Il brigante per difendere la sua terra e il suo benessere e il bersagliere per obbedire a ordini di conquista e di saccheggio. E allora, perché raccontano un'altra storia? Per Liliana Stea, non ci sono infingimenti e scrive: "La Pedagogia Nera che si è infiltrata nei nostri cuori e nelle nostre menti dopo l'unità ci fa sentire sempre 'piccoli' e inadeguati…". Su questo particolare, il Lettore potrà apprezzare un documento di Valentina D'Amato, rinvenuto presso l'Archivio di Stato di Taranto." La Magistratura locale ne è consapevole e lo sancisce nel campo di imputazione stesso, con quel  "cangiare e distruggere la forma del governo". Questo aspetto è stato poi specificato da Giuseppe Ferrari, il quale riconosce che i briganti non erano malfattori, bensì oppositori politici: "Sono briganti - scriveva - ma ad ogni rivoluzione di Napoli essi contano come una forza politica. [...] E tanto nel 1799, quanto nel 1818, i padri degli attuali combattenti riconducevano i Borboni sul trono di Napoli. [...] Sono briganti, ma hanno una bandiera". Nel libro di Liliana  Stea c'è dell'altro: è una miniera di conoscenza, che nasconde tante verità.

Il Lettore le potrà apprezzare, leggendo i tanti affascinanti capitoli e una ricca e documentata appendice, aggiunta alla fine del testo.

Venerdì 26 febbraio ore 19 in diretta sulla pagina Facebook dell’Associazione Pugliese Editori.

Dopo la narrativa, l’arte, i libri illustrati per l’infanzia, il quinto aperitivo letterario del ciclo “Libri di Puglia live streaming” – iniziativa promossa dall’Associazione Pugliese Editori e dalla Biblioteca del Consiglio regionale pugliese “Teca del Mediterraneo” per incentivare la lettura e diffondere la cultura del libro – si occupa di attualità con l’ultimo saggio del prof. Antonello Bellomo: Il virus nella mente, recentemente pubblicato da WIP Edizioni. Dalla peste alla pandemia di COVID, nel saggio Bellomo analizza la reiterazione dei comportamenti umani nel corso delle grandi epidemie e la ciclicità dei fenomeni, dimostrando come la Storia possa insegnarci ad affrontare i virus. Bellomo converserà con il giornalista Dino Cassone in diretta streaming sulla pagina Facebook dell'Associazione Pugliese Editori.

Il libro: IL VIRUS NELLA MENTE. Un’analisi dei comportamenti reiterati dalle popolazioni nelle grandi epidemie della storia (WIP Edizioni)L’autore ha effettuato un percorso storico-narrativo delle principali epidemie della storia dell’uomo, soffermandosi su quelle di cui esiste maggiore documentazione (Peste Nera, Febbre Spagnola, Tubercolosi, AIDS, Pandemie influenzali del XX secolo), al fine di valutarne i principali effetti psico-sociali; ha voluto cioè evidenziare quali credenze, comportamenti e reazioni psico-logiche sono state messe in atto dalla popolazione nelle condizioni prodotte da queste calamità naturali, al fine di evidenziare quelle che si ripetevano più frequentemente. L’analisi condotta ha evidenziato che spesso ripetiamo sempre gli stessi pensieri o comportamenti (ancorché con modalità culturali diverse), se esposti alla stessa tipologia di minaccia, anche a distanza di alcuni secoli, in una sorta di “coazione a ripetere” collettiva; un obiettivo intelligente potrebbe essere quello di apprendere dal passa-to per controllare meglio il futuro, ma anche quello di poter intervenire, laddove possibile, al fine di evitare nuovi episodi di pregiudizio, discriminazione, segregazione che in passato si sono rivelati francamente inutili, se non dannosi.

L’autore: Antonello Bellomo
È Professore Ordinario di Psichiatria presso l’Università degli Studi di Foggia e Direttore del Servi-zio Psichiatrico di Diagnosi e Cura del Policlinico di Foggia; docente di Psichiatria, Psicologia Clinica e Storia della Medicina in vari corsi di laurea e di specializzazione. Autore di circa 250 articoli su riviste nazionali, internazionali, testi e atti di congressi e di 5 monografie come autore principale. È stato per due volte Presidente della Società Italiana di Psichiatria Sociale. Attualmente è consigliere della Società Italiana di Psichiatria e Presidente della Società Italiana di Riabilitazione Psico-sociale. Libri di Puglia è un progetto di promozione della lettura frutto della collaborazione fra la Biblioteca del Consiglio regionale pugliese “Teca del Mediterraneo” e Associazione Pugliese Editori e dal-la Biblioteca del Consiglio regionale pugliese. Dopo la prima edizione, che nel 2019 ha portato in caffè, ristoranti, pub i libri e gli autori per raggiungere un pubblico più ampio, incentivando la lettura e contribuendo alla diffusione del ricco e variegato panorama letterario della regione e alla crescita dell’imprenditoria pugliese nel segmento editoriale, nel 2021 Libri di Puglia si trasforma in un aperitivo letterario da fruire e condivide-re sui social, nell’attesa di poter tornare a essere un appuntamento itinerante con incontri dal vivo. Il nuovo ciclo ha debuttato lo scorso 22 gennaio e proseguirà fino al 30 aprile, sempre di venerdì alle ore 19: nello spazio virtuale della pagina Facebook dell’Associazione Pugliese Editori, scritto-ri, editori e ospiti converseranno con il giornalista Dino Cassone di libri, editoria, attualità attraverso interviste, presentazioni di libri e match letterari e risponderanno alle domande del pubblico che seguirà la diretta.

Il prossimo appuntamento di Libri di Puglia live streaming venerdì 5 marzo ore 19 Conversazione con Stefano Cristante, autore del libro L’intervista è impossibile. Dialoghi immaginari con i classici (Musicaos Editore) in diretta sulla pagina facebook dell’Associazione Pugliese Editori www.facebook.com/associazione pugliese editori.

 

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