Da ieri l’Associazione #NOI ha una nuova associata: l’ex Sindaca di Roma, Virginia Raggi. È stata la nostra presidente onoraria Federica Angeli in persona a consegnarle la tessera.
«È un grande onore avere con #NOI Virginia Raggi» ha commentato il presidente dell'associazione antimafia di Ostia Dino Cassone, «al di là di qualsiasi appartenenza politica, o opinione sull’amministrazione capitolina uscente, nessuno può mettere in dubbio il coraggioso impegno della Sindaca contro mafie e criminalità, che le è costato tantissimo anche in termini di libertà personale. Per questo le do il benvenuto a nome dell'associazione.»
«Siamo certi che, col suo prezioso contributo, #NOI non potrà che proseguire con rinnovato vigore nel salto di qualità già intrapreso, verso nuovi e più ambiziosi obiettivi».
“Neve di Marzo”. Operazione Antimafia della DDA di Bari e dei Carabinieri del Comando Provinciale di Foggia del 2019. Comminate dal Tribunale di Bari, nell’aula bunker di Bitonto, pene per quasi 200 anni di reclusione. Condannati “capi” e “gregari” della mafia viestana per associazione a delinquere per il traffico di sostanze stupefacenti, aggravata dal c.d. “metodo mafioso” e dall’uso di armi. Prima importante risposta giudiziaria dello Stato.
Oggi, nella tarda mattinata, a Bitonto, nell’aula bunker, il Tribunale di Bari, in primo grado, ha sentenziato la condanna – a vario titolo - di 22 imputati, molti dei quali arrestati, nel mese di Ottobre del 2019, dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Foggia a seguito della maxi operazione convenzionalmente denominata “Neve di Marzo”, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari. Sono state comminate pene detentive per complessivi quasi 200 anni, che hanno colpito “capi” e “gregari” facenti parti di gruppi criminali operanti nel territorio della città di Vieste (FG) e non solo. Tra i condannati figura RADUANO Marco, con una pena di 3 anni e 4 mesi di reclusione, AZZARONE Liberantonio, con una pena di anni 5 e mesi 4 di reclusione, LANGI Marco, con una pena di anni 10 e mesi 4 di reclusione, CODA Orazio Lucio con una pena di 18 anni di reclusione, CARPANO Davide con una pena di 12 anni di reclusione. Condannati anche, ma con un importante sconto di pena, i due collaboratori di giustizia DELLA MALVA Danilo Pietro, con una pena di 8 anni di reclusione, e SURANO Giovanni, con una pena, invece, di anni 5 e mesi 4 di reclusione, il cui prezioso apporto probatorio ha ulteriormente sostenuto le accuse dell’A.G. barese. RADUANO Marco e AZZARONE Liberantonio, nel giugno del 2020, per la prima tranche d‘indagine, derivante in particolare dai fermi del PM emessi nell’agosto del 2018 dalla DDA di Bari ed eseguiti sempre dai militari del Nucleo Investigativo di Foggia, giudicata appunto a parte, erano stati già condannati rispettivamente a 19 anni e 18 anni e 10 mesi di reclusione. Insieme a loro, erano stati già condannati TROIANO Gianluigi e TROIANO Luigi, il primo a 9 anni e 2 mesi, il secondo, invece, a 3 anni e 4 mesi. Si era trattata di un’indagine complessa ed articolata che aveva di fatto consentito di disarticolare un “sistema criminale” radicatosi nell’area del Gargano. Contestata in particolare l’associazione a delinquere dedita al traffico di sostanze stupefacenti, aggravata dal c.d. “metodo mafioso” e dall’uso di armi. Durante le indagini, iniziate nell’estate 2017, diversi erano stati gli arresti operati dagli investigatori dell’Arma, come anche gli importanti recuperi di stupefacente (cocaina, marijuana e hashish) e di armi, anche da guerra, il tutto sotto la direzione ed il coordinamento della DDA di Bari. Il contesto criminale sul quale si era investigato aveva permesso in particolare di ricostruire i nuovi “scenari criminali” che si erano delineati nella città di Vieste (FG) per il controllo del traffico di sostanze stupefacenti e non solo, con la contrapposizione di fatto di due fazioni antagoniste. Una sorta di assestamento di ruoli e gerarchie dopo l’arresto di RADUANO Marco ed in precedenza di altri suoi affiliati, che aveva infatti lasciato uno “spazio vuoto” nei traffici illeciti garganici conteso tra clan avversari.
Con la sentenza di primo grado in questione è stata così data una prima importante risposta di legalità e giustizia al territorio del Gargano da parte di Magistratura e Arma dei Carabinieri.
Aprire un focus sul fenomeno criminale in Puglia, attraverso incontri della Commissione in ogni singola provincia, oltre alla calendarizzazione di audizioni con i prefetti (il 25 ottobre), i procuratori e rappresentanti delle forze dell’ordine. È questo quanto il presidente della Commissione antimafia, Renato Perrini, ha annunciato nel corso delle audizioni dei rappresentanti dell’associazione “Libera”, dell’associazione “Ultimi” e del “Comitato di solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura ex art 19 L. 44/1999”.
Questo incontro, finalizzato ad un approfondimento della conoscenza del fenomeno mafioso e corruttivo, ha posto in evidenza la necessità di adottare iniziative volte alla crescita della cultura della legalità.
Perrini ha anche espresso l’esigenza di una seduta monotematica del Consiglio regionale con la eventuale presentazione di una mozione ad hoc condivisa non solo dai componenti della Commissione.
Sotto accusa la serie televisiva Gomorra ed i racconti dai quali è tratta, il vicepresidente dell’associazione “Ultimi”, PierPaolo Mascione, ha sottolineato che quella produzione letteraria e televisiva ha prodotto emulazioni dannose: “servono modelli esemplari per i giovani – ha detto – vista anche la grave crisi della famiglia nella società contemporanea. La mafia è un cancro, ma con azioni mirate può essere debellata”.
Pippo Cavaliere del “Comitato di solidarietà delle vittime di estorsione e di usura”, oltre che presidente onorario dell’associazione “Buon samaritano”, ha ribadito con forza che a Foggia la situazione è drammatica e il condizionamento che ne deriva è insopportabile, “ma bisogna lavorare sui cittadini perché comprendano che è necessario lavorare di fianco alle istituzioni con la denuncia dei fenomeni criminali”.
Il contrasto alla criminalità non può essere demandato solo allo stato non perché è una battaglia troppo grande occorre la collaborazione di cittadini e delle vittime, “chi ha denunciato non ha mai avuto ritorsioni ed è stato risarcito dallo Stato” – ha detto Cavaliere – e la Regione deve diffondere queste informazioni.
Serve un ridisegno della geografia giudiziaria nella provincia di Foggia altrimenti si rischia di condannare un territorio alla morte, anche economica, in tal senso è necessaria una richiesta a ministero.
Il referente regionale di “Libera” don Angelo Cassano, ha ribadito l’importanza della memoria delle vittime di mafia, sollecitando l’impegno di ogni cittadino. “La magistratura è lodevole – ha detto – ma è importante la cittadinanza attiva per la prevenzione educativa”.
Don Angelo Cassano ha suggerito di leggere la relazione semestrale pubblicata della DIA in Puglia. “Lì emergono dati molto significati” – ha detto – si comprende come il fenomeno criminale sia radicato ormai in tutti i settori, oltre quelli tradizionali anche altri, come per esempio il turismo”.
Serve una selezione della classe dirigente politica e come dice don Ciotti “la legalità è lo strumento che deve portare alla giustizia sociale, al contrasto alla povertà”.
L’associazione ULTIMI per la legalità esprime vicinanza alla famiglia di Francecso Traiano nel giorno in cui ricorre la sua dipartita.
L’incontro con Alfredo Traiano avuto lo scorso 28 Settembre ha consolidato ancor di più l’idea che l’illegalità agisce con più facilità nell’ombra, nel silenzio e nella paura.
L’arduo compito di contrasto alla criminalità parte dalla nostra quotidianità, dalle nostre scelte e passa da un impegno preciso e personale che deve essere mosso dal senso civico.
Nuovo incarico al foggiano Consigliere regionale dei Popolari con Emiliano Sergio Clemente, è entrato a far parte della Commissione regionale di studio e d'inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata in Puglia, presieduta dal consigliere Renato Perrini.
L’appartenenza allo speciale organismo legalitario di contrasto alle mafie del Consiglio regionale pugliese si aggiunge al suo ruolo di segretario della Presidenza del Consiglio e di componente della Commissione IV (Sviluppo economico) e della Commissione VI (Politiche comunitarie - Lavoro - Formazione professionale).
Nel suo nuovo incarico, il consigliere Clemente, alla luce anche del drammatico momento che sta vivendo il Comune di Foggia sciolto dal Governo per infiltrazioni mafiose e alla persistenza di fenomeni mafiosi nel resto del territorio pugliese, ha subito chiesto al presidente Perrini di convocare per il prossimo lunedì 11 ottobre nella seduta della Commissione le maggiori associazioni nazionali impegnate sul fronte della legalità, da Libera con la presenza di don Luigi Ciotti a Ultimi con don Aniello Manganiello. Convocato anche l’ingegnere foggiano Pippo Cavaliere, ex presidente della Fondazione Antisusura Buon Samaritano di Foggia, in qualità di membro appena nominato dalla Ministra Luciana Lamorgese, del Comitato di solidarietà nazionale antiracket e antiusura.
«È mio intendimento lavorare sin da subito allo studio e alla ricognizione dei fenomeni mafiosi in Puglia, per mettere subito in agenda azioni e iniziative volte alla sensibilizzazione della cittadinanza in tutta la regione. La relazione prefettizia di scioglimento del Comune di Foggia ha fornito illuminanti elementi di indagine su cui la Commissione regionale di studio e inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata può porre ancora l’attenzione, affinché i mesi di commissariamento possano far emergere altre ombre e altre storture della vita pubblica” – ha sottolineato il consigliere Clemente.
nota stampa di Pippo Cavaliere, membro del Comitato di solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura, ex Consigliere comunale di Foggia e già Fondazione Antiusura Buon Samaritano.
«È stato per me motivo di grande arricchimento partecipare al convegno che ha visto come relatori, fra gli altri, il Procuratore Nazionale Antimafia Federico Cafiero de Raho e una figura simbolo della lotta ai poteri criminali come don Luigi Ciotti. Un appuntamento che ha rafforzato in me un’antica convinzione: senza una profondissima attenzione al sociale, la mafia non potrà mai essere battuta. Un Paese che non riflette abbastanza sulle diseguaglianze e sulle divisioni economiche, territoriali e generazionali che lo attraversano è un Paese che rinuncia a prosciugare l’acqua torbida in cui sguazza la cultura mafiosa, che rinuncia a eradicare la subcultura di sopraffazione e di indifferenza morale di cui si alimentano i clan e le cosche.
La recente terribile vicenda dell’esaltazione di un giovane presunto mafioso morto suicida in carcere deve farci riflettere sulla capacità delle organizzazioni criminali di suscitare e promuovere un’appartenenza che non è fatta solo della convenienza economica, e non è ottenuta solo con la minaccia e l’intimidazione. È una presenza che si insinua nell’assenza o nella presenza precaria della società legale, che a essa si contrappone quasi con fierezza. L’antistato lancia il suo guanto di sfida, basato sulla falsa promessa di tutelare i deboli, di fornire uno scudo e una protezione a chi lo Stato ha dimenticato.
È un caso che la presenza delle mafie e la loro aggressività sociale sia più forte e robusta in coincidenza delle più forti criticità in termini di povertà educativa e dispersione scolastica, nelle quali l’Italia vanta un tristissimo primato fra i Paesi Ocse? Io non lo credo, e non lo crede nemmeno Cafiero de Raho, da un osservatorio ben più ampio e qualificato del mio. Non possiamo limitarci alle deplorazioni, agli esorcismi, alle invettive: dobbiamo sapere che tutte le volte che lo Stato e la società legale si voltano dall’altra parte, tutte le volte che non c’è ascolto del bisogno, qualcun altro risponderà. È così nel drammatico fenomeno dell’usura, che colpisce famiglie e operatori economici in vario modo espulsi dal sistema creditizio, è così per la “protezione” offerta dal racket, e così per tutti quei cittadini che si sentono ai margini, non ammessi, radiati.
Non è casuale che anche a Foggia, come attesta la relazione prefettizia, siano state le politiche sociali il bersaglio e il grimaldello utilizzati dai clan per consolidare ed estendere il proprio potere. Perché il potere di chi può garantire un alloggio popolare, un sussidio, un posto di lavoro, può essere utilizzato per lucrare profitti immediati (e spesso lo è) ma anche per costruire un’influenza duratura, tale da incidere in misura durevole nei processi sociali, politici, elettorali.
Se questo fronte è strategico, dobbiamo convenire, con don Ciotti, che le risorse per la socialità, per l’integrazione, per l’inclusione non vanno considerate un costo, ma un investimento, una voce di spesa che produrrà ritorni di medio periodo copiosi. Ogni taglio ad essa, salvo il legittimo e sacrosanto dibattito sulle modalità che le diano la maggiore efficacia, va considerato un prestito senza scadenza fatto alla mafia. Un attento e intelligente presidio della spesa sociale, anche nella nostra città, è la principale priorità cui deve rispondere lo Stato con tutte le sue articolazioni e soprattutto con l'indispensabile concorso partecipe della cittadinanza attiva, del mondo delle imprese e delle professioni, della società civile tutta. È difficile, vista la drammatica sproporzione tra vastità dei bisogni e limitatezza delle risorse. Proprio per questo è una battaglia che va condotta con applicazione, impegno e intelligenza. Tutte qualità che il nostro territorio, se e quando vuole, sa dimostrare».
Al Ministero dell’Interno non sono passati inosservati i due casi di omicidio avvenuti a distanza di un mese a San Severo. Due agguati che hanno anche messo in serio pericolo la vita di un bambino di appena sei anni e quelle di altre due persone tra cui un altro minore.
È assodato, la criminalità a San Severo spara senza badare ai passanti. «Sono episodi in un mese di gravità estrema, coinvolgendo anche minori» ha detto il Prefetto di Foggia, dott. Carmine Esposito.
Fari puntati sull’Alto Tavoliere, da sempre fulcro della criminalità organizzata e mafie locali per scambio di droga, armi, ricettazione varia. Se si ammazza è perché gli scenari stanno cambiando, con vertici sempre più affamati di potere e regolamento di conti da portare a termine.
Agguati in pieno giorno, a qualunque ora e sotto gli occhi di tutti, con pallottole che non preservano passanti. Una situazione diventata insostenibile, che ha smosso ancora una volta i vertici istituzionali locali, sindaco, capi delle Forze dell’ordine, politici, che chiedono più agenti e controlli.
“Bisogna potenziare l’azione delle Forze di polizia sul territorio, anche se negli ultimi quattro anni i risultati sono stati lusinghieri, con un trend in decrescita” ha sommariamente dichiarato il Prefetto Esposito, che ha proseguito “ Bisogna implementare l’azione di contrasto, potenziando il controllo del territorio con azioni capillari, specie su San Severo, controllando i criminali presenti e le attività commerciali” da sempre luoghi sotto la gogna del racket.
Temi che saranno al centro del prossimo Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica che lo stesso Prefetto ha annunciato si svolgerà a breve con la partecipazione del Ministro dell’Interno, dott.ssa Luciana Lamorgese, alla quale si chiederanno ulteriori aiuti di agenti, mezzi e strumenti.
I Carabinieri della Compagnia di Vico del Gargano hanno tratto in arresto in flagranza, un 32enne del luogo, con gravi precedenti di polizia, per non aver rispettato le prescrizioni inerenti la sua sottoposizione alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S., con obbligo di soggiorno.
Nel mese di maggio u.s., il Tribunale di Bari, su proposta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Foggia, valutata la pericolosità ed i precedenti penali dell’uomo, ha emesso nei suoi confronti il provvedimento della sorveglianza speciale di P.S., con obbligo di soggiorno, per la durata di anni uno e mesi sei.
La misura, di natura preventiva, emessa ai sensi del Decreto Legislativo n.159/2011 (c.d. “Codice Antimafia”), oltre a stabilire che l’interessato non avrebbe potuto allontanarsi dall’abitazione nella fascia oraria 22.00 – 06.00 (senza comprovata necessità), gli ha imposto ulteriori prescrizioni .
Nell’ambito dei servizi di controllo del territorio svolti costantemente dai reparti della Compagnia Carabinieri di Vico del Gargano, tendenti a vigilare sulle persone sottoposte a provvedimenti restrittivi domiciliari ed alle misure di prevenzione e sicurezza, la pattuglia della Sezione Radiomobile sorprendeva il sorvegliato speciale, che girovagava all’una e trenta di notte, in Vico del Gargano, senza comprovati motivi.
L’uomo, tratto in arresto, su disposizione dell’A.G. veniva ristretto ai domiciliari, in attesa della convalida del provvedimento, adottata il mattino successivo in modalità telematica.
Nell’anniversario del “quadruplice omicidio di San Marco in Lamis”, avvenuto il 9 agosto 2017, quando, tra gli altri, persero la vita gli innocenti fratelli Luigi ed Aurelio LUCIANI, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Foggia e personale della Squadra Mobile della Questura di Foggia
hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Bari nei confronti di IANNOLI Giovanni (detto Smigol), classe 1986, ritenuto responsabile dell’omicidio di FABBIANO Antonio, classe 1993, e del contestuale tentato omicidio di NOTARANGELO Michele, classe 1996, commessi il 25 aprile 2018 in Vieste.
Quel giorno, alle ore 22:00 circa, in via Tripoli di Vieste (FG), Antonio FABBIANO si trovava a piedi insieme a Michele NOTARANGELO, alias “Cristoforo”, quando un commando composto da almeno due soggetti, l’uno armato di AK-47, arma da guerra comunemente conosciuta come Kalashnikov, e l’altro armato di pistola, sparava in direzione dei due ragazzi, colpendo in maniera fatale il FABBIANO, mentre il NOTARANGELO rimaneva miracolosamente incolume.
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Le serrate indagini condotte sinergicamente dall’Arma dei Carabinieri e dalla Polizia di Stato, direttamente coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Bari, con l’importante contributo di un magistrato della Procura di Foggia, applicato alla DDA, hanno permesso di individuare uno degli autori dell’efferato delitto, che si inquadra in una lunga scia di sangue che ha visto Vieste (FG) ed i comuni limitrofi teatro di numerosi e gravissimi omicidi e tentati omicidi nel periodo 2015-2019, iniziata con l’omicidio di Angelo NOTARANGELO, detto “cintaridd”, ucciso nel gennaio 2015 in un agguato di mafia.
La perfetta collaborazione investigativa tra le due Forze di Polizia ha infatti permesso di raccogliere gravi ed univoci elementi di colpevolezza nei confronti di IANNOLI Giovanni, classe 1986, attualmente detenuto presso il carcere di Siracusa a seguito dell’indagine antimafia “Scacco al Re”, svolta anche in questo caso congiuntamente dalla Squadra Mobile e dal Nucleo Investigativo di Foggia, in relazione alla quale era stato arrestato anche il cugino IANNOLI Claudio, ma anche ristretto in conseguenza della precedente operazione antimafia “Agosto di Fuoco”, sempre della Squadra Mobile di Foggia.
La mole di attività investigative, anche di natura tecnica, attivate dagli inquirenti proprio per contrastare e reprimere gli innumerevoli fatti di sangue che hanno colpito il Gargano negli ultimi anni, ha dunque permesso di far luce su diverse dinamiche delittuose di Vieste (FG).
- ormai noto, infatti, che proprio a seguito dell’assassinio di NOTARANGELO Angelo, il potere criminale sulla nota città turistica garganica era passato nelle mani di RADUANO Marco,
attualmente detenuto presso il carcere di Badu e Carros di Nuoro dopo l’operazione antimafia “Neve di Marzo” dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Foggia. L’omicidio di VESCERA Giampiero ha poi sancito la scissione netta del clan e la conseguente creazione di due distinte fazioni organizzate: da una parte il gruppo “RADUANO-DELLA MALVA” e dall’altra il gruppo “PERNA-IANNOLI”, la cui contrapposizione ha dato vita ad una sanguinosa guerra intestina finalizzata al raggiungimento del pieno ed assoluto controllo di tutte le attività illegali nell’area garganica costiera: dalle estorsioni in danno dei locali imprenditori turistici, ai reati contro il patrimonio e la persona, al traffico degli stupefacenti, settore quest’ultimo enormemente fiorente e remunerativo, con proiezioni da e verso l’estero.
Sotto la direzione e il coordinamento dell’Autorità Giudiziaria, il Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Foggia e la Squadra Mobile della Questura di Foggia sono quindi riusciti a raccogliere i vari elementi emersi dalle numerose intercettazioni telefoniche ed ambientali massivamente sviluppate, integrati solo in minima parte dalle reticenti dichiarazioni rese dai parenti delle vittime e da alcune persone informate sui fatti interessate a vario titolo alla vicenda, a conferma del radicato clima di omertà nell’ambiente viestano ed in generale in quello garganico. L’operazione antimafia portata a termine è stata convenzionalmente denominata “Bohemian Rapsody”, poiché IANNOLI Giovanni si confidava apertamente con la madre sull’efferato delitto commesso, come dimostrato dalle intercettazioni ambientali.
Un’importante conferma di natura tecnico-scientifica è pervenuto dalle analisi specialistiche eseguite dalla Sezione Balistica del R.I.S. di Roma su 14 bossoli di AK 47 repertati dalla Sezione Investigazioni Scientifiche del Nucleo Investigativo Carabinieri di Foggia sulla scena del crimine, a seguito delle quali è emersa la compatibilità dei bossoli con il fucile mitragliatore con il quale, il precedente 21 marzo 2018, lo stesso IANNOLI Giovanni aveva già attentato alla vita di RADUANO Marco, vicenda per la quale – come è noto - è stato poi condannato in primo grado a 14 anni e 6 mesi di reclusione, unitamente al cugino Claudio. Sempre i cugini IANNOLI, in primo grado, sono stati condannati a 20 anni di reclusione a testa nell’ambito dell’inchiesta “Agosto di fuoco”.
Nell’ordinanza di custodia cautelare, il GIP del Tribunale di Bari ha riconosciuto la sussistenza dell’aggravante mafiosa, sia con riferimento al c.d. “metodo mafioso”, sia riguardo all’agevolazione della compagine organizzata facente capo a PERNA Girolamo, nell’ambito della guerra di mafia intercorsa con la fazione contrapposta facente capo a RADUANO Marco.
In ultimo, si sono aggiunte le importanti dichiarazioni rese dai primi collaboratori di giustizia dell’area garganica, dapprima SURANO Giovanni, alias “lupin”, seguìto dall’ormai ex capo clan DELLA MALVA Danilo Pietro, alias “u’ meticc”. La collaborazione fornita da entrambi è risultata difatti assolutamente aderente agli elementi probatori già raccolti dagli investigatori dell’Arma e della Polizia di Stato.
La volontà di collaborare con la giustizia manifestata dai due neo collaboratori ed i conseguenti interrogatori resi di fronte ai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia barese, rappresentano uno sviluppo rilevante dell’azione di contrasto alle mafie pugliesi, ottenuto grazie alla enorme pressione che la “Squadra Stato” sta esercitando su tutto il territorio foggiano. E ciò appare ancora più significativo in una giornata come quella odierna.
Proprio a partire da quel 9 agosto 2017, lo Stato ha incrementato il suo impegno, investendo in maniera straordinaria sul territorio della provincia di Foggia, rafforzando i presìdi delle Forze di Polizia e istituendo altri Comandi. E così la Magistratura, in particolare la Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, con un pool dedicato di Pubblici Ministeri assegnati stabilmente a quel territorio, in sinergia con i magistrati della Procura di Foggia, spesso applicati alla DDA in indagini antimafia. Va ricordato, infine, che nel provvedimento restrittivo è stato confermato il concorso nei reati contestati a IANNOLI Giovanni anche di PECORELLI Gianmarco, ucciso a sua volta in un agguato di mafia il 19.06.2018.
Dalle prime ore dell’alba di oggi, 9 agosto 2021, anniversario della “Strage di San Marco in Lamis”, è in corso di esecuzione un’ordinanza cautelare da parte dei Carabinieri e della Polizia di Stato per l'omicidio di Antonio Fabbiano e il tentato omicidio di Michele Notarangelo, avvenuti il 25 aprile 2018 a Vieste, emessa a seguito delle indagini svolte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, con l’applicazione di un magistrato della Procura di Foggia.