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messaggio di + P. Franco Moscone crs.

«Carissimi e carissime

La guerra è pura follia, ed è nemica sia della ragione che della fede. Al contrario, la PACE nasce da cuori pensanti e menti illuminate. Certo, il più grande nemico della PACE è lo scoraggiamento, la rassegnazione, peggio ancora l’indifferenza: subdola convinzione che la PACE sia solo il prodotto di accordi tra potenti della terra, mentre è interesse vitale di ogni persona. Per questo, coloro che domani si metteranno in marcia nelle piazze d’Italia compiono un’azione propositiva, di alto valore politico e di autentica cittadinanza attiva: a questo unisono grido di PACE mi unisco anche io, impossibilitato a partecipare per motivi di salute. Come persone che credono nei valori della Costituzione, e a maggior ragione come credenti in Cristo, principe della Pace, non possiamo rimanere neutrali: ci indigniamo e gridiamo un secco no all’uso delle armi e a ogni forma di violenza perpetrata in nome di ideologie e imperialismi economici e politici. Se la guerra ci ha resi spettatori, la PACE ci chiede invece di diventare protagonisti, per ritessere relazioni umane e internazionali che promuovono la vita e la dignità di ogni uomo e donna insieme al rispetto del Pianeta. Per questo nessuno dovrebbe domani chiudersi a difesa delle proprie comodità, o preferire rimanere appartato in sacrestie o anonimi luoghi che si definiscono “religiosi”: la PACE non riguarda solo chi è in situazione di guerra, ma riguarda tutti, nessuno escluso.  Che le manifestazioni di domani siano un segno di rottura e di rifiuto della logica della strapotenza, e non per paura, ma per convinzione, e per noi cristiani annuncio di Vangelo. Come diceva don Tonino Bello, “la PACE non è un bene di consumo, ma il prodotto di un impegno.  Non un nastro di partenza, ma uno striscione di arrivo. La pace prima che traguardo, è cammino. E, per giunta, cammino in salita”. E, allora, domani invito tutti, piccoli e grandi, a schierarsi per la PACE, in modo da realizzare un radicale cambio di direzione e dare una svolta a questa nostra storia».

Pronti altri sei nuovi importanti avvisi pubblici a valere sul Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 tra cui un intervento eccezionale in favore degli agricoltori e imprenditori particolarmente colpiti dagli effetti del conflitto russo ucraino.

“Abbiamo incontrato questa mattina – ha fatto sapere l’assessore regionale all’Agricoltura, Donato Pentassuglia - i rappresentanti del partenariato socio economico pugliese per condividere e accogliere pareri e indicazioni in vista dell’imminente pubblicazione dei nuovi bandi”.

I nuovi avvisi sono dedicati al sostegno per

  • investimenti strutturali delle imprese di giovani agricoltori (Sottomisura 4.1b);
  • ammodernamento della viabilità rurale (Sottomisura 7.2 b);
  • infrastrutture finalizzate alla fornitura di servizio agrometeorologico per l’attuazione  corretta delle pratiche agricole nel campo della difesa integrata e dell’irrigazione e per

l’applicazione delle prescrizioni previste dalle Misure agroclimatico-ambientali del PSR (Sottomisura 4.3c);

  • sviluppo della cooperazione di filiera, alla sua creazione, crescita commerciale e promozione (Sottomisura 16.4);
  • sviluppo delle aree forestali e il miglioramento della redditività delle foreste (Sottomisura  8.1).

“Si tratta, nello specifico -  ha sottolineato Pentassuglia -,  di quattro importanti avvisi pubblici che, con un importo complessivo di circa 60 milioni di euro, favoriranno nel medio lungo periodo il miglioramento del sistema agro forestale pugliese. A questi si aggiunge un intervento specifico, a valere sulla Misura 22 del PSR Puglia, di tipo eccezionale che, con una dotazione finanziaria di 7 milioni e mezzo di euro, avrà l’obiettivo di sostenere, con una piccola iniezione di liquidità, le imprese zootecniche, operanti nei settori della produzione di carne e del latte, colpite dalla crisi energetica e dal blocco delle importazioni causati dal conflitto bellico purtroppo ancora in atto”.

Parlare di Corn Flakes evoca diete, colazioni e non s’immagina, che queste paroline, letteralmente, fiocchi d’avena, diedero il nome ad una operazione top-secret dell’Office of Strategic Services degli U.S.A., il servizio segreto americano creato nel 1942, antesignano della C.I.A. e che, appena occupata nel corso della seconda guerra mondiale la Capitanata e trasformata in un vero e proprio gigantesco aeroporto, ebbe una sede a Foggia, ove fu attivo dal 1943 al 1945.

In questi anni il servizio segreto americano ebbe modo di attivare anche una missione segreta, di propaganda e guerra psicologica nei confronti della Germania, denominata operazione “Corn Flakes”.

Liberata Foggia nel 1943, infatti, gli alleati costruirono nella pianura Dauna decine di nuovi aeroporti da cui i loro bombardieri potevano raggiungere in autonomia i Balcani e la Germania stessa e per l’importanza strategica della città di Foggia, vi fu anche insediata una sezione dell’O.S.S. che diede il via ad un’operazione di propaganda sovversiva nel cuore della Germania.

Corn Flakes consisteva nel realizzare migliaia di volantini, lettere e giornali, tutti falsi, ricchi di notizie in controtendenza con la propaganda del Reich, al fine di informare sulla verità della disfatta tedesca e scoraggiare la popolazione tedesca.

Gli indirizzi sulle false lettere furono tratti da vecchie rubriche tedesche ed altre informazioni ricavate interrogando i prigionieri tedeschi.

Furono realizzate copie dei sacchi per la corrispondenza utilizzati dal servizio postale tedesco che, riempiti di falsi giornali e lettere, venivano poi lanciati sorvolando pericolosamente a bassa quota le stazioni e le tratte ferroviarie.

Dopo la confusione che si creava con i bombardamenti ed il deragliamento dei vagoni ferroviari, venivano lanciati i falsi sacchi (nella foto di seguito fornita da Carmine de Leo, ndr.) che, recuperati dai Tedeschi e reputati come vera corrispondenza dispersa nell’azione di bombardamento, erano poi regolarmente recapitati.

i falsi sacchi postali tedeschi Foggia 1943

Le lettere contenevano messaggi scoraggianti dai fronti di guerra, falsi bollettini, comunicati di false associazioni femminili, come vedove di guerra o madri che avevano perduto i figli al fronte, che incitavano alla rivolta contro i nazisti; oltre a falsi giornali con notizie deprimenti sulla guerra.

Lo scopo era naturalmente quello di scoraggiare i nemici tedeschi e terminare al più presto il conflitto mondiale.

Incaricato del lancio di questa falsa corrispondenza era il Gruppo 14° Fighter Squadron del 15° Air Force americano che partiva anche da Foggia; attaccati i treni delle linee tedesche con bombe vere e fumogeni, gli aerei ripassavano poi sugli stessi convogli per lanciare la falsa corrispondenza.

Lettere, volantini e giornali venivano stampati a Roma presso la tipografia di Aristide Staderini, in Via Baccina, sotto il coordinamento di un italoamericano, Egidio Clemente e poi trasportati sotto scorta con dei camion fino a Foggia.

Negli aeroporti della nostra città venivano realizzate speciali bombe costruite per inserirvi i falsi sacchi postali tedeschi e altro materiale propagandistico, che, affidato agli aerei del 14° Fighter Squadron, veniva poi lanciato in territorio tedesco.

Nel dopoguerra, il Clemente donò molto materiale superstite alla Fondazione Anna Kuliscioff con sede in Milano, ove si conserva nel fondo “Moral Operation”.

Terminata la guerra, nel 1945 fu pubblicato un anonimo opuscolo: “The story of cornflakes, pig iron and sheet iron”, la storia di Cornflaker, ghisa e lamiere di ferro ! altro materiale sull’operazione Cornlakers si conserva attualmente presso l’Archivio Nazionale degli Stati Uniti d’America.

"Non possiamo voltare le spalle a chi cerca la salvezza mettendo a rischio la propria vita, né vogliamo dimenticare tutte le crisi umanitarie che, in ogni parte del mondo, alimentano i flussi di persone disperate in cerca di una terra in cui vivere dignitosamente. Nella Giornata mondiale del Rifugiato, ribadisco l'impegno del CISOM per dare risposte concrete, tempestive, solidali a quanti fuggono dalle loro case. Noi del CISOM siamo al loro fianco ogni giorno e lo saremo sempre”. Sono le parole che Gerardo Solaro del Borgo, Presidente del Corpo Italiano di Soccorso dell'Ordine di Malta – CISOM ha reso pubbliche in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato (lunedì 20 giugno).

Sono quasi 4000 – di cui 450 medici, 350 infermieri e 120 psicologi - gli uomini e le donne che ogni giorno indossano la divisa rossa del CISOM e si mettono a servizio di migranti e rifugiati. Da 14 anni il CISOM è in prima linea per garantire assistenza sanitaria - sin dalle prime fasi delle operazioni di soccorso - alle persone che cercano di attraversare il Mediterraneo. Dal 2008 a oggi, nell'ambito del Progetto P.A.S.S.I.M. III (primissima assistenza sanitaria in mare), il CISOM ha assistito, insieme alla Guardia Costiera, circa 200.000 migranti. Ad oggi, sono 5 le squadre sanitarie - medico e infermerie - operative 24h/365 giorni, presenti sull'Isola di Lampedusa che prestano servizio a bordo delle motovedette e Unità Navali maggiori della Guardia Costiera, a cui si aggiunge 1 medico CISOM distaccato presso il nucleo aereo di Catania per MEDEVAC in elicottero (Medical Evacuation).Tra di loro ci sono anche Luigi e Marzia, medico in pensione lui e infermiera in un Pronto Soccorso lei, diversi per età e professione ma uniti dallo stesso impegno nel volontario con il CISOM. Una figura preziosa la loro, che in diverse missioni, a largo di Lampedusa, ha permesso di salvare da morte centinaia di migranti naufragati nel Mediterraneo. "Una delle cose a cui penso spesso è il coraggio che ha una madre nel prendere un bambino piccolo e metterlo a bordo di un'imbarcazione con altre persone e affrontare il mare in condizioni non sempre ottimali, mettendo a repentaglio la vita”, racconta Luigi Buonaiuto, 67 anni medico chirurgo in pensione, nel CISOM dal 2014 che ha partecipato a diverse missioni di soccorso in mare a largo di Lampedusa a bordo delle navi e degli elicotteri della Guardia Costiera. "Sono tanti i volti di chi abbiamo salvato da morte certa in questi anni, fatico quasi a ricordarli. C'è un volto, però, che è fisso nella mia memoria e mi accompagna giorno dopo giorno ed è legato a quella che nei miei ricordi è stata la missione più brutta. C'era un gommone che stava affondando e abbiamo salvato sei persone dall'annegamento sicuro ma, purtroppo, abbiamo perso una bambina di un anno. Il volto dei salvati l'ho rimosso ma non dimenticherò mai quello della bambina che avevamo avvolto in un telo termico e ha fatto il viaggio di ritorno sulla terra ferma con noi. Sono state nove ore in cui, noi del CISOM insieme all'equipaggio della Guardia Costiera, siamo rimasti in silenzio. Nessuno aveva voglia di parlare. Abbiamo salvato sei persone in arresto cardio respiratorio, stavano annegando e li abbiamo ripresi per un soffio ma non riesco a togliermi dalla mente che non abbiamo salvato quella piccola”.      

"Per noi volontari non esiste la parola migrante ma solo fratello, quel fratello che viene da molto lontano e che non vediamo l'ora di abbracciare e di curare - aggiunge Marzia Raponi, 44 anni e volontaria CISOM dal 2021 che ha preso parte alle operazioni SAR (Search and Rescue) a bordo delle motovedette della Guardia Costiera nel tratto del Mar Mediterraneo tra l'Africa e l'Isola di Lampedusa -  Nei loro occhi lucidi di gioia, traspare la speranza per un futuro migliore, per un domani più prospero di belle emozioni. In quegli sguardi, in quelle parole scambiate, in quegli abbracci donati ai più piccoli, c'è tutto l'amore, l'umanità e l'accoglienza di cui ogni essere umano ha bisogno.

C'è anche un altro fronte dove si stanno concentrando le forze dei volontari con il basco rosso, è la frontiera di Siret, nel nord-est della Romania al confine con l'Ucraina. Sul posto, dall'inizio dell'emergenza, circa 30 volontari hanno messo a disposizione il loro tempo per portare aiuto alla popolazione ucraina. In questi mesi il CISOM ha lanciato una raccolta fondi di emergenza, e in parallelo una campagna di raccolta di beni di prima necessità, per rispondere alle necessità cui stanno dando risposta senza sosta i volontari. Grazie al sostegno degli italiani sono stati raccolti 720 pallet - 8.750 colli con prodotti alimentari, oltre 6.000 colli con farmaci e prodotti per l'igiene personale, più di 8.000 colli con abiti e coperte, 150 culle e passeggini, 3 generatori elettrici e una tenda ospedaliera – stipati in 22 bilici da 13 metri e trasferiti al confine con l'Ucraina.  

 

Anonymous attacca i russi e i russi attaccano tutti chi sta contro di loro. È la guerra parallela che si sta svolgendo in Ucraina, dove il cyber non è da meno. Il collettivo hacker filorusso KillNet, in un post pubblicato sul loro canale Telegram «30 maggio - 05:00 il punto d’incontro è l’Italia!... Sarà terribile».

Giorno e ora sono stati resi noti, a dimostrazione della forza che avrà. Un messaggio che ha preoccupato tecnici e analisti del Computer Security Incident Response Team (CSIRT Italia) dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale poiché, dopo verifiche, lo cataloga fondato e ad alto rischio di riuscita.

Una minaccia contro l’Italia che vedrebbe out molti sistemi informatici statali, governativi , economici, della stampa, della sicurezza e sanità, insomma un blocco totale di nostri computer e apparecchiature che utilizzano il web.

Quella di KillNet sembra la risposta al cyber attacco che Anonymous sferrò al sito web, “killnet.ru", del collettivo russo, oscurandolo.

E allora perché KillNet ha scelto proprio l’Italia, sapendo che chi li ha oscurati sono hacker ucraini? La risposta potrebbe stare nella volontà del nostro paese a sostenere l’Ucraina, mandandogli armi e aiuti umanitari, una vera e propria vendetta per affermare la loro forza e testare la nostra sicurezza informatica.

Il CSIRT Italia raccomanda a tutti un «attento controllo sulle infrastrutture IT h24 teso a individuare evidenze di attacchi o comunque anomalie», raccomandando di «implementare con effetto immediato, ove non già provveduto, le azioni suggerite con particolare riguardo alle mitigazioni delle vulnerabilità maggiormente sfruttate da attori malevoli di matrice russa e alle misure di mitigazione degli attacchi di tipo DDoS», invitando in caso di cyber attacco di avvisarlo tempestivamente.

Intanto la Procura di Roma ha avviato un’indagine, coinvolgendo anche i tecnici informatici delle Forze dell’ordine, in primis la Polizia Postale.

Ovviamente nessun utente è al sicuro, per furto di dati, per blocchi dei sistemi informatici e per intrusioni inaspettate con conseguenze letali sia per i computer, sia per i dati sensibili, arma letale per rivendicazioni ed estorsioni.

Parabellum, una parola per la guerra. Il 29 maggio a Foggia Mediante, AVL e Teatro della Polvere si misurano sull’arte visiva.

Stimolare una riflessione sulla (inutile) produzione d’armi, sull’uso superficiale di parole e oggetti nel nostro uso quotidiano che fanno parte di un lessico e di situazioni belliche. Il collettivo Mediante di Foggia e la società AVL con il sostegno del Teatro della Polvere si interrogano sull’”in-utilità” di molti gesti e alcune parole.

EVENTO GRATUITO.

“Parabellum. una parola per la guerra” è la videoinstallazione con performance partecipata (aperta al pubblico) che il collettivo foggiano realizzerà dinanzi al pronao della villa comunale di Foggia domenica 29 maggio dalle ore 19 alle ore 22. Un’idea sfidante, provocatoria, di forte impatto visivo, e non solo, che ha lo scopo di scuotere la polvere dell’ovvio, dell’abitudine e di stimolare interrogativi e nuovi pensieri.  Un lavoro del 2017 che viene riproposto a distanza di 5 anni a sottolineare non solo l’attualità, ma la necessità di parole, gentili e di condivisione, al posto della guerra. Da qui il significato di “una parola per la guerra”: nei conflitti armati non vi sono parole. La mancanza di parole genera situazioni non di pace.

IL TRAILER DI "PARABELLUM. UNA PAROLA PER LA GUERRA"

LA PERFORMANCE

Due ledwall verticali, dall’altezza superiore ai due metri, ai lati del pronao della villa, uno proietta il video di una donna di origine ucraina che legge il significato della parola pace nella sua lingua natia e sull’altro il video di una donna russa che legge anche lei il significato della parola pace, ma in russo. Al centro, dal vivo, due performer che trasportano una custodia di ferro, scomoda e pesante, la aprono, iniziano a montare quella che sembra un’arma da guerra: un fucile o un bazooka. Il rumore di ferraglia che caratterizza il montaggio evoca, inizialmente, sentimenti di paura, di instabilità e, in seguito, di stupore quando, inaspettatamente, quella che sembra un’arma si palesa, invece, come un leggio su cui viene poggiato un dizionario di lingua italiana. Anche i due attori, entrando in dialogo con le due donne, leggono il significato della parola pace nella loro lingua di origine. I performer lasciano spazio a chi vorrà avvicinarsi a leggere una parola qualsiasi del dizionario. È un NO, chiaro ed evidente, alla inutilità della produzione bellica: il mondo non ha bisogno di un’arma da guerra in più, ma di più parole, non vacue ma di costruzione.

Il leggio è una realizzazione dell’artista visivo Pasquale Oa, del collettivo Mediante. Ogni singolo pezzo del manufatto è stato pensato, attraverso un disegno ossessionato, esasperato, per avviare una riflessione su quei linguaggi, quei codici stilistici propri di alcuni oggetti del nostro quotidiano e che ci legano, in maniera drammatica, alla guerra. 

IL SIGNIFICATO 

Perchè esistono giacche che rievocano una divisa militare? Perchè diventano un capo di abbigliamento di moda? E ancora, perchè Cartier, nel 1917, in piena Prima guerra mondiale, presenta “Cartier tank”, una collezione di orologi ispirata ai carri armati? Vi è una legittimazione della guerra in questo uso improprio degli oggetti, e ancora di più della creatività, che il collettivo Mediante vuole porre sotto i riflettori. 

Da una parte, quindi, una ricerca e una riflessione sul rapporto tra uomo e oggetto e dall’altra un omaggio alla parola. L’abitudine all’impiego delle cose in maniera propria o impropria corrisponde, per gli artisti della performance, all’utilizzo proprio o improprio delle parole ed è per questo motivo che è possibile confrontarsi con il loro significato: mentre alcuni progettano oggetti per risolvere problemi quotidiani, altri si occupano della progettazione, minuziosa e dettagliata, di oggetti pensati per distruggere, uccidere. Alcuni usano parole per incitare odio, altri parole per creare ponti.

«Può creare straniamento vedere montare un leggio come se fosse un fucile. Questo sentimento di confusione è lo stesso che provo ogni volta che vedo oggetti dell’ambiente bellico utilizzati dai bambini o da adulti più o meno coscienti di quello che hanno nelle loro mani - sottolinea Pasquale Oa, ideatore della performance. L’interrogativo ha prodotto “Parabellum. una parola per la guerra” che è una ricerca che segue una mia precedente indagine sul concetto di rifiuto legato all’essere in-utile. Su un qualsiasi dizionario di lingua italiana la parola prodotto ha come significato: tutto ciò che la terra produce, se alla parola aggiungiamo l’aggettivo industriale ci riferiamo, invece, a tutto ciò che nella terra va a finire producendo una merce e quindi un rifiuto. Spesso faccio riferimento a un testo di Enzo Mari che recita così: “caratteristica vitale della merce è quella rapida obsolescenza che ne consente la continua riproposta. Colgo l’occasione per una feroce esemplificazione, non così paradossale per il suo riferimento alla morte (sia pur del pensiero): i proiettili di un’arma da guerra che possono essere usati soltanto una volta, in continuazione…”.».

“L’incontro con il Collettivo Mediante di Foggia è un incontro fortunato. Condividiamo lo stesso approccio all’arte e alla riflessione: lo strumento del visual è, non solo d’impatto, ma fortemente simbolico. Per questo motivo, abbiamo deciso di condividere l’avventura della produzione di Parabellum. una parola per la guerra, coinvolgendo anche gli artisti del Teatro della Polvere – ha dichiarato Andrea Pontone, presidente di AVL.  La nostra azienda affonda le sue radici nel teatro, ma, come l’arte è in continuo movimento così anche noi abbiamo, con il tempo, cambiato pelle mantenendo però il focus sulla produzione di eventi che possano far vivere un’esperienza irripetibile al pubblico.  Hic et nunc: qui e ora, nel continuo desiderio che i nostri spettatori (chiunque essi siano: da quelli paganti di un teatro, ai cittadini che assistono a una performance) possano vivere appieno le emozioni del momento”.

CHI SONO I PROMOTORI

Collettivo Mediante - Foggia: collettivo di resistenza artistica a sostegno dell'attività culturale, in quanto unico elemento necessario alla sopravvivenza umana

AVL - Foggia: società di produzione e servizi per le attività artistiche. Con un focus importante sulle nuove tecnologie, l’azienda è specializzata in allestimenti scenici, congressuali e digitali. 

Teatro della Polvere - Foggia: dal 2016 anima la scena teatrale foggiana, e non solo, con rassegne, laboratori e workshop per giovani e adulti. Dal 2022 le sue attività sono in partnership con AVL. 

Parabellum. una parola per la guerra
Videoinstallazione con performance partecipata

29 maggio 2022 dalle 19 alle 22
Pronao della villa comunale di Foggia

da un’idea di Pasquale Oa

Una produzione Collettivo Mediante e AVL
con il sostegno di Teatro della Polvere

performer:

Deborah Carlucci
Mariangela Conte

 

L’ipocrisia mediatica è al culmine della demenza belligerante di chi con le guerre trae profitti.

Parlano, scrivono di armi difensive, come se non uccidessero.

È un messaggio artatamente architettato che in modo subliminale dobbiamo convincerci che esistano armi difensive, corroborato dall’aggettivo letale quando si parla di quelle nemiche.

È la sterile polemica di chi politicamente si gonfia, tronfio, di consensi e voti.

Un’arma è difensiva e offensiva allo stesso tempo. È sempre letale. Uccide! Assassina! Toglie la vita! È letale di per sé, è offensiva e difensiva nel momento che viene utilizzata. E la usa una persona.

Ci dicono, ci inondano di messaggi Tv, radio e della stampa nazionale, che all’Ucraina stiamo mandando armi difensive, contro quelle offensive della Russia.

Certo è che Zelensky, che non è uno stinco di santo, si debba difendere dal criminale Putin.

Ma che molti governanti e politici, giornalisti, opinionisti, commentatori, dicano che le armi utilizzate per contrastare la guerra, per altri è solo un conflitto o un'operazione speciale, siano difensive è la boutade di belligeranti al soldo di organizzazioni transnazionali che come pupari muovono i fili di governi pupi che fagocitano potere geopolitico.

Sappiate che siete solo degli ipocriti parabellum.

Non è che a me piacesse la trasmissione, a volte la seguivo perché c’è sempre da imparare da chi ci mette la faccia e il nome e anche da soppesare i contenuti. Tuttavia devo dirlo, spesso era forzatamente direzionale su alcuni temi e a volte sarcasticamente irridente verso personaggi terzi, con incursioni di faziosi e irriverenti opinionisti eremiti su vette alticce.

Ma la libertà di stampa, anche quella che da molti è definita di parte o pretestuosa, che fa parlare i dissonanti dal coro governativo o europeo, non va mai chiusa.

Zittire una voce forse perché tra queste ce n'era una solista, invitata e pagata, ma libera di dir la sua, è l'ennesima dimostrazione che quel 58esimo posto è più che meritato.

Ora, seguendo il “dogma” imposto come filo conduttore della tanto blaterata “corretta informazione” promossa con tanto di spot contro le fake news, sarebbe "giusto" zittire anche trasmissioni che ostentano senza pudori eventi belligeranti che il giornalismo dovrebbe analizzare, ponderare, provare senza ombre e con incontrovertibili documenti alla mano, e non solo per patti e firme messe su carte che ora ci legano a "contratti" da cui come Paese non possiamo prescindere senza sanzioni politiche, finanziarie e commerciali.

"Cartabianca" non andrebbe chiusa e/o interrotta, come le gole profonde di viale Mazzini stanno dicendo e, di fatto, zittire Bianca Berlinguer, giornalista, che ha tutto il diritto di far il suo lavoro, che piaccia o no, ha una funzione pubblica di informazione.

La verità, sempre secondo altre gole profonde della RAI, è che la trasmissione è stata solo interrotta e riprenderà in autunno, come avverrà per altre durante l’estate.

Chi credere? La verità potrebbe star nel mezzo, far riposare Bianca (far tacere Orsini) e decidere per la prossima stagione, contenuti in primis, ovvio.

Tanto per ricordare..., pochi giorni si è, diciamo per dire..., festeggiata la Giornata Mondiale della libertà di stampa, proclamata il 03 maggio 1993 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, con l'obiettivo di garantire ai cittadini una corretta informazione e metterli al corrente delle violazioni della stampa libera. Difendere i media dagli attacchi alla loro indipendenza e rendere omaggio ai giornalisti che hanno perso la vita nell’esercizio della loro professione. Al centro del mandato dell’UNESCO c’è la libertà di stampa e la libertà di espressione. L’UNESCO ritiene che queste libertà consenta la comprensione reciproca per costruire una pace.

Appunto, libertà di stampa e la libertà di espressione come costruttrice di pace dove insistono guerre, e non solo quella attuale in Ucraina, laddove la prima a morire è proprio la verità.

Piuttosto si valuti il tanto "riservato" ministro della difesa Guerini che secreta gli armamenti "donati (?)" all'Ucraina, e poi il vice ministro dell'Interno ucraino Yenen li ostenta in TV, parlando di 43 mezzi di artiglieria pesante per poi, imbarazzato per esser stato ripreso dalla conduttrice, correggersi con 43 mezzi antincendio.

Al segreto di Pulcinella solo gli stupidi ci credono. Totò avrebbe detto “Ma mi faccia il piacere!”

Ad Maiora!

#puntidisvista  ♨️ #freethinker #libertàdistampa #bavaglio #cartabianca #nofakenews #warucraina  #NoWAR  #PeaceUcraina

In questa situazione di raccoglimento in noi stessi, con limiti di libertà e rispettosi delle leggi per difenderci da avvenimenti nefasti e drammatici come la pandemia e la guerra fra Russia e Ucraina, possiamo riflettere maggiormente sul presente e, quindi, individuare quegli aspetti negativi di cui oggi la società globalizzata ci pone sotto gli occhi. Aspetti legati non solo a ciò che oggi sta succedendo, ma soprattutto agli errori che la politica ha fatto in questi ultimi anni, specie per quanto riguarda il ritorno dell’individualismo esasperato, tanto da trascurare quei legami forti e inderogabili, come la libertà, la democrazia, la solidarietà fra le persone, il rispetto della dignità umana, che tengono in vita le comunità, ma soprattutto le nazioni.

 In questi anni, secondo i principi dell’ideologia della globalizzazione, che fa capo a quella del neoliberismo e quindi del capitalismo, l’uomo è stato assoggettato al libero mercato e a tutto ciò che ruota intorno ad esso, come il commercio, le banche e quindi il denaro, la finanza, quale elemento portante dell’economia e, infine, il profitto ad ogni costo, che rende l’uomo succube del mercato e, quindi, dell’interesse privato, e tutto questo a discapito del “bene comune” e quindi della solidarietà fra i popoli e le persone. Tutto ciò ha condizionato soprattutto la politica che ha perso la sua libertà di azione e quindi la sua libertà di decisione, in quanto tutto ruota intorno al profitto,  che determina, in bene o in male, l’economia. Ma questo è solo un aspetto della globalizzazione. Purtroppo, la politica, vuota di potere, ha reso inerme e insignificante lo Stato, tanto da svuotarlo di ogni significato e valore. Solo di fronte a determinati problemi o fenomeni di vasta portata, come oggi la pandemia o la guerra in atto,  le nazioni stanno riprendendo o acquisendo il loro ruolo e, quindi, ripristinare i propri poteri decisionali,  per la salvaguardia della salute e del rispetto della libertà dei popoli. Adesso con alcuni problemi di grande dimensione planetaria, sia a livello sanitario che a livello politico, come la guerra in atto, per non parlare poi della salvaguardia dell’ambiente e quindi dell’atmosfera,  si prende coscienza del ruolo che una Nazione deve avere per la salvaguardia della salute dei propri cittadini, ma soprattutto per la salvaguardia di alcuni principi di democrazia e di libertà, visti nell’ambito del proprio territorio. In un certo qual modo non solo lo Stato, quanto le persone stanno recuperando il senso di appartenenza alla propria Nazione, rafforzando così il senso comunitario, a dispetto dell’individualismo esasperato sorto dalla globalizzazione.

Purtroppo in questi ultimi anni la politica ha perso il suo orizzonte come referente verso il popolo, il quale si sente estraneo ad essa, in quanto incapace di mantenere le promesse per una società equa e solidale, una politica che non ascolta e non recepisce le esigenze della gente, tanto da innescare una triplice crisi: quella della democrazia rappresentativa, quella del  rapporto solidale fra le persone e infine la sovranità dello Stato e quindi del “bene comune”.  Afferma a tale proposito C. Bordoni: “Lo stato di crisi delle società occidentali sembra ormai irreversibile: nello spaesamento e nell'insicurezza del caos globale. La categoria della modernità liquida è ormai troppo vaga ed elusiva. Non basta più a interpretare la nostra epoca, in cui vengono meno le sicurezze economiche del sistema produzione-lavoro-consumo-consumismo, ma anche le tradizionali idee di massa, comunità, uguaglianza, classe e, soprattutto, progresso. Il disordine è avvertito in ogni parte del mondo, contemporaneamente. Per la prima volta non c'è un posto migliore in cui rifugiarsi: non c'è alternativa a un sistema globale che sta crollando. L'incertezza del futuro è dunque il tratto più caratteristico della nostra condizione, che si esprima sotto forma di resistenza, paura, egoismo o semplice senso di precarietà e impotenza”. Paura del presente, ma soprattutto del futuro. E tutto questo lo vediamo oggi di fronte alla pandemia e alla guerra in Ucraina. E allora, a questo punto, ci si chiede: Quale futuro per l’uomo? Certamente l’uomo deve riappropriarsi del potere di determinare il proprio futuro, superando o limitando, la propria hybris,  cioè la propria superbia, l’arroganza di determinare e soggiogare altri popoli con la forza e le minacce, anche quella nucleare,  riacquistare la consapevolezza dei propri limiti, rinunciando al suo protagonismo assoluto e quindi a quell’Homo Deus  che purtroppo in tutti questi anni si è prefissato di raggiungere calpestando non solo la dignità dell’Homo Sapiens, ma soprattutto la Natura intesa come Madre Terra, nella sua biodiversità e, quindi, nel suo essere fonte di vita.

“Otto bambini e quattro adulti sono appena arrivati in Puglia dall’Ucraina. Quattro bambini necessitano di cure in Ospedale e verranno ricoverati al Giovanni XXIII insieme alle loro mamme. L’operazione di trasferimento in aereo è andata a buon fine: il nostro personale, guidato dal dott. Felice Spaccavento e composto dall’infermiera Giuseppina Muggeo e dalla mediatrice culturale della Regione Puglia Karina Pershyna, si è recato questa mattina da Bari in Polonia, in prossimità del confine con l’Ucraina, a prenderli. Siamo pronti a dare loro tutte le cure e l’assistenza di cui hanno bisogno. Ringrazio tutti coloro che sono al lavoro per dare supporto e accoglienza”.

Sono le parole del presidente della Regione Puglia con riferimento alla missione pugliese grazie alla quale sono state messe in salvo oggi quattro mamme e otto bambini in fuga dall’Ucraina.

Un ATR42 della Guardia Costiera di Catania è partito da Bari stamane alle 9,30 verso l’aeroporto di Rzesow in Polonia, a circa 70 km dal confine con l’Ucraina, per poi ripartire nel primo pomeriggio e atterrare alle 17,30 all’aeroporto di Bari-Palese, con a bordo il gruppo di 12 rifugiati. Assieme al medico rianimatore Felice Spaccavento, che ha seguito l’operazione per quanto riguarda gli aspetti sanitari, in particolare per le prime verifiche sulla salute di donne e bambini e, appena giunti a Bari, l’esecuzione di tamponi anti-Covid, c’erano l’infermiera Giuseppina Muggeo e la mediatrice culturale della Regione Puglia Karina Pershyna.

LE IMMAGINI DELL'ARRIVO

La missione è stata condotta in coordinamento con il Servizio di emergenza territoriale 118, per i necessari trasferimenti, e con il Policlinico di Bari, che si occuperà delle cure da prestare a quattro piccoli ucraini, vista la loro condizione di fragilità, nell’Ospedale Giovanni XXIII.

I quattro piccoli pazienti, dai 10 ai 16 anni con patologia diabetica, sono stati ricoverati presso il reparto di malattie metaboliche dell’ospedale pediatrico Giovanni XXIII e sono assistiti dagli specialisti diabetologi del reparto Maurizio Delvecchio ed Elvira Piccinno. Con loro sono state ricoverate anche le rispettive mamme e la sorellina piccola di uno dei pazienti per evitare che stesse lontana dalla madre. I restanti minori saranno ospitati in due comunità, a Molfetta e Barletta.

“È stata una delle esperienze più toccanti della mia vita - ha dichiarato il dott. Felice Spaccavento - ho visto nei loro occhi la paura, il timore, la drammaticità della guerra che era lì, a pochi chilometri di distanza. Sono orgoglioso di aver portato il mio team dalla Puglia ed essere riuscito a recuperare questi bambini che finalmente, forse, potranno tornare a sorridere un po’ di più nonostante quello che hanno subito”.

LE DICHIARAZIONI DEL DOTT. FELICE SPACCAVENTO

“Finora abbiamo garantito assistenza e cure specialistiche a 9 piccoli pazienti provenienti dall’Ucraina - spiega il direttore sanitario del presidio Giovanni XXIII Livio Melpignano- i nostri professionisti sono impegnati ad assicurare alle famiglie in fuga dalla guerra anche l’assistenza psicologica necessaria a chi ha subito traumi importanti. L’ospedale pediatrico Giovanni XXIII rappresenta un riferimento certo nella cura dei minori per il sistema sanitario regionale”.

"Ringrazio i nostri operatori - dichiara Antonio Sanguedolce direttore generale Asl Bari - che, anche in questa occasione straordinaria, sono stati prontissimi a prestare la loro opera in un teatro internazionale così complesso. La ASL Bari è e resta a disposizione del sistema sanitario regionale per offrire assistenza ai rifugiati ucraini, in ogni occasione che si presenterà e con tutte le strutture e il personale necessari".

“Il Policlinico di Bari con l’ospedale pediatrico mette a disposizione posti letto e cure specialistiche insieme all’equipe di psicologi che seguono i piccoli pazienti con le mamme provenienti dall’Ucraina nello spirito di accoglienza e solidarietà che è alla base del servizio sanitario” dichiara Giovanni Migliore, direttore generale del Policlinico di Bari.

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