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Un tassello importante è stato aggiunto oggi, mercoledì 6 settembre, al progetto “Lucera 2026” per la candidatura a Capitale italiana della Cultura.

Nel suggestivo scenario del Teatro Garibaldi è stato presentato il manifesto dei borghi per la cultura. A sottoscrivere il documento sono stati chiamati tutti i sindaci dei Monti Dauni, tutti i già sindaci di Lucera - Domenico Albano, Domenico Bonghi, Antonio di Matto, Vincenzo di Siena, Pasquale Dotoli, Giuseppe Labbate, Giuseppe Melillo, Vincenzo Morlacco e Antonio Tutolo - ed i sindaci delle città pugliesi candidate a Capitale italiana della cultura Bari, Taranto, Bitonto, Mesagne (capitale cultura Puglia 2023) e Monte Sant’Angelo (capitale cultura Puglia 2024).

L’incontro ha visto anche la presenza di Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e Raffaele Piemontese, vicepresidente della Regione Puglia e assessore al Bilancio, Programmazione unitaria e Infrastrutture.
«Siamo convinti che attraverso la valorizzazione e la promozione del territorio di Lucera e dei Monti Dauni si possa ripartire per un rilancio culturale, turistico ed economico del territorio. Oggi siamo felicissimi di vivere insieme questo momento così importante e di lanciare da qui una proposta ai borghi d’Italia», ha dichiarato il Sindaco di Lucera Giuseppe Pitta.

A credere nella valorizzazione dei borghi anche Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente ANCI, che ha affermato: «Ci stiamo impegnando a valorizzare le aree interne, contrastando lo spopolamento con l’agenda del controesodo. L’auspicio è di avere, finalmente, una città pugliese che possa raggiungere questo ambito traguardo. Sono qui, oggi, insieme ai sindaci delle città pugliesi che hanno provato ad essere Capitali italiane della Cultura, per sostenere e amplificare la voce di Lucera e dei Monti Dauni».

“Lucera 2026” è un progetto che vede l’intera comunità mettersi in gioco per programmare un futuro basato sulla cultura. Un progetto sostenuto anche dalla Regione Puglia, l’unica in Italia ad aver istituito il titolo di Capitale cultura di Puglia, che viene conferito alla città pugliese che riesce ad arrivare nella short list delle 10 finaliste a Capitale italiana della Cultura.

«Se Lucera arriverà tra le 10 finaliste avrà la certezza di essere Capitale della cultura di Puglia 2025 e avrà il sostegno della Regione, con un importo di 300 mila euro che servirà ad attuare i migliori progetti presentati nel dossier candidato al Ministero della Cultura», ha ribadito Raffaele Piemontese, vicepresidente della Regione Puglia e assessore al Bilancio, Programmazione unitaria e Infrastrutture, che ha aggiunto: «La candidatura di Lucera e dei Monti Dauni è una candidatura di gruppo che nasce dal lavoro messo in campo negli ultimi 10 anni. Questa parte di territorio della Capitanata ha compreso che fare sistema è uno degli aspetti più importanti per il cambiamento reale».
 
IL MANIFESTO DEI BORGHI PER LA CULTURA – sottoscritto dai sindaci dei 29 comuni dei Monti Dauni.
Quando parliamo di Monti Dauni parliamo di 2350 chilometri quadrati di patrimonio naturalistico e borghi medievali, aree archeologiche, oltre 500 chiese e castelli, 7 bandiere arancioni, 4 tra i borghi più belli d’Italia, 2 minoranze linguistiche; parliamo di un’area attraversata dall’antica via consolare che dall’Impero romano portava all’Oriente e che oggi fatica nei collegamenti interni; parliamo di 30 Comuni, tra i quali annoveriamo Lucera che ne è il polo urbano di riferimento, e soprattutto di 87.000 cittadini circa che in quei Comuni hanno continuato a credere, disegnando un’identità collettiva che oggi è pronta a farsi motore di una nuova narrazione del Territorio.
Una narrazione in cui la definizione di “area interna” sia valore paesaggistico, culturale, sociale e identitario, non disvalore geografico/ economico; una narrazione che consideri le distanze occasioni per la creazione di nuovi cammini e nuove relazioni che si stabiliscono percorrendo quei cammini; una narrazione di cui i nostri giovani, che più di tutti hanno occhi nuovi per guardare, siano motore primario e non destinatari finali.
Veniamo da un evento epocale: una pandemia che, nel ricordarci la fragilità umana, ci ha mostrato anche l’anti-fragilità̀ dei nostri borghi e dei nostri valori quotidiani, che sono diventati per molte persone luoghi di approdo stabili. Questo ci spinge oggi a raccogliere una sfida senza precedenti: che i borghi siano non più e non solo luoghi di rigenerazione intesi come “pausa dai ritmi della realtà”, bensì diventino per un intero Paese modello generativo di una nuova realtà, che assomigli di più all’umanità̀ che la abita.
Trenta comunità oggi, per voce dei loro Sindaci, scelgono di essere visionarie, consapevoli che prima ancora che di economie è di visione che ha sete e fame il nostro territorio, come tutti i territori italiani marginali, con la ferma convinzione che i margini, i limen che sfuggono alle definizioni generali e dove i bordi si confondono, siano i terreni più fertili per la nascita e la sperimentazione di nuovi modelli sociali, culturali e, di conseguenza, economici.
Rivendichiamo allora la marginalità come valore imprescindibile della nostra identità e come strumento prezioso per la costruzione di una rete che da qui parta e metta in connessione le altre marginalità del nostro Paese, per disegnare a partire da esse un nuovo centro.
Consideriamo la candidatura di Lucera e dei Monti Dauni a Capitale italiana della cultura 2026 l’inizio di un cammino, sicuramente in salita, ma, come tutte le salite più faticose, capace si restituire a chi arriva in cima un nuovo orizzonte.
La nostra cima non sarà raggiunta a marzo 2024, quando verrà annunciata la candidata vincitrice del titolo di Capitale, perché con la sottoscrizione di questo manifesto ci poniamo un obiettivo permanente che più che guardare al 2026 guarda a quello che accadrà a partire da gennaio 2027 su un Territorio che avrà avuto il coraggio di mettersi in gioco compatto.
Di una città non godi delle sette meraviglie ma delle risposte che dà alle tue domande.
Con queste parole di Italo Calvino a farci da guida e nutriti dalle nostre settanta volte sette meraviglie, comincia oggi per questo Territorio l’era delle domande collettive, a cui rispondere insieme.
Candidare una Città significa per noi candidare trenta comunità, un territorio, un insieme di istituzioni pubbliche ed enti e attori privati: significa lanciare una sfida a noi stessi per primi, scommettendo che possiamo guardare avanti insieme.
Siamo pronti a raccogliere questa sfida, lo abbiamo dimostrato facendo confluire le candidature di Lucera e dei Monti Dauni, dimostrandoci pronti a fare tutti un passo indietro per compiere assieme un salto in avanti.
Che il salto in avanti arrivi allora, sapendo che a sostenerci c’è una rete territoriale fitta, tessuta nei secoli da comunità resilienti e resistenti, flessibili e coriacee al tempo stesso, risultato di un crocevia di popoli e culture che oggi sono chiamati da questa area interna a far risuonare la loro voce.
 
I SINDACI DELLA CITTÀ DI LUCERA
La città di Lucera merita di essere onorata con il titolo di Capitale Italiana della Cultura 2026.
Lo merita per la sua gloriosa e affascinante storia, valorizzata da tratti originali tanto per l’Italia che per il Mediterraneo; per il suo ricco e prezioso patrimonio storico e culturale, di cui sono parte siti e retaggi meritevoli di studio e attenzione; per le energie e le competenze che l’attraversano e l’animano, a cui attingere per progettare e costruire il futuro.
È su tutti questi elementi che deve fondarsi il progetto di candidatura a Capitale Italiana della Cultura 2026, proiettandoli in un futuro prossimo in cui la cultura diventi motore di coesione e inclusione sociale quali obiettivi di welfare culturale, sostenibilità ambientale dell’agire pubblico e privato, sviluppo equilibrato ed innovativo del sistema di ospitalità, digitalizzazione e smaterializzazione, collaborazione sinergica tra territori.
Noi sindaci della città di Lucera, per tutte le ragioni sopra dette, ci impegniamo ad essere garanti del patto sociale e generazionale che fin da ora deve alimentare il positivo e fecondo processo di valorizzazione e promozione dell’identità stessa della comunità lucerina, così come si è andata definendo nel corso della nostra millenaria storia.
 
LE CITTÀ PUGLIESI GIÀ FINALISTE DELLA CAPITALE ITALIANA DELLA CULTURA (BARI, TARANTO, BITONTO, MESAGNE, MONTE SANT'ANGELO)
Il percorso che accompagna la candidatura di una città a Capitale italiana della Cultura è un processo carsico, che comincia ben prima dell'annuncio della candidatura e termina ben oltre gli esiti della proclamazione.
Si tratta di una comunità che si interroga insieme e insieme prova a tradurre i suoi desideri in azioni concrete e tangibili, la cui ricaduta mai si limita al territorio che le ha generate.
Il prezioso mosaico delle città e dei borghi che compongono il patrimonio socioculturale della Puglia oggi è messo a valore e promosso dalla candidatura a Capitale Italiana della Cultura.
Lo testimonia la diffusa e articolata partecipazione ai processi di co-progettazione culturale registrata in ciascuna delle esperienze compiute negli anni che abbiamo alle spalle. Altrettanto vale per il rinnovato e crescente interesse del sistema economico di quelle stesse città verso lo sviluppo della rete di ospitalità, fondata sul principio di comunità accoglienti.
Allo stesso modo, le Amministrazioni comunali e l’intera filiera istituzionale hanno trovato l’energia di progettare nuovi spazi e modalità innovative di fruizione culturale, integrando tale progettazione con quelle relative alla mobilità, la digitalizzazione, le connessioni di rete, miranti a rendere più coese e inclusive, e quindi maggiormente attrattive, le città e i borghi.
Con queste premesse, i sindaci delle città e dei borghi della Puglia candidatisi a Capitale Italiana della Cultura sostengono con entusiasmo e partecipazione la città di Lucera e con essa i borghi dei Monti Dauni, in questa complessa sfida.
Il percorso sarà tutt’altro che semplice e l’approdo affatto certo, ciononostante sarà valso l’impegno e il lavoro profusi per far emergere la bellezza e la meraviglia custodite da queste comunità.

Mostra visitabile nella Green Cave a Monte Sant’Angelo, dall'1 al 17 settembre 2023.

Ogni città, sia essa grande o piccola, ha una sua anima, un genius loci o daimon,  che già gli antichi greci riuscivano a cogliere attraverso quel rapporto privilegiato e simbolico fra l’uomo e la divinità, ma soprattutto fra la città e la sua anima che si esprime attraverso l’Uomo e la Madre-Terra o Natura, quale elemento base della vita, sia essa animale che vegetale.

Per questo ogni volta che una città muore o che il luogo stesso scompare, anche la loro anima muore, tanto da rievocare, attraverso la ricerca storica o l’arte, le origini della loro fondazione, che rappresenta il momento fondate dell’esistenza umana e naturale. In ciò entra in gioco, anche e soprattutto il destino stesso dell’uomo, la cui anima, insieme al luogo, viene messa in pericolo. In questo rapporto privilegiato fra Uomo e Natura, fra il creato e la ricerca del divino, vi è l’essenza stessa del processo di umanizzazione e quindi della civilizzazione del mondo, che ha portato, poi, l’Uomo a identificarsi nella sua cultura e nella sua civiltà.  Questo rapporto fra l’Uomo e la Natura è alla base della civilizzazione, che inizia proprio attraverso il sacro rito della pietra, che è alla base della ricerca del nostro artista Salvatore Marchesani, nel rapporto simbiotico che ha con i luoghi che rappresenta, con il loro daimon o lo spirito dei luoghi. In questo caso l’artista Salvatore Marchesani, con le sue opere, vuole porre in evidenza la ricerca dell’anima dei luoghi, che nel nostro caso, diventa un ripercorrere la storia e la cultura abitativa del nostro Gargano, visto attraverso l’architettura spontanea e identitaria dei suoi Centri storici o borghi, da quello di Monte Sant’Angelo a San Giovanni Rotondo, da Vieste a Rodi Gargano, da Mattinata a Vico del Gargano, luoghi dove i miti e i culti antichi hanno formato la loro identità culturale, attraverso la presenza di vari popoli e di varie civiltà, fra cui quella dei Dauni, dei Greci, degli Illiri, dei Romani, fino all’arrivo dei Longobardi e dei Normanni in terra micaelica. Di tutto ciò le opere di Salvatore Marchesani conservano, facendo proprio questa tradizione culturale locale, una dimensione ideale di civiltà mediterranea, in quanto il Gargano ne rappresenta il simbolo e la terra di unione fra l’Oriente e l’Occidente, tanto da essere considerato un ponte e, quindi, trade union fra questi due mondi. Città che conservano ancora il loro legame con il passato, ma che non rinunciano il presente, per costruire il futuro. In questo caso, un artista come Salvatore Marchesani, originario di San Giovanni Rotondo,  diplomatosi presso l’Accademia di Belle Arti di Foggia, e dopo varie esperienze nel campo artistico, con varie Mostre tenute in tutta Italia,  non rinuncia alla sua identità e alla sua cultura mediterranea, che oggi noi riusciamo a cogliere nelle sue opere e nei paesaggi delle città garganiche, viste attraverso due dimensioni: la terra e il mare, due entità protese verso l’ignoto, quello stesso che hanno provato tutti coloro che si sono diretti dall’Oriente verso l’Occidente e quindi verso il Gargano, per costruire il nuovo mondo che è stato la Magna Grecia. Di tutto Ciò Salvatore Marchesani riesce a carpirne i segreti, la forza propulsiva dei luoghi e, quindi, di un borgo o città che nasce e  vive della sua essenza identitaria, che è la stessa dell’uomo del Gargano, proteso verso l’orizzonte del mare.

Salvatore Marchesani da anni va alla ricerca di questa nuova dimensione identitaria, che dà vita e significato alle sue opere e, quindi, ai suoi paesaggi, cogliendo in ognuno di essi l’anima del luogo e, quindi, specie per quanto riguarda i centri storici, l’aspetto identitaria della loro architettura e del loro essere per la vita, sempre nel rispetto reciproco fra la salvaguardia dei luoghi e la presenza dell’uomo come elemento di vita e di sopravvivenza. Afferma a tale proposito Nicola Cisternino, musicista e artista, docente di Arti e Musiche Contemporanee presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia: “La Pittura per Salvatore Marchesani è un processo continuo di messa a fuoco dello sguardo che si poggia sulla realtà, un affinamento sottile delle qualità della visione che dall’invischiamento della terra-materia e del mystum informale, si apre liricamente alle geometrie dell’ottica dello sguardo riconoscendo nel paesaggio e nelle nude architetture carsiche quella nascita al mondo, continua e perenne che l’occhio dona agli esseri viventi, e agli umani per primi”. Così come Giovanni Scarale riesce a vendere nelle opere del nostro artista “paesaggi d’anima, fondi e controfondi di verità, che il pittore rielabora trascrive sulla tela. Si ha l’impressione di trovarsi di fronte a un misticismo all’ingiù, un misticismo che non si acquista inebriati di cielo e di sole, ma schiacciando figure e movimenti fino alla loro nullificazione sotto la spinta di una verità non più dilazionabile”. Infatti Salvatore Marchesani, nelle sue opere, rievoca, attraverso uno stile che va oltre la realtà e, quindi, il visibile, il mistero dell’uomo che diventa tale attraverso la rappresentatività dei suoi paesaggi urbani, tanto da creare un processo creativo del fare “casa” e, quindi, una continua ricerca di quell’identità fra luogo e cultura, fra luogo e anima, fra luogo e daimon. “Un Gargano, come diceva Pasquale Soccio, segreto, di cui l’uomo è una sua zolla vivente e vagante, nato dal bisogno di un colloquio con la terra, al fine di comprenderla o meglio comprendere se stesso in momenti essenziali, decisivi, riassuntivi della propria vita…Io non so dove il Gargano abbia il suo cuore, dove il segreto della sua e della mia vita, considerandomi raminga particela, irrequieta zolla da lui distaccarsi e vagabonda, impegnata nel vento della vita. E se error vario mi svia, qui ogni volta mi ritrovo, riconosco il volto della mia patria antica”.

Salvatore Marchesani da anni va alla ricerca di questa nuova dimensione identitaria, che dà vita e significato al rapporto fra il luogo stesso e la necessità di andare oltre, verso un futuro che diventa ricerca dell’eternità, non solo dell’uomo, ma soprattutto dell’anima del luogo stesso. Parlavo prima dei sacri riti della pietra, di cui ogni città è l’espressione più alta, come del resto tutta la cultura e la civiltà greco-romana è fondata sulla pietra, di cui l’arte ne ha sublimato l’esistenza e i significati. Si veda a tale proposito le costruzioni dei templi, derivanti dai culti pagani, le fortezze, i castelli, le chiese, le abbazie e, poi, le case che hanno formato l’intero assetto urbano delle città. Di tutto ciò l’arte di Salvatore Marchesani ne è l’espressione e l’essenza, tanto da soffermarsi, in maniera ossessiva, sulla simbologia e sulla rappresentatività della casa, con la sua architettura e l’assetto urbano, da cui deriva, come abbiamo detto, la civilizzazione dell’uomo e l’essenza stessa dell’identità culturale di ogni popolo. La pietra e, quindi, la casa, come elemento fondativo della costruzione della vita, simbolo dell’uomo che diventa padrone della Madre-Terra, immagine di stabilità, di equilibrio, di bellezza, di compiutezza e di durata, paradigma dello spazio e del territorio dove l’uomo vive e progredisce.  Del resto il rapporto fra l’uomo e l’ambiente, fra l’Uomo e la Natura,  è stato quasi sempre al centro del processo di umanizzazione, tanto da influire positivamente, non solo sull’evoluzione sociale e culturale dell’uomo, quanto sulla sacralità stessa dei luoghi in cui il sacro, attraverso i suoi templi e le sue cattedrali,  si è manifestato, divenendo così un elemento di conoscenza del territorio stesso. Questo rapporto è stato tanto più forte e completo, quanto più il luogo sacro, come nel caso dei paesi del Gargano, fra cui Monte Sant’Angelo,  era in una posizione elevata, tale da  considerarla, fin dall’antichità, la Montagna Sacra. Una Montagna Sacra da cui ha origine quel processo sincretico fra paganesimo e cristianesimo, e la sconfitta dei culti pagani, fra cui quello di Diomede, di Calcante e Podalirio, di Giove Dodoneo, di Giano, di Mitra e le origini e lo sviluppo, nel V sec. d. C.,  del culto di San Michele sulla Montagna Sacra del Gargano.

Salvatore Marchesani, con la sua arte, ne rappresenta  lo spirito e la forza identitaria dei luoghi del nostro Gargano. Ciò che molti altri nostri scrittori e poeti hanno visto e trascritto, fra cui  Corrado Alvaro, Giuseppe Ungaretti  e, come abbiano visto, il nostro conterraneo Pasquale Soccio.

Scrive Corrado Alvaro, nell’ambito del suo Itinerario italiano, a proposito della  meraviglia dell’architettura spontanea di I  costruttori del Gargano: “Vi sono popoli che hanno un talento istintivo e storico per l’architettura. E si capisce per quelli che hanno da celebrare una potenza e da attestare una forza. Ma s’immagina difficilmente un gruppo di pastori e di contadini che porti una preoccupazione architettonica nella sua abitazione, nel suo forno, nel suo rifugio di montagna... Tutto quello che si scopre, dalle valli asciutte alle cime, è una immane opera di muri a secco che sostengono le terrazze degli ulivi, dei mandorli, delle vigne, del grano”. Lo scrittore viene, poi, colpito dagli enormi comignoli “dalle forme più bizzarre (a toppone, a elmo, a turbante,...) dalla grande perizia degli artigiani e muratori, che hanno riversato la loro forza in queste case dall’architettura più fantastica e mirabile. E proprio questi artigiani muratori. Hanno il genio dell’architettura come in altri, non più molti, paesi d’Italia; e davanti alla loro città costruita mirabilmente sullo scrigno del monte e su due valli, ci si può chiedere se, per avventura, tante invenzioni preziose d’architettura, non soltanto popolare, non vadano proposte a modello d’una moderna architettura povera di idee e pretensiosa, come è quella che ci propone stabilimenti balneari e palagi tutti del medesimo stile. Non esiste da noi un documento che metta sotto gli occhi l’arte di costruire una casa come fanno qui, a Ischia, a Positano, e in pochi altri luoghi, e che rappresenta la forma attraverso cui anni ed anni si raccomandano alla considerazione dei posteri. Arte di  fare scale, passaggi, portici, di risolvere problemi di pendenze, di prospettive, di variarle infinitamente. Arte di legare    gli uomini ai loro luoghi”.

Nel 1934 giunge sul Gargano Giuseppe Ungaretti, poeta e scrittore di fama internazionale, il quale, vangando nelle terre dell’Arcangelo, così scrive: “I contadini del Gargano vanno a cercare la loro terra avara col cucchiaino;  e quando trovano nel sasso un interstizio: giù quel granellino di terra. Sono arrivati così, conquistando un millimetro dopo l’altro, a rendere fruttuoso anche questo versante, e ora è tutto diviso a terrazze che fanno l’effetto di snodarsi sul suo dorso come lentissimi bruchi”.

Così come grande ammirazione e meraviglia il nostro conterraneo Pasquale Soccio, nel suo libro  Gargano Segreto,  così scrive: “Se  un occhio esperto, non sapendo dove si trova, lo chiedesse al cielo di un azzurro nettissimo e profondo, alla crudezza della luce, talora abbacinante, al grigio perla e viola dei monti, alle interminate pietraie, alle rocce, in alcuni punti convulsamente stratificate, alle pendici e alle allodole, gli rimarrebbe solo il dubbio di non sapere se essere nel Gargano o in Grecia. L’ulivo e il mandorlo continuerebbero l’inganno e non meno i bruni volti dei montanari, il loro sguardo, lampeggiante, indagatore e diffidente, e il riso delle donne pronto a notare il ridicolo delle cose e dello steso viaggiatore”. E ancora: “La conferma di questa identità greco-garganica, segreta o scoperta, più che sulle coste va ricercata nell’interno; sempre nel paesaggio montuoso, su alcune vette dove l’orizzonte ha per confine il mare e, ancor più, in alcune valli, nelle forre, nei burroni senza fondo, nei greti aridi dei torrenti, dove un acquazzone passa come una battaglia perduta. Qui “tutto è antico, fermo e incantato: tumultuanti memorie in un silenzio disumano” direbbe un poeta d’oggi”.  Per poi giungere a identificarsi con le stesse pietre del Gargano, tanto da scrivere: “Intensamente io guardo e contemplo questo mare di pietre, questo deserto dell’anima. Scopro le origini della mia patria antica attraverso l’infusorio, il protozoo, il mollusco, con valve e conchiglie, divenuti pietre. Ritrovo la scabra, scontata essenzialità del carattere mio e della mia gente. Mi riconosco, “debole vita che si lagna”, dolente coscienza effimera di queste pietre”.

Tutto ciò lo ritroviamo nell’arte e nelle opere di Salvatore Marchesani, il quale si chiede: Sul Gargano, nei suoi borghi, nelle sue case a schiera, nei centri storici dove predomina l’architettura spontanea, il tempo si è fermato e, nello stesso tempo, si è fatto pietra, tanto da immedesimarmi con essa, in questo processo di pietrificazione, che diventa forza virile, dove si nasce e dove si muore, accettando qualsiasi condizione umana, grato di essere stato qui collocato dalla sorte, nascendo”. La sacralità della pietra e, quindi, della casa, è da ricondurre alla sua stessa origine uranica, alla sua incorruttibilità fisica, al suo essere presenza dominante e permanente del paesaggio, all’idea di solidità, di durata e di resistenza cui è associata, alla sua “alterità”. «Ogni pietra – ha scritto Marguerite Yourcenar nelle sue Memorie di Adriano (1981:77) – rappresenta il singolare conglomerato d’una volontà, d’una memoria, a volte di una sfida. Ogni edificio sorge sulla pianta di un sogno». E oggi, pare che il nostro artista Salvatore Marchesani, dica “Questo è il mio Gargano, il mio Gargano Onirico, dove ognuno di noi cerca di realizzare le sue aspettative di vita e i suoi sogni”.

Dal 18 al 24 settembre, la XIX edizione del Festival Lectorinfabula sul tema “La misura del mondo”. Tanti eventi per imparare ad affrontare il presente e il futuro con idee nuove.

Sarà ancora “La misura del mondo” il filo conduttore della XIX edizione di Lectorinfabula, il festival di cultura europeo organizzato dalla Fondazione “Giuseppe Di Vagno (1890-1921)” che si terrà a Conversano dal 18 al 24 settembre 2023. Un tema che ha scandito il lavoro di un intero anno e che, in 7 giorni di Festival, con oltre 140 eventi (80 incontri al mattino per le scuole e 65 incontri pomeridiani e serali), 252 tra ospiti e relatori provenienti da diverse parti del mondo e 5 Comuni coinvolti (oltre Conversano anche Bari, Putignano, Noicattaro e Rutigliano) servirà a tradurre, con la profondità di sempre, quello che accade nel nostro Paese.

La presentazione dell’iniziativa si è svolta questa mattina nel palazzo della Presidenza della Regione Puglia alla presenza del presidente Michele Emiliano, della consigliera delegata alle Politiche Culturali Grazia Di Bari, del direttore del Dipartimento Turismo e Cultura della Regione Puglia Aldo Patruno, della presidente della Fondazione Di Vagno Daniela Mazzucca, del direttore scientifico del Festival Filippo Giannuzzi e del sindaco di Conversano Giuseppe Lovascio.

“La misura del mondo” passa dalla bellezza per le parole e per il pensiero perché l’umanità misura per conoscere il passato, comprendere il presente, progettare il futuro. La XIX edizione di Lectorinfabula sarà una riflessione sul Mondo, sul nostro modo di vivere, sui grandi temi e le sfide connesse. Rappresenta un invito a guardare al di là delle crisi che ci attanagliano, per abbattere i muri che si costruiscono giorno per giorno e per ricordare i cambiamenti e le battaglie fatte nel corso degli anni.

“Il Festival organizzato dalla Fondazione Di Vagno, che è una delle Fondazioni partecipate dalla Regione Puglia, assume quest’anno un ruolo molto particolare perché invita a un ragionamento sugli equilibri mondiali, che sono turbati da una serie di eventi, tra cui la guerra in Ucraina – ha dichiarato il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano -. Lectorinfabula vuole contribuire a una migliore comprensione di queste dinamiche, visto che il dibattito nazionale, da questo punto di vista, è molto povero. Ben venga, dunque, questa manifestazione. Si tratta, inoltre, di un’iniziativa straordinaria che celebra la memoria di Giuseppe Di Vagno e che non deve servire soltanto a ricordarne la figura nel passato, ma anche e soprattutto a dare il senso di una visione internazionale basata sulla pace, sul rispetto dei diritti e su un ruolo da parte delle grandi potenze compatibile con il prosieguo del cammino dell’umanità”.

Per la consigliera delegata alle Politiche Culturali della Regione Puglia Grazia Di Bari, “Lectorinfabula è un’altra tappa fondamentale nell’offerta culturale e turistica della Puglia, un segnale che l’estate, per la nostra regione, non è finita. Il festival dà a chi lo frequenta la possibilità di riflettere sulle trasformazioni che stanno caratterizzando la nostra società; lo fa attraverso i libri e gli incontri con gli autori, ma anche attraverso una serie di eventi, con la possibilità di incontrare artisti di teatro e con la musica. Ancora una volta, Conversano ospita un festival di altissima qualità, molto frequentato e molto sentito dalla comunità dei cittadini e delle cittadine. Il Festival si conferma inoltre un punto di riferimento per la promozione della lettura tra i più giovani: è un tema straordinariamente importante, specialmente dopo la fine della pandemia, che ha fatto registrare un picco di abbandoni scolastici. Vogliamo quindi ringraziare gli organizzatori del Lectorinfabula per la qualità dell’iniziativa, per il prestigio degli ospiti invitati e per l’ambizione dei temi che saranno affrontati durante la settimana”.

“Dopo un momento dedicato alla grandissima musica, da Riccardo Muti alla Taranta, sino a ‘Meraviglioso Modugno’, Lectorinfabula dà inizio alla stagione autunno-inverno e riprende il tema dei libri dopo i successi clamorosi del Festival del Libro Possibile e di Libri nel Borgo Antico. A Lectorinfabula – riflette Aldo Patruno, direttore del Dipartimento Turismo e Cultura della Regione Puglia – siamo particolarmente affezionati. Il Festival nasce nell’ambito di una Fondazione partecipata dalla Regione, la Fondazione Di Vagno, e si inquadra in un’offerta culturale senza soluzione di continuità. Mi viene da pensare che Conversano, che si era candidata a capitale italiana della cultura, sta svolgendo pienamente il suo ruolo con un’offerta culturale ampia e di elevata caratura che, soltanto nelle ultime settimane, va dalle opere di Ligabue a Riccardo Muti, dal festival Imaginaria al Lectorinfabula, passando per Fabrizio Bosso. Con ‘La Misura del mondo’, che è il titolo della XIX edizione del Festival, Lectorinfabula si svolgerà dal 18 al 24 settembre e fornirà ulteriori chiavi di lettura per comprendere il presente, con una quantità di ospiti sconfinata e con un salotto, quello di Conversano, che dopo il passaggio di Riccardo Muti si è riconosciuto ed è sempre più riconoscibile come salotto dell’Italia e del mondo”.

“Un Festival lungo un anno – ha dichiarato Daniela Mazzucca, presidente della Fondazione Di Vagno -. La misura del mondo è il tema filosofico di Lectorinfabula che abbiamo declinato in tutto il lavoro di quest’anno attraverso le nostre molte attività: da Lectorinscienza, la misura della distanza tra terra e spazio con l’Università di Bari, a Lectorincontri in cui abbiamo parlato della misura della libertà o della schiavitù della donna nelle tre religioni monoteiste; passando dall’evento dedicato alla misura della diseguaglianza che l’autonomia differenziata aumenterebbe nel Paese, sino a quello organizzato nel giorno del giuramento del governo Meloni sulla misura dei cambiamenti della politica degli ultimi decenni e della necessità di  stabilizzazione del sistema politico. E poi ancora il premio Rossella Panarese con Rai Radio 3, con lo spazio misurato nei podcast dei ragazzi della Rete delle Scuole. Quello di Lectorinfabula 2023 – ha concluso la Presidente - è un programma impegnativo che vuole approfondire ulteriormente il concetto di misura del mondo anche in relazione alle vite di ognuno”.

“Gli shock che abbiamo affrontato nell’ultimo decennio, dalla crisi economica all’emergenza ecologica, dalla transizione digitale alla pandemia sino alla guerra in corso – ha affermato Filippo Giannuzzi, direttore del Festival – hanno reso più incerti i valori su cui avevamo fondato il nostro stare al mondo. Sentimenti e identità che ci sembravano stabili manifestano oggi tutta la loro incertezza. Ma se da una parte rischiamo di cadere nello sconforto, dall’altra c’è invece qualcosa di prezioso da portare alla luce. Una spinta che ci porta, come già accaduto per altre crisi epocali, ad esplorare territori sconosciuti, a trovare nuove idee e nuovi linguaggi per provare a raccontare il nostro tempo diventato così fluido e sfuggente. Questo è il fine di Lectorinfabula, un Festival che intende trovare una strada nuova per affrontare il futuro, certi di conoscere il nostro presente e i cambiamenti del passato che ci hanno portato fin qui”.

 “Lectorinfabula – ha dichiarato infine il sindaco di Conversano Giuseppe Lovascio – è un evento straordinariamente importante che chiude un’estate ricca di iniziative di notevole successo. Sono convinto che questo sarà un altro degli eventi di punta, con tantissimi incontri, personaggi e con grandi occasioni di confronto. Questa è la cosa meravigliosa di Lectorinfabula: tutti abbiamo bisogno di confrontarci con serenità e con l’approccio giusto sui temi di grande attualità e chi ci darà la soddisfazione di venirci a trovare dal 18 al 24 settembre potrà notare il clima che si crea intorno al Lectorinfabula. Ringrazio la Fondazione Di Vagno perché dietro al Festival c’è un grande studio e una grande discussione. Conversano ha deciso di investire sulla cultura da molto tempo provando a far crescere una coscienza popolare. L’obiettivo è formare cittadini e cittadine sempre più maturi e pronti ad affrontare il futuro con civiltà e con maggiore attenzione, provando a ricercare l’armonia. La cultura è un pezzo fondamentale per raggiungere questo obiettivo”.

Tanti gli argomenti che verranno approfonditi nel corso delle giornate del Festival per misurare il Mondo, ma anche lo Spazio, con diversi parametri; per conoscere più approfonditamente noi stessi e il modo in cui ci relazioniamo con gli altri: politica e geopolitica, di filosofia ed economia, letteratura e satira, teatro e poesia, lavoro e precarietà, diritti civili, università e scuola, cambiamenti climatici e legalità.

I focus riguarderanno i nuovi equilibri mondiali a cominciare dal tema del Grande Sud del Mondo e dal futuro dell’Europa. Al tema delle crescenti diseguaglianze sono dedicati alcuni appuntamenti di approfondimento, tra cui uno sul lato oscuro e dimenticato della globalizzazione, con i suoi effetti negativi su milioni di persone di cui si sa e se ne parla ben poco. Ampio spazio al femminile, con gli appuntamenti dedicati alle donne dell’Iran, ai diritti negati e alle violenze di genere, a Internet e alle battaglie politiche e civili con una riflessione su Franco Basaglia e soprattutto Franca Ongaro Basaglia a 45 anni dalla famosa legge che chiuse i manicomi e ridiede centralità e dignità ai malati psichici riconoscendoli come persone.

Non mancheranno la letteratura e la poesia, e i temi caldi dello scenario della politica italiana come le riforme della giustizia e quelle sull’autonomia differenziata, il lavoro e il fisco, l’università e la scuola. E poi gli anniversari: i 50 anni dalla morte di Tommaso Fiore, i 150 anni dalla nascita di Gaetano Salvemini, i 100 anni dalla nascita di Rocco Scotellaro e Italo Calvino.

Anche per quest’anno Lectorinfabula ha coinvolto le scuole del territorio di ogni ordine e grado che potranno godere di un programma pensato per e con le scuole, e che nei giorni del Festival coinvolgerà 5000 studenti provenienti da Barletta, Molfetta, Casamassima, Putignano, Rutigliano, Polignano a Mare, Castellana Grotte e Noci, con 80 incontri.

Il rapporto tra Lectorinfabula e le scuole è da sempre intenso e denso di significato. Un impegno che parte da Lector Ragazzi - la sezione del festival dedicata ai bambini, ai ragazzi, alle scuole, alle famiglie e a tutti coloro che per passione e professione si occupano di letteratura per l’infanzia, illustrata, per ragazzi e per giovani adulti. Uno spazio, curato dal 2018 dall’associazione culturale Hamelin, che richiama a Conversano alcuni degli autori e delle autrici più importanti del panorama internazionale di letteratura per minori – e finisce con il coinvolgimento degli ospiti nella fascia riservata alle scuole secondarie di secondo grado per trattare le questioni legate ai cambiamenti climatici e alle conseguenze derivanti in ambito economico e sociale, umano e personale, al rapporto tra scienza e politica e al ruolo dell’informazione. E poi storia, letteratura, scienza, diritti e legalità, formazione e competenze.

Agli studenti è dedicato il Premio Rossella Panarese, realizzato in collaborazione con Rai Radio3, la cui seconda edizione – in particolare il tema - verrà presentata durante Lectorinfabula 2023.

Altre anticipazioni riguarderanno l’apertura della Scuola di reportage narrativo dedicata ad Alessandro Leogrande, che servirà a dare continuità al lavoro del giornalista e scrittore tarantino scomparso nel 2017, e l’annuncio della prima edizione del Festival della satira Politica che continua e amplia il grande lavoro fatto dal Centro di satira Librexpression della Fondazione Di Vagno, diretto da Thierry Vissol, e che anche in questa edizione di Lectorinfabula conta presenze straordinarie.

Torna Lector in Tavola, il festival dedicato alla cultura del cibo, realizzata in collaborazione con la Rete degli alberghieri di Puglia con diversi appuntamenti nei primi tre giorni di Lectorinfabula. E tornano anche gli appuntamenti organizzati da Pagina’21, la rivista online della Fondazione Di Vagno diretta da Oscar Buonamano.

Due le prime letterarie regionali in programma: quella di “Romanzo senza umani” di Paolo di Paolo in uscita proprio il 19 settembre, e quella di “Dove non mi hai portata” di Maria Grazia Calandrone per la prima volta in Puglia senza gli autori e le autrici della cinquina finalista del Premio.

E poi ancora gli appuntamenti con la Friedrich Ebert Stiftung, con il Consiglio d’Europa, con l’Osservatorio Il piacere di lavorare, gli appuntamenti con Lectorinteatro, Agoradio e i podcast curati da Rai Radio3.

Lectorinfabula european cultural festival è organizzato dalla Fondazione Di Vagno per Granai del Sapere. Con il patrocinio e il sostegno di Consiglio d’Europa, del Ministero della Cultura, di Regione Puglia e Città di Conversano, dell’Università degli studi di Bari, della Friedrich Ebert Stiftung e Cepell.

Partner culturali: Rai Radio3, associazione culturale Hamelin, Pagina’21, Librexpression, Il piacere di lavorare.

Al Gargano sono legate diverse leggende, da cui spesso traggono  ispirazione artisti, poeti e musicisti, come Michele Circiello e Max Gazzè, per spiegare l'esistenza di alcuni luoghi o di alcuni toponimi. È il caso dello scoglio di Pizzomunno, che si trova sulla spiaggia di Vieste, maestoso nella sua granitica bellezza e lucentezza, quasi a sfidare  il cielo e il meraviglioso mare Adriatico. Non per altro il mare, più che dividere, unisce le nostre esistenze, in quanto ci fa conoscere altre realtà che sono lontane, ma nello stesso tempo vicine, in quanto legate da un unico filo che è quello della interconnessione temporale e spaziale. E da lontano sono venute a noi racconti  mitologici e leggende popolari, fra cui il mito di Diomede nelle Isole Tremiti, i culti di Calcante e Podalirio a Monte Sant’Angelo, di Giano a San Giovanni Rotondo, di Archita a Mattinata, di Ercole a Manfredonia,  tanto da arricchire la nostra esistenza e spiegare tanti luoghi comuni, che hanno una loro spiegazione solo attraverso il mito e le leggende. Così, affascinante e nello stesso tempo commovente, è il racconto  della bellissima Cristalda e del suo giovane  innamorato Pizzomunno. Quest'ultimo era un giovane marinaio, che nelle sue lunghe notti di plenilunio, non faceva altro che pensare alla sua bellissima Cristalda, dai capelli color del sole.  I due giovani, entrambi del villaggio, si amavano perdutamente, tanto che nessuno poteva separarli.  Ogni giorno Pizzomunno, con la sua barca, affrontava il mare ed ogni giorno le sirene, ammagliate dal sorriso di Pizzomunno, emergevano dalle onde e intonavano in suo onore dolci canti marini. Molte volte Pizzomunno fu invitato dalle sirene a seguirle, promettendogli l'eterna felicità e l'immortalità, ma l'amore per la bella Cristalda era troppo forte. Una delle tante sere in cui Cristalda e Pizzomunno erano andati sulla spiaggia per manifestare tutto il loro amore, le sirene, prese da un accesso di gelosia, trascinarono nella profondità del mare Cristalda. Invano Pizzomunno tentò di salvare la sua amata. Il mattino seguente i pescatori trovarono sulla spiaggia un bianco scoglio che la leggenda dice essere il giovane Pizzomunno, che piangendo la sua amata Cristalda, morì di dolore.

La tradizione vuole che ogni cento anni Cristalda torni dalle profondità del mare per raggiungere il suo amato Pizzomunno, e per una notte sola, entrambi rivivono il loro antico amore. È una bellissima storia d'amore in cui la natura diventa mito e il mito diventa mare, terra, luce, acqua, sole, desiderio, amore.

Tale amore per la bella Cristalda da parte di Pizzomunno e, quindi, per la sua amata Vieste, oggi possiamo ammirare nell’opera artistica che Michele Circiello ci ha lasciato sulle bianche scogliere di Vieste. Un artista che ha fatto della sua arte un ritorno verso il passato, da cui nascono e muoiono i miti  e le leggende del nostro Gargano. Un artista che ha scelto come sua terra  di elezione   la mitica Vieste. Del resto sappiamo che all’alba di ogni civiltà c’è il mito, sia esso personificato in eroi leggendari o in fenomeni naturali, di cui l’uomo porta impressi i segni inconfondibili della sua memoria, tali da diventare archetipi di avvenimenti riguardanti la storia del mondo. Così il mito diventa elemento portante della costruzione del mondo e, quindi, delle società che da esso hanno avuto inizio. Non per altro dal mito nasce la storia, sia essa legata all’uomo che alle sue conquiste. Così elementi fantastici e leggendari si mescolano alla realtà e ne determinano gli avvenimenti, le “storie”. Del resto ogni mito, come afferma De Juliis, presuppone una fonte storica, sia pure arricchita e distorta da elementi fantastici. Spetta allo storico o all’artista cogliere la storicità e la veridicità poetica dell’assunto mitologico. Così come ogni narrazione è il frutto di racconti rivisitati e reinventati da generazioni di cantori, i quali hanno ampliato i significati e la struttura mitologica. Infatti con un processo di rivisitazione magico-semantica, Michele Circiello tenta di riportare nelle sue opere quel mondo leggendario, nel quale ormai da anni cerca di rintracciare, attraverso segni e figure, gli elementi primordiali della storia umana. Miti e leggende che legano il passato al presente, in quanto, spesso, il presente, attraverso i suoi topos, si ripresenta e si ritrova nell’immaginario storico. Del resto, quando Michele Circiello era vivo, aveva fatto sua come città elettiva Vieste, la città a cui Michele Circiello si sentiva più legato, proprio per quella sua lontananza storica che ne ha determinato i contorni, quasi come un topos geografico ai limiti del mondo, sperduta  nell’alba della civiltà mediterranea, in cui gli approdi erano simboli di arrivi e partenze, luogo immaginario, ai confini della civiltà ellenica. Vieste, città di mare, protesa verso l’Adriatico, città di frontiera, ma anche di approdo di gente venuta dalle opposte sponde mediterranee. Città d’acqua e di terra. E proprio qui  nacque la leggenda di Cristalda e Pizzomunno, la cui memoria storica Michele Circiello ha fissato nella bellezza scultorea che fa da faro e simbolo lungo le coste garganiche di Vieste. Stele protesa verso l’azzurro cielo adriatico, simbolo dell’eterno amore di Pizzomunno per Cristalda, trasformato dalle sirene in un gigantesco monolito sulla spiaggia di Vieste.

Oggi anche il musicista Max Gazzè ha visto in essi l’eterno desiderio della bellezza, che si specchia, attraverso la sensibilità dell’uomo, nella leggenda  di Cristalda e Pizzomunno, in cui rivive l’eterno ritorno alla vita. Infatti con Cristalda e Pizzomunno, oggi, si vuole rappresentare il mito allo stato puro, in cui l’amore rende l’uomo immortale attraverso l’eterno ritorno alla vita, alla natura, alla pietra, che rappresenta l’origine e l’anima del mondo. E il Gargano, oggi, più che mai, con i suoi miti e le sue leggende, rappresenta la memoria storica dell’uomo all’origine della sua civiltà, allorquando egli acquisisce la consapevolezza della sua spiritualità e della sua sensibilità artistica. Così il mito diventa realtà, in quanto sa rappresentare, attraverso segni e colori e musica, il segreto più intimo della civiltà garganica, che affonda le sue radici in un universo fatto di miti e leggende, di usi e costumi tradizionali che conservano ancora una loro identità culturale, non contaminata da apporti ibridi e standardizzati. In questo modo il canto diventa l’elemento vivificante di ogni ricordo e quindi di ogni civiltà e cultura del passato.

Il 7 - 8 - 9 - 10 - 11 SETTEMBRE vivremo le rievocazioni storiche medievali della nostra Città, nel segno distintivo dell'Imperatore Federico II di Svevia, dalla morte, avvenuta a Fiorentino nel dicembre del 1250, alla fuga dei profughi verso il borgo che diverrà Torremaggiore!

Il Parco archeologico di Fiorentino, il Castello Ducale, i vichi del Codacchio, Piazza De Sangro, la Villa Comunale, faranno da palcoscenico alla riproduzione degli accampamenti medievali, alle rappresentazioni teatralizzate, alle esibizioni degli arcieri e degli sbandieratori, gruppi di scherma storica, gruppi armati che simuleranno l'assalto a Fiorentino da parte delle truppe papaline di Alessandro IV, la caratteristica Corsa agli Anelli e infine l'incendio artistico del Castello.

Anche quest'anno la Regione Puglia, tramite il Teatro pubblico pugliese, ha creduto fortemente nel progetto della Città, un progetto presentato dall'Assessorato alla cultura e scritto insieme alle associazioni Storico-Medievali di Torremaggiore che saranno le protagoniste di queste giornate insieme ai tanti ospiti di altre città Federiciane. 

Un Doveroso Ringraziamento va al Vice presidente della giunta Regionale Raffaele Piemontese, a Paolo Campo consigliere Regionale che credono da anni in questo progetto, a Rosario Cusmai consigliere, presidente della Regione Puglia, con delega agli Enti Locali.

Ringraziamenti ad Aldo Patruno, Direttore del Dipartimento Cultura e Turismo della Regione Puglia, che quest'anno ha dato un forte segnale a Torremaggiore per amore di Storia e di Cultura, ed alla Governance del Teatro pubblico pugliese con Giuseppe D’Urso presidente uscente.

Un ringraziamento particolare va all'assessore alla Cultura della Città di Torremaggiore Ilenia Coppola e ad Emilio Di Pumpo Sindaco di Torremaggiore e a tutto il settore Cultura.

La presenza di vari popoli e civiltà provenienti dall'Oriente ha determinato nell'antica Daunia l'esistenza di diversi culti, collegati alle diverse etnie che si sono sviluppate sul suolo dauno. Nei precedenti capitoli ne abbiamo elencati alcuni, nati non solo dalla religiosità dei loro popoli, quanto da una eroicizzazione di personaggi locali, venuti dal di fuori, che si sono resi protagonisti di ardite imprese e di grandi conquiste. Basti a questo proposito citare i nomi del re Dauno e di Diomede, di cui abbiamo descritto la storia e gli sviluppi delle loro conquiste. Fra i vari culti che sorsero nella Daunia dobbiamo ricordare il culto di Atena Iliaca nella città di Lucera, dove, secondo Strabone, esisteva un santuario dedicato alla dea greca.  A tale proposito Strabone (Geografia, VI, 3.9 e in VI, 1.14) menziona un tempio ad Atena nel contesto delle leggende su Diomede e ne dà l’esatta localizzazione nella colonia latina di Lucera: “… nel tempio di Atena a Lucera ci sono antichi doni votivi…”; alludendo anche sull’ubiquità della prodigiosa immagine di Atena Iliaca a Roma, a Lavinio, a Lucera e nella Siritide. Atena veniva chiamata Iliaca, come se fosse giunta lì, in Daunia,  da Ilio.  Tale santuario viene citato anche da Eliano, il quale, però, non menziona la località precisa come aveva fatto Strabone. Scrive Eliano (De Anima, XI, 5): “È fama  che nella terra di Daunia ci sia un tempio di Atena Iliaca e che lì siano allevati dei cani che dimenano la coda in presenza dei Greci mentre abbaino contro i barbari”. Inoltre di un culto dedicato ad Atena in terra daunia ci parla lo Pseudo Aristotele (De Mirabilibus Auscultationibus,  109 a-c), il quale afferma: “Dicono che nella  regione chiamata Daunia ci sia un santuario detto di Atena Achea nel quale giacciono dedicate le scuri bronzee e le armi dei compagni di Diomede e di lui stesso. Raccontano che in questo posto ci siano dei cani che non maltrattano i Greci che giungono lì, anzi dimenano la coda come se fosse a loro del tutto familiari”.

Il culto di Atena Iliaca era fra i più importanti non solo dell'Italia meridionale, ma anche della Grecia. La dea Atena era figlia di Zeus e di Meti. Essa nacque dalla testa di Zeus, dopo che aveva saputo che la figlia di Meti gli avrebbe tolto il trono. La troviamo come dea guerriera che prende parte alla guerra di Troia, al fianco degli Achei.

Fu amica e innamorata di Eracle, che la ricambiò con i pomi d'oro delle Esperidi. È protagonista nell'Odissea, favorendo il ritorno di Ulisse ad Itaca. Essa simboleggia la ragione, in lotta contro la forza bruta. Inoltre rappresenta il valore personale degli eroi. Presiede alle arti e alla letteratura. Inoltre è la donatrice dell'albero di Ulivo alla sua regione, l'Attica. In suo onore venne fondata la città di Atene. I suoi santuari erano sparsi in tutta la Grecia e nell'Asia Minore, fra cui la stessa Troia. Il suo culto è uno dei più antichi della Grecia, anzi si suppone che esso sia di origine preellenica, in quanto il suffisso na richiama ascendenze minoiche e micenee. L'eroe greco Diomede teneva in grande considerazione il suo culto. Infatti Strabone afferma che  l'eroe greco, giunto a Lucera, avrebbe appeso nel suo santuario doni votivi. All'eroe greco è ascritta la fondazione di un santuario dedicato alla dea Atena nella città di Elpie (la Salapia romana), da lui fondata.  Ce lo ricorda lo stesso Licofrone, il quale ha  come sua fonte principale Timeo.

Sia a Lucera che ad Elpie il culto di Atena Iliaca  è collegato con il  culto di Cassandra. Infatti la tradizione vuole che ad Elpie vi fosse un santuario dedicato a Cassandra, nel quale trovavano rifugio e protezione le fanciulle daune ostili al matrimonio.  Del culto di Cassandra in terra daunia ci parla Licofrone, il quale così scrive:

“Ed il mio culto non sarà senza fama tra gli uomini
e non appassirà subito nell’oscura dimenticanza:
a me innalzeranno un tempio sulle rive di Salpe,
i capi dei Dauni, quelli che abitano la città di Dardano,
vicino alle acque della palude.
Le fanciulle che vogliono sfuggire alle nozze,
rifiutando i fidanzati che vantano chiome ettoree,
pur essendo di bruttissimo aspetto o di famiglia disonorevole,
stringeranno tra le braccia il mio simulacro
ottenendo un rimedio potentissimo contro le nozze,
vestite da Erinni e tinte in volto
col succo di erbe magiche.
A lungo sarò chiamata dea immortale
da quelle donne che portano il bastone”.

Cassandra è la figlia di Priamo, la quale ricevette in dono dal dio Apollo la facoltà di predire il futuro. Essa è la profetessa della caduta di Troia, dopo il rapimento di Elena da parte di Paride; inoltre sconsiglia l'entrata del cavallo di Troia nelle sue mura; così come predice il destino futuro della stirpe d'Enea. Secondo la tradizione Cassandra sarebbe stata l'amante di Agamennone e gli avrebbe dato due gemelli, Teledamo e Pelope. Al ritorno di Agamennone in patria, la moglie lo uccise e insieme a lui anche Cassandra.

Sia il culto di Atena Iliaca che quello di Cassandra, probabilmente, furono importati nella Daunia, ma anche in altre località,  come nella Siritide e nell'estremità del Bruzio, da coloni Locresi, da cui proveniva l'eroe Aiace, il quale tentò di stuprare Cassandra, dopo essersi rifugiata ai piedi del Palladio troiano. Recentemente si è supposto che il tempio di Atena Iliaca in terra daunia, ricordato dalla tradizione letteraria, sarebbe stato uno solo, quello di Lucera, al quale si adatterebbe anche l'accenno di Licofrone sul santuario di Cassandra, localizzato "sulle alture presso Salapia", con un'ottica da periplo. In questo senso i culti di Atena Iliaca e di Cassandra andrebbero intesi come un culto unico: al più antico di Pallade si sarebbe sovrapposto in età più recente, VII-V secolo a. C.,  forse con i Locresi, quello dell'infelice figlia di Priamo.

Forse è diventato un allarme rientrato quello lanciato dal Consigliere comunale di Manfredonia, Maria Grazia Valente, in merito all’annunciata vendita all’asta del terreno che ospita parte della rimasta Masseria Garzia, a due passi dalla SS89, alle porte di Siponto. Il prezzo base sarebbe di 16.897,50 euro e l’asta avrà luogo il 19 settembre 2023.

Difatti, una nota della stessa Valente affermava che «Oggi si staglia all'orizzonte un'opportunità unica: la possibilità di preservare un frammento inestimabile del nostro patrimonio”. Il riferimento è a ciò che quel terreno da millenni conserva, l’Anfiteatro Romano di Sipontum, ribattezzato il “Colosseo sipontino”».

Nelle ore successive, però, arriva anche una nota del prof. Giuliano Volpe, archeologo, che da tempo con un’equipe, sta svolgendo scavi importanti per riportare alla luce le antiche mura di Sipontum (già ne parlammo nell'ottobre 2022, ndr.) e ciò che resta, ottenendo ad oggi rilevanti successi e importanti prove. Una tra tutte il muro perimetrale, un’opera reticolata ben conservata e di pregevole fattura.

 

Anfiteatro romano Siponto masseria Garzia 02

 

Nella nota di Volpe si legge che l’area è all’attenzione del Ministero dei Beni Culturali che potrebbe esercitare il diritto di prelazione poiché vi sono in corso scavi archeologici.

L’anfiteatro romano di Siponto presso l’area di masseria Garzia, dai dati acquisiti dagli scavi, si estenderebbe su un’area perimetrale di circa 78x68 metri, con una capienza di circa 7mila spettatori. L’opera romana ora è conservata sotto il terreno e parrebbe essere quasi integra. L’auspicio del prof. Volpe è che all’area fosse evitata la privatizzazione e che si dia seguito per ulteriori indagini e escavi archeologici.

«Le radici dell'anfiteatro di Siponto - che per rendere meglio l’idea preferisco denominare, seppur impropriamente, Colosseo - affondano nel lontano 27 a.C., quasi un secolo prima di quello che poi divenne famoso in tutto il mondo -prosegue Maria Grazia Valente-. Esso era il luogo di spettacoli cruenti e divertimenti selvaggi, il palcoscenico in cui gladiatori, alcuni dei quali prigionieri di guerra, combattevano per la loro vita sotto lo sguardo appassionato del pubblico. Tuttavia, le grandiose pietre di questo anfiteatro e di altre testimonianze di Siponto giacciono sepolte sotto il peso degli anni e della disattenzione. Il Comune di Manfredonia e la competente Soprintendenza sono chiamati ad agire in questa delicata situazione. Un'azione audace, ma senza dubbio meritevole, potrebbe essere l'acquisizione di questo sito archeologico tramite l’asta. Non si tratta solo di conservare pietre antiche, ma di dar loro nuova vita attraverso la fruizione pubblica. Camminare tra le rovine di un anfiteatro millenario potrebbe diventare una realtà, un viaggio nel tempo che tutti potremmo intraprendere».

 

Anfiteatro romano Siponto masseria Garzia 03

 

Pensiero comune, tra la Valente e Volpe, è la fruibilità del sito archeologico una volta riportato completamente alla luce, che potrebbe diventare reale se le istituzioni fossero intenzionate. «Un rinascimento culturale ed economico per il territorio -pone in evidenza la Valente-. Attrarre turisti, promuovere eventi culturali e favorire l'educazione sulla storia e sull'arte antica sono solo alcuni dei frutti che potrebbero essere raccolti da questa iniziativa. Ovviamente, si tratta di un'impresa che richiede risorse finanziarie e sforzi logistici. Tuttavia, con l'aiuto di opportunità di finanziamento, come potrebbe essere il PNRR, questa sfida potrebbe essere affrontata con successo».

Questa ricchezza cultuale, di cui abbiamo descritto in vari articoli sui miti e sui culti del Gargano, si manifesta attraverso una presenza massiccia di culti e santuari in diverse zone del Gargano, nonché attraverso la nascita di vere e proprie leggende legate al substrato culturale delle popolazioni locali.

A questo proposito abbiamo notizie di un santuario pagano a S. Giovanni Rotondo, dove la tradizione  riporta presso l'attuale chiesa della Rotonda un tempio di Giano, le cui origini, secondo lo storico locale S. A. Grifa, risalirebbero all'antico insediamento premillenario citato da Strabone (S. A. GRIFA, Le origini di San Giovanni Rotondo, Taranto 1989). Secondo le ultime ricerche la città di S. Giovanni Rotondo, citata per la prima volta in un documento del 1095, nel quale si fa menzione dell'esistenza di un casale  Sancti Johannis Rotundi,   risalirebbe ad un antico insediamento greco  Gargaros, segnalato da Strabone nel I secolo a. C. Il Grifa è convinto che tale insediamento sarebbe da identificarsi con il villaggio di  Castellum Bisanum, sorto lungo la   Via Sacra Langobardorum, che portava i pellegrini dall’Italia centrale verso il Santuario di San Michele sul Gargano.  L'antica città di Gargaros sarebbe stata fondata fra il Neolitico e l'età del Bronzo, nella parte più alta del Monte Gargano, oggi denominata Castellano, a poche centinaia di metri dall'attuale abitato a 975 metri s.l.m. Il sito, frequentato fin dall'età neolitica, in piena età del Bronzo, aveva già la tipologia e le caratteristiche delle città protourbane edificate dai cosiddetti "castellieri" del Gargano. Il centro garganico, afferma lo storico Grifa, fu edificato da popolazioni provenienti dall'Illiria e precisamente da tribù provenienti dalla Bosnia, dall'Erzegovina e dall'Albania, le quali approdarono sulle nostre coste. Alcune di queste tribù, come i Paiones, i Lati, gli Ausi, i Luki, i Pistones, i Davoi, giunsero nei pressi del promontorio garganico. E proprio i Paiones, di origine Tracia, si stanziarono nell'area sangioannese ed edificarono una vera e propria città fortificata sul Monte Castellano. I Paiones li troviamo nella guerra di Troia, a fianco dei Troiani; un popolo fiero e orgoglioso, temuto dai Greci di Agamennone. I Paiones avevano come simbolo il pavone, un animale allevato nella Peonia, da cui derivò il toponimo stesso, come dice lo stesso Erodoto nelle sue Storie. In seguito, i Paiones, giunti sul Gargano, vennero chiamati Gargari, cioè abitanti della montagna (il lemma greco Gara  significa "luogo montagnoso"). Questo accadeva circa duemila e cento anni fa, e precisamente nel VI secolo a. C. I primi storici della Magna Grecia già rubricavano nelle loro opere una città sita sul Gargano, chiamata  Gargaros. Intanto, verso la fine del I millennio, con l'arrivo dei Greci, il vecchio sito veniva abbandonato e gli abitanti scendevano a valle  dove, a causa della presenza del culto di Giano, in piena età romana, veniva cambiato il nome alla città, da  Gargaros a Bisanum, (Bis Ianum, il  dio dal doppio volto). Nel basso Medioevo il vecchio sito sul Monte (Gargaros) veniva nuovamente frequentato dai Bisani, i quali per sfuggire alle orde slave e saracene abbandonarono il loro villaggio a valle per poi ridiscendere definitivamente nell'anno del Signore 1095 e dar vita ad un nuovo insediamento: il Casale di San Giovanni Rotondo. Così, il 14 novembre 1095, nasceva storicamente la  città di San Giovanni Rotondo con un diploma dato a Monte Sant'Angelo dal conte normanno Enrico all'abate benedettino del Monastero di San Giovanni in Lamis, oggi Convento di San Matteo.  La città di  Gargaros in seguito continuerà ad essere mappata con il toponimo di Castello dei Bisani (Castellum Bisanum). Da questa data non si ebbero più notizie della mitica e vetusta città di Gargaros.

 

SGRotondo  chiesa con corpo centrale di forma rotonda

[La chiesa con corpo centrale di forma rotonda]

Secondo certi mitografi Giano sarebbe un eroe romano divinizzato, il quale avrebbe dato il proprio nome ad uno dei colli della città di Roma, il Gianicolo. Uno dei suoi figli si sarebbe chiamato Tiber, da cui il nome del fiume Tevere. Egli regnò con saggezza e onestà sull'intero Lazio. Fu l'inventore dell'uso delle navi e della moneta.  Infatti, le più antiche monete romane portavano sul diritto l'effigie di Giano e sul rovescio una prua di nave. In varie parti dell'Impero Giano ebbe molti santuari. Sul promontorio del Gargano, il cui culto lo troviamo accomunato con Vesta e Apollo, Giano ha dato il proprio nome a molte località, fra cui Stignano (Ostium Iani), Rignano (Ara Iani), Celano (Coelum Iani), Bisano ( Bis Ianum), Cagnano (Ca Iani) ed altri ancora. "Lo stesso Gargano - afferma S. A. Grifa - secondo una tradizione, veicola sul suo toponimo la voce fenicia "Argo Iani", nave di Giano". Al dio Giano sono direttamente collegati simboli, costumanze varie e credenze che hanno originato comportamenti e situazioni tali da contrassegnare la nascita stessa di alcuni siti e insediamenti del Gargano.  Giano in particolare, presiedeva alle soglie, ai passaggi, compreso quello da un periodo temporale all'altro. Lo stesso mese di gennaio, a lui consacrato, segnava il passaggio dal vecchio al nuovo anno. Con l'avvento del cristianesimo, le originarie feste di Giano furono sostituite con quelle dedicate a  S. Giovanni il Battista, a cui furono dedicati sul Gargano diversi santuari, fra cui il monastero di San Giovanni in Lamis, oggi Convento di San Matteo. Del resto la stessa città di San Giovanni Rotondo deriverebbe da  Bisanum (Bis Ianum, dio bifronte), con riferimento successivo ad una chiesa altomedievale, il cui corpo centrale aveva la forma rotonda.  Ed a tale proposito le ultime ricerche archeologiche hanno evidenziato che il tempio costruito ad est della città, venne costruito ex novo, in quanto nell'anno 642 era stato incendiato dalle orde slave alleate con i Bizantini nella guerra contro i Longobardi. E saranno proprio questi, ormai convertiti al cristianesimo, grazie anche all'assimilazione del culto di S. Michele, il cui santuario garganico era diventato uno dei più importanti della cristianità e luogo sacro della gente longobarda,  che ricostruiranno dalle fondamenta la chiesa, dando ad essa una funzione battesimale, la cui datazione dovrebbe essere assegnata alla fine del VI secolo o agli inizi del VII, nata in un contesto di costruzioni riguardanti strutture religiose altomedievali rurali. Più significativamente il monumento, a pianta interna ottagonale e rotonda all’esterno, si inserisce nella produzione artistica riguardante l’area longobardo-beneventana, con specifico riferimento alla chiesa di San Pietro in Barsento e di Santa Sofia di Benevento. Inoltre la sua struttura battesimale trova riscontro  anche in edifici coevi esistenti in Dalmazia, in territorio di Salona, Spalato e Zara. Quindi, come si vede, il legame con la terra degli Illiri permane ancora in tutto il Medioevo, non solo sul piano mitico, ma soprattutto sul piano culturale ed artistico.

"Con la cultura si può cambiare il futuro di una città. Lucera ci crede ed è pronta a scrivere, insieme alla comunità e alla Regione Puglia, il progetto per la candidatura di Lucera a Capitale italiana della Cultura 2026".

È quanto emerso durante "Lucera 2026: una comunità, una regione" che giovedì 17 agosto, in piazza Duomo, ha dato il via agli incontri di condivisione e partecipazione del progetto "Lucera 2026", città capofila dei Monti Dauni ed unica in Puglia candidata a Capitale italiana della cultura.
 
A raccontare la genesi della candidatura è stato il Sindaco di Lucera Giuseppe Pitta: «Tutto nasce dalla voglia di far conoscere la nostra bellissima città e di portare alla ribalta questa parte della Puglia. Siamo convinti che con il turismo e con la cultura si possa davvero cambiare il futuro di una città». E poi l’appello ai cittadini: «Senza le idee di ognuno di voi la candidatura non potrà decollare. È necessario creare senso di comunità e di partecipazione, perché solo così avremo una marcia in più».
 
Pasquale Gatta, co-coordinatore della candidatura a Capitale italiana della cultura con LINKS Foundation, ha illustrato le tappe che scandiranno il percorso, sottolineando l’importanza che Lucera sia l’unica città in Puglia candidata a Capitale italiana della cultura.
«Con la candidatura a Capitale italiana della cultura si innesca un processo virtuoso nelle comunità, si guarda tutti nella stessa direzione e al futuro pensando che una delle leve di sviluppo territoriale possa essere la cultura. Questa è già una grande vittoria di tutta la comunità. Ora parte la fase dell’ascolto, del dialogo e del confronto con tutta la comunità, faremo diversi incontri con ‘i giovedì della Capitale’, abbiamo lanciato il progetto ‘Lucera secondo me’ dedicato alle idee e ai progetti da candidare e l’1 settembre terremo una grande giornata di co-progettazione dove abbiamo bisogno di tutti», ha spiegato Gatta.
 
La Regione Puglia è l’unica in Italia ad aver istituito il titolo di Capitale cultura di Puglia, che viene conferito alla città pugliese che riesce ad arrivare nella short list delle 10 finaliste a Capitale italiana della Cultura. Il premio assegnato è pari ad un importo di 300 mila euro e servirà ad attuare i migliori progetti presentati nel dossier candidato al Ministero della Cultura, ha spiegato Gatta evidenziando che Mesagne è la Capitale del 2023 e Monte Sant'Angelo sarà capitale della cultura della Puglia per il 2024.
 
Se Lucera arriverà tra le 10 finaliste avrà quindi la certezza di essere Capitale della cultura di Puglia 2025 e avrà il sostegno della Regione, come dichiarato da Aldo Patruno - Direttore generale del Dipartimento Turismo, Economia della Cultura e Valorizzazione del territorio della Regione Puglia - che ha raccontato la storia di Bitonto, Taranto, Bari, Mesagne e Monte Sant’Angelo, città pugliesi candidate a Capitale italiana della cultura diventate Capitale cultura di Puglia.
«Faremo la stessa cosa con Lucera, abbiamo già inviato lo schema di accordo che sottoscriveremo insieme al Comune», ha dichiarato Patruno, che ha aggiunto: «È fondamentale per la città candidarsi con la sua specificità e con la sua identità, per questo è importantissimo il percorso per la preparazione del dossier che servirà a mettere insieme le idee, i progetti, le risorse. I progetti culturali non sono semplicemente le attività culturali e di spettacolo, ma sono innanzitutto l’idea che abbiamo di noi stessi», ha evidenziato Aldo Patruno sottolineando che oggi un quinto della ricchezza della Regione Puglia si produce in turismo e cultura, settori sostenibili e ad alto valore aggiunto.
 
La cultura, dunque, come principale strumento per migliorare la qualità della vita dei cittadini pugliesi
I nuovi fondi europei che saranno messi in campo fino al 2027 (pari a 6 miliardi di euro) ruoteranno attorno all’idea di welfare culturale: istruzione pubblica, sanità pubblica e cultura pubblica.
«Al welfare culturale abbiamo aggiunto l’idea del welfare turistico. Il turismo del futuro sarà quello in cui i cittadini che abitano stabilmente in una città vivono bene con se stessi, nelle relazioni sociali, con il proprio patrimonio culturale, cioè sono felici» ha evidenziato Aldo Patruno citando il fondatore di Slow Food Carlo Petrini “Quanto più i cittadini sono felici, tanto più quel territorio diventerà attrattivo per i turisti”.
Da qui l’importanza di investire in cultura, in identità territoriale, nella valorizzazione del benessere delle persone.
Il welfare culturale, inteso come inclusione sociale e coesione territoriale, insieme all’innovazione digitale rappresenterà uno dei quattro grandi temi al centro della candidatura di Lucera a Capitale italiana della cultura.
 
LE TAPPE
Per proseguire la corsa verso il titolo Lucera dovrà perfezionare la sua candidatura inviando - entro il prossimo 27 settembre - un dossier che sarà sottoposto successivamente alla valutazione di una commissione composta da sette esperti indipendenti di chiara fama nel settore della cultura, delle arti, della valorizzazione territoriale e turistica.
Il dossier di candidatura dovrà contenere: un titolo; il progetto culturale della durata di un anno, inclusivo del cronoprogramma e delle singole attività previste; l’organo incaricato dell’elaborazione e promozione del progetto, della sua attuazione e del monitoraggio dei risultati, con l’individuazione di un’apposita figura responsabile; la valutazione di sostenibilità economico-finanziaria del progetto culturale proposto; gli obiettivi perseguiti.
Entro il 15 dicembre 2023, la commissione definirà la short list delle 10 città finaliste, e la procedura di valutazione - dopo l’audizione pubblica dei progetti finalisti entro il 14 marzo 2024 - si concluderà per il 29 marzo 2024 con la proclamazione della Capitale italiana della cultura 2026.
Sono 26 le città italiane e le unioni di Comuni che hanno inviato la manifestazione d’interesse per il bando “Capitale italiana della cultura 2026”.
La città vincitrice, grazie anche al contributo statale di un milione di euro, potrà mettere in mostra, per il periodo di un anno, i propri caratteri originali e i fattori che ne determinano lo sviluppo culturale, inteso come motore di crescita dell’intera comunità.
 
LUCERA SECONDO ME
È il nome scelto per la chiamata aperta a tutti, un processo di co-progettazione e partecipazione attiva per scrivere, insieme, il futuro.
È possibile candidare idee e progetti che raccontano la propria visione di città e la visione di sviluppo del territorio compilando il modulo presente su Bit.ly/Lucerasecondome.
La comunità di Lucera e dei monti Dauni è chiamata a scrivere insieme il futuro della città e del territorio.
Perché è sull’ascolto che si fonda il dialogo, da cui scaturisce il confronto all’origine della condivisione. Quest’ultima si alimenta di visioni, idee e progetti che offrono sostanza e danno forma alla partecipazione, quindi alla comunità.
 
GLI APPUNTAMENTI A LUCERA
Fino al 27 settembre ci saranno tanti appuntamenti di confronto e condivisione con la città.
Il 1° settembre è in programma il tavolo di co-progettazione aperto a tutti.
Seguiranno cinque incontri, i “Giovedì della capitale”, 24 e 31 agosto, 7 e 14 settembre, con la partecipazione di esperti e facilitatori che aiuteranno a sviluppare e ad affinare idee e progetti.
 
A vincere sarà il miglior progetto: quello che la comunità di Lucera, dei Monti Dauni e dell’intera Regione Puglia, scriverà insieme.

Quattro giorni tra spiritualità, storia, passato e archeologia per dare il giusto valore a un luogo unico: le Isole Tremiti. E’ l’obiettivo di ANTIQUARIUM, rassegna di ricerca e studi patrocinata dal Comune delle Isole Tremiti nonché dal Ministero della Cultura, Provincia di Foggia e Pugliapromozione. L’evento – con attività condivise dalle Isole di San Nicola e San Domino si svolgerà dal 24 al 27 agosto ed è organizzato da Laboratorio del MA.RE., Marlin Tremiti, CDP Service in collaborazione con Pro loco e Hotel Eden.

Le Isole Tremiti hanno una storia millenaria e l’Abbazia Benedettina di San Nicola, unica nel suo genere per essere stata realizzata in mezzo al mare, è oggi la testimonianza più evidente.
Terra di esilio prima e poi crocevia di navigazioni, le Isole sono state sempre protagoniste della storia antica e se il valore storico appare evidente al solo avvicinarsi dal mare, le vicissitudini dell’arcipelago protrattesi per secoli, tra attacchi di pirati, turchi, poi divenute confino borbonico e ancora la solitudine durante i conflitti mondiali, hanno provocato la perdita di buona parte delle ricchezze storico-culturali, ad eccezione di alcune, conservate gelosamente nella chiesa di Santa Maria a mare di San Nicola. «Va in questa direzione anche l’impegno dell’amministrazione comunale – commenta il sindaco Luciano Cafiero -, teso a difendere e valorizzare il patrimonio storico-culturale e renderlo fruibile ai tanti turisti che, oltre alle bellezze del nostro mare, amano anche conoscere e vivere siti e momenti storici di cui le nostre Isole sono ancora ricche. Un benvenuto agli scienziati e ricercatori che converranno alle Tremiti e un plauso all’iniziativa, unica nel suo genere e di elevato spessore scientifico».

C’è un luogo dove queste testimonianze possono consentire di ricostruire e far rivivere a tutti l’antico passato delle Isole: nel suo mare. Isole uniche, in questo senso sono un vero museo sottomarino diffuso. Sono 14 i siti archeologici, dove si possono osservare relitti di naufragi noti e reperti ancora avvolti nel mistero. «Un serbatoio immenso di storia e vicende non solo delle Tremiti – aggiunge Adelmo Sorci, direttore scientifico del Laboratorio del MA.RE. – ma anche della terraferma. Il nostro mare è un immenso Museo dove reperti e relitti non attendono altro che il momento di essere “visitati” rimanendo su quei fondali che, per secoli, li hanno accolti. “Antiquarium” va in questa direzione: mettere questi tesori a disposizione dei nostri ospiti e dei residenti”.

Questa “Grande Bellezza” sarà raccontata nella quattro giorni di visite e convegni sul tema della valorizzazione delle risorse culturali e archeologiche con una serie di attività aperte a tutti e gratuite prevista registrazione sul sito www.marlintremiti.com.

PROGRAMMA

Giovedì 24 agosto

- Ore 18 Polifunzionale San Domino

Presentazione dell'evento "Antiqvarivm Tremiti"

- Ore 21.30 Piazza Belvedere | San Domino   

Antiqvarivm Tremiti: da Terra di esilio a itinerario di culto, poi colonia penale e infine la libertà, diventando Comune nel 1932. Serata di apertura con la presentazione degli ospiti, storici, archeologi e giornalisti per iniziare a raccontare la meravigliosa storia delle Isole Tremiti

Venerdì 25 agosto

- ore 18 Polifunzionale | San Domino 

Cinema | Tremiti: un Mare di Storia. Un grande viaggio nelle meraviglie archeologiche sommerse. Presenta Adelmo Sorci, direttore del Laboratorio del Mare           

- Ore 21 Chiostro | San Nicola  

2000 anni di storia delle Isole Tremiti raccontati da 14 siti archeologici sommersi.
Musealizzazione, fruizione e ricerca scientifica: il moderno lavoro della Soprintendenza con la partecipazione di funzionari del patrimonio culturale subacqueo, archeologi ed esperti subacquei.

Sabato 26 agosto

- Ore 15 Riserva Marina in Barca. Dal Mare... alla scoperta delle Isole Tremiti per conoscere la sua storia millenaria, le particolarità naturalistiche, geologiche e morfologiche. Scoprirete che ci sono 14 siti archeologici sommersi, dalla Nave Oneraria Romana del II sec. a.C. alla nave Medievale carica di lastroni, dal piroscafo a ruote utilizzato da Garibaldi per la spedizione dei “Mille”, al Brigantino Austriaco affondato nel 1825 e ad un B-24 della Seconda Guerra Mondiale.                      

- Ore 21.30 Abbazia di Santa Maria a mare | San Nicola   

Una Notte in Abbazia. Monaci e Monasteri nel Medioevo. Tra spiritualità, storia e cultura scopriremo e illustreremo i Tesori artistici dell’Abbazia di Santa Maria a Mare di San Nicola: il Mosaico pavimentale, il Crocifisso ligneo dipinto, il Polittico il Soffitto ligneo, i Graffiti navali.

Domenica 27 agosto

- Ore 10 Polifunzionale | San Domino   

La Storia è il futuro turistico dei borghi: le Isole Tremiti possono fare a meno del mare?

Interverranno:

Barbara Davidde (Soprintendente della Soprintendenza Nazionale per il patrimonio culturale subacqueo), Anita Guarnieri (Soprintendente della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio Provincie di BAT e Foggia), Angelo Michele Raguso (Responsabile area funzionale  Patrimonio Storico artistico, Donatella Pian (Funzionario archeologo - Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio Provincie di BAT e Foggia), Giuliano Volpe (Ordinario di Archeologia all’Università di Bari), Danilo Leone (Associato Metodologie della ricerca archeologica Università di Foggia), Maria Turchiano (Associata  Archeologia Cristiana e Medievale Università di Foggia), Adelmo Sorci (Responsabile delle attività di ricerca scientifica del Laboratorio del Mare) e Antonio D’Amico (giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno).

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