Dichiarazione del presidente della Commissione V - Ambiente, Paolo Campo.
Il Consiglio regionale ha approvato all'unanimità dei presenti la proposta di legge che assegna una corsia preferenziale nell'assegnazione di appalti o servizi 'sotto soglia' a vantaggio degli imprenditori che sceglieranno di denunciare estorsori ed usurai.
Il complesso normativo sarà ora trasmesso al Parlamento con la sollecitazione a rendere operativa la proposta proveniente dalla Puglia: terra aggredita ferocemente dalle mafie e decisa a riscattarsi anche costruendo reti di solidarietà diffusa.
Nel dettaglio, il Consiglio regionale propone di modificare il Codice dei contratti pubblici per istituire presso le Prefetture uno specifico elenco d'imprese che scelgono di tutelarsi denunciando le aggressioni criminali e che avranno diritto a questa sorta d'incentivo economico.
Oggi ho avuto l'onore di essere il relatore della legge discussa nell'aula di via Gentile dopo la sua approvazione, esattamente due mesi fa, nella Commissione che presiedo, confermando l'indirizzo istituzionale di concreta attenzione alle vittime della mafia e d'innovativa elaborazione di strumenti utili a trasferire nella quotidianità i principi dell'antimafia sociale.
La Foggia degli anni ’90 sotto scacco di una mafia feroce e pervasiva, raccontata nelle parole della figlia di Francesco Marcone, funzionario di Stato, ucciso dalla criminalità organizzata perché volle impedire un collaudato sistema di evasione fiscale. Nelle parole del figlio e della nuora di Giovanni Panunzio, ucciso in un agguato mafioso perché denunciò i propri estorsori.
Nelle parole di Mario Nero, testimone di giustizia che ha pagato la sua testimonianza con la famiglia distrutta e una vita da apolide. Nelle parole di chi combatte da decenni contro l’usura e il gioco d’azzardo.
E la Foggia dei nostri giorni, dove a prendere parola sono anche persone solitamente invisibili. Il bracciante sfruttato, il migrante diventato forzatamente irregolare, il ludopatico che ha sperperato vita e famiglia, il commerciante vessato dall’usuraio. C’è anche l'archeologo che non si rassegna all’oblio della storia cittadina. E c'è anche il parcheggiatore abusivo. Appuntamento a giovedì 1 luglio, ore 19 presso l'anfiteatro di Parcocittà (via Rovelli) Foggia.
I risultati della tappa di Foggia del progetto Su.Pr.Eme. Italia a cura della sezione Sicurezza del Cittadino politiche per le migrazioni e antimafia sociale della Regione Puglia.
INDAGINE E RILEVAZIONE DATI CONDOTTA DA UNIVERSITÀ DI FOGGIA E CFI GROUP NELL’AGORÀ DELLA CONDIVISIONE
In una Capitanata con 3.500 aziende dedite alla raccolta di pomodoro e dove la parola raccogliere spesso è sinonimo di lavoro irregolare, una indagine esperienziale condotta su un campione di 58 persone, rappresentativo di istituzioni pubbliche, organizzazioni datoriali, organizzazioni sindacali, terzo settore e cittadinanza, evidenzia che per il 61% della comunità la principale causa di sfruttamento lavorativo nelle campagne è dovuta alla mancanza di un sistema efficiente di reclutamento dei braccianti e di un interfaccia diretto con loro. Creare un sistema che faccia comunicare direttamente manodopera e datore di lavoro, favorirebbe l’emersione di tante irregolarità e il superamento dell’annoso fenomeno del caporalato.
Sullo stesso campione costituito da 30 donne e 28 uomini di età media tra i 40 e i 49 anni il 74% degli intervistati alla domanda come si dovrebbe agire, ha risposto con la necessità della nascita di nuovi modelli di agricoltura che includano i braccianti stranieri in altre attività; il 47% ritiene, invece, che siano necessarie azioni di conoscenza interculturale.
Sono solo alcuni dei dati emersi da un questionario digitale messo a punto dall’Università di Foggia e curato dal professor Antonio Stasi a cui sono stati sottoposti contemporaneamente gli ospiti della due giorni della prima tappa, foggiana, del progetto Su.pr.Eme. Italia. inserito nel Piano Triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato, promosso dalla Direzione Generale Immigrazione del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale.
UN NUOVO MODELLO DI AGRICOLTURA
Su.Pr.Eme. Italia ha scelto un vigneto illuminato a giorno, sotto le note di un pianoforte e un sax per affermare che esiste un altro modello di vivere la terra. Quello di un’agricoltura che non solo raccoglie ma accoglie. Crea relazioni, mette in contatto persone provenienti da mondi diversi, un’agricoltura che si prende cura delle persone oltre che dei frutti. Èquanto accaduto nell’Agorà della condivisione, al centro del vigneto Federico II di Cascina Savino a Foggia nei due eventi organizzati nell’ambito del progetto interegionale Su.Pr.Eme. Italia “Sud protagonista nel superamento delle Emergenze in ambito di grave sfruttamento e di gravi marginalità degli stranieri regolarmente presenti nelle cinque regioni meno sviluppate quali Puglia, Calabria, Sicilia, Campania e Basilicata.”
Banco di prova di questo nuovo format per testare la risposta della comunità territoriale la Capitanata dove le pratiche illegali in agricoltura hanno radici profonde, con dinamiche immutate, che da decenni pescano braccia da lavoro da sacche di marginalità e da categorie bisognose, facilmente ricattabili, con stori di disperazione alle spalle come i lavoratori stranieri.
“Contaminazione – afferma Domenico De Giosa, dirigente della sezione Sicurezza del Cittadino, Politiche per le migrazioni e Antimafia sociale della Presidenza della Regione Puglia - è una delle pratiche che con questo progetto la Regione Puglia assume per affrontare il problema dello sfruttamento lavorativo dei migranti presenti sul territorio, per dare loro dignità creando contesti di integrazione con momenti di condivisione sui quali il progetto Su.Pr.Eme. Italia punta per coinvolgere tutti gli stakeholder del territorio perché insieme, e non da soli si possa superare e risolvere questo annoso fenomeno”.
Per un fenomeno che non cambia da anni, Su.Pr.Eme. Italia, partendo dalla Puglia, prova a cambiare l’approccio, cambiando prospettiva.
E se si cominciasse a guardare i migranti non solo come manodopera, non solo per le potenzialità delle loro mani ma per quelle delle loro teste?
Con questo intento i curatori del progetto, Systemar Viaggi, Never Before Italia e International Sound con la collaborazione dell’hub creativo e innovativo Vazapp, hanno raccolto e accolto in un vigneto, spazio fisico altamente simbolico, tutti i soggetti della comunità sottoponendoli ad una esperienza di relazione. Esponenti del mondo agricolo, universitario, sindacale, politico, datoriale, culturale, imprenditoriale migranti ospiti di Casa Sankara si sono ritrovati a dialogare insieme, per incrociare bisogni, conoscerli da vicino, pensare e proporre, condividendole, possibili soluzioni.
La presenza dei migranti di Casa Sankara è stata l’occasione per ricordare l’impegno ed il lavoro di Stefano Fumarulo, il dirigente della Regione Puglia esperto di antimafia sociale scomparso, che per primo aveva intuito la necessità di nuovi modelli di integrazione e di strumenti innovativi come le foresterie regionali per i lavoratori agricoli migranti.
Durante il format della Contadinner, pensato per favorire relazioni tra agricoltori grazie anche alla mediazione del cibo, attraverso le interviste realizzate dalla sociologa Manuela Mistri di CFI Group, Istituto di ricerche sociologiche e di marketing, sono state raccolte le sollecitazioni degli stakeholder sui BISOGNI del territorio.
Le indicazioni raccolte da CFI group e dall’Università di Foggia saranno assunte come indicazioni per lo sviluppo di azioni sul territorio, per la sottoscrizione di protocolli di intesa e per la realizzazione di percorsi di accompagnamento della Pubblica Amministrazione all’attivazione di processi di integrazione.
Inaugurato questa mattina il terreno gestito dall’ATS “Le terre di Peppino Di Vittorio”
«Camminare su questi terreni significa che lo Stato ha vinto. Quello di oggi è una grande messaggio di speranza verso le nostre comunità e verso i più giovani. I ragazzi devono sapere che non si devono arrendere, che la mafia si può sconfiggere. Si può sconfiggere con la memoria, con l’impegno sociale, con piccoli e concreti gesti quotidiani indirizzati al rispetto delle regole, degli altri, del bene comune. Dobbiamo dire basta alla mafia, all’omertà, all’indifferenza. Dobbiamo lasciare alle nuove generazioni un mondo migliore rispetto a quello che abbiamo trovato». Con queste parole Angela Cianci ha ricordato la figura di suo fratello Michele, ucciso a Cerignola il 2 dicembre del 1991 per essersi opposto ad un tentativo di furto nel suo negozio, senza dimenticare che in quella stessa giornata era intervenuto per aiutare un anziano che era stato aggredito da due persone. Il nome del giovane commerciante, che all'epoca dei fatti aveva solo 43 anni, fa parte del lungo elenco delle vittime innocente di mafia. Ma da oggi “Michele Cianci” è anche il nome del bene confiscato alla criminalità organizzata inaugurato ufficialmente questa mattina in contrada San Giovanni in Zezza, vicino Cerignola, su un terreno di circa 7 ettari con retrostante casetta colonica. A gestire il terreno è l'Associazione Temporanea di Scopo (ATS) denominata “Le terre di Peppino Di Vittorio” costituita dalla cooperativa sociale Altereco di Cerignola, in qualità di ente capofila, e dalla cooperativa sociale Medtraining di Foggia e dal CSV Foggia (Centro di Servizio al Volontariato).
La manifestazione è stata anche un’occasione per far conoscere le attività, i progetti futuri, gli inserimenti lavorativi resi possibili grazie all’attuazione della legge 109/96 per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie, e per ribadire che su quel terreno la mafia ha perso, che è possibile trasformare un luogo simbolo del potere mafioso in avamposto di legalità, di economica sostenibile, di lavoro regolare, di sviluppo. «Uno sviluppo che passa tra vigneti, ulivi, alberi e terra da coltivare. A partire dalla realizzazione di prodotti finiti che nasceranno su un terreno libero dalla mafia. L’obiettivo è quello di favorire l’inclusione lavorativa ed il riscatto di soggetti in fragilità sociale - ha detto Dora Giannatempo dell’ATS “Le terre di Peppino Di Vittorio” - . La scelta di intitolare il bene confiscato alla mafia a Michele Cianci nasce dalla voglia e dalla necessità di fare memoria, di tenere vivo il suo sacrificio, di far conoscere la sua storia ed il suo nome alle nuove generazioni e a tutta la comunità locale».
Nel corso della manifestazione è stato possibile visitare il bene ed i suoi spazi, ed è stato piantato simbolicamente un alberello di ulivo come messaggio di nuova ripartenza del terreno che ha l'obiettivo di promuovere attività di agricoltura sociale ed inserimento lavorativo di persone in condizioni di fragilità sociale. Una sfida ambiziosa, che si pone la finalità di contribuire a realizzare prodotti etici, di qualità e "liberati" dalla mafia nel pieno rispetto della filiera agroalimentare. All’evento hanno partecipato anche Adriana Sabato, Commissario Straordinario del Comune di Cerignola e don Pasquale Cotugno, direttore della Caritas Diocesana Cerignola-Ascoli Satriano. «Restituire alla collettività un bene sottratto alla criminalità è un segnale di speranza per tutta la comunità – ha evidenziato Sabato - . La legge 109/96 ha segnato un salto nella lotta alla mafia, perché con la confisca il bene frutto di attività illecite viene tolto ai mafiosi per il riuso sociale, per farlo diventare luogo di lavoro, sviluppo, economia». Il terreno è stato concesso gratuitamente dalla Commissione Straordinaria del Comune di Cerignola nell'ambito del progetto denominato “La strada. C'è solo la strada su cui puoi contare”, vincitore dell'avviso della Regione Puglia "Cantieri innovativi di Antimafia Sociale: educazione alla cittadinanza attiva e miglioramento del tessuto urbano".
Il terreno gestito dall’ATS “Le terre di Peppino Di Vittorio” è intitolato alla vittima innocente
Sarà inaugurato ufficialmente giovedì 10 giugno 2021 il bene confiscato alla mafia ed intitolato a Michele Cianci, vittima innocente di mafia. La manifestazione si svolgerà a partire dalle ore 10.00 sul terreno di circa 7 ettari con retrostante casetta colonica siti a Cerignola, in contrada San Giovanni in Zezza, inserito tra i beni acquisiti al patrimonio indisponibile del Comune di Cerignola provenienti da atti di confisca alla criminalità organizzata. A gestire il terreno è l'Associazione Temporanea di Scopo (ATS) denominata “Le terre di Peppino Di Vittorio” costituita dalla cooperativa sociale Altereco di Cerignola, in qualità di ente capofila, e dalla cooperativa sociale Medtraining di Foggia e dal CSV Foggia (Centro di Servizio al Volontariato). La manifestazione, che coinvolgerà istituzioni pubbliche, associazioni e cooperative del territorio, è un’occasione per far conoscere le attività, i progetti futuri, gli inserimenti lavorativi resi possibili grazie all’attuazione della legge 109/96 per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie, e per ribadire che su quel terreno la mafia ha perso, che è possibile trasformare un luogo simbolo del potere mafioso in avamposto di legalità, di economica sostenibile, di lavoro regolare, di sviluppo. Uno sviluppo che passa tra vigneti, ulivi, alberi e terra da coltivare.
Il bene sottratto alla mafia, quindi, è intitolato a Michele Cianci, ucciso a Cerignola il 2 dicembre del 1991 per essersi opposto ad un tentativo di furto nel suo negozio. Il nome del giovane commerciante, che all'epoca dei fatti aveva solo 43 anni, fa parte del lungo elenco delle vittime innocente di mafia. «La scelta di intitolare il bene confiscato alla mafia a Michele Cianci nasce dalla voglia e dalla necessità di fare memoria, di tenere vivo il suo sacrificio, di far conoscere la sua storia ed il suo nome alle nuove generazioni e a tutta la comunità locale». In occasione dell’inaugurazione ufficiale e della intitolazione del bene, sarà presente anche la sorella di Michele, Angela Cianci per portare la sua testimonianza. All’evento parteciperanno anche don Pasquale Cotugno, direttore della Caritas Diocesana Cerignola-Ascoli Satriano, ed Adriana Sabato, Commissario Straordinario del Comune di Cerignola. Nel corso dell’inaugurazione interverranno anche i rappresentanti dell’ATS che gestisce il terreno concesso gratuitamente dalla Commissione Straordinaria del Comune di Cerignola nell'ambito del progetto denominato “La strada. C'è solo la strada su cui puoi contare”, vincitore dell'avviso della Regione Puglia "Cantieri innovativi di Antimafia Sociale: educazione alla cittadinanza attiva e miglioramento del tessuto urbano".
Nel corso della manifestazione sarà possibile visitare il bene ed i suoi spazi, e sarà piantato simbolicamente un alberello come messaggio di nuova ripartenza del terreno che ha l'obiettivo di promuovere attività di agricoltura sociale ed inserimento lavorativo di persone in condizioni di fragilità sociale. Una sfida ambiziosa, che si pone la finalità di contribuire a realizzare prodotti etici, di qualità e "liberati" dalla mafia nel pieno rispetto della filiera agroalimentare.
Il raduno per i partecipanti è alle ore 9.45 davanti al Comune di Cerignola, per poi proseguire tutti insieme verso il bene intitolato a “Michele Cianci”. La manifestazione si svolgerà nel rispetto delle norme anti-covid.
Indagini serrate e senza sosta per la commissione antimafia di accesso agli atti al Comune di Foggia, che ha chiesto la proroga di altri tre mesi. Sarà il 9 settembre la data ultima per consegnare i risultati delle indagini al nuovo Prefetto, dott. Carmine Esposito, insediatosi da pochi giorni. Da quella data il Prefetto ne avrà altri quarantacinque per decidere se al Comune di Foggia vi sono state infiltrazioni e condizionamenti mafiosi, inviando una sua relazione al Ministero dell'Interno, che avrà l'ultima parola.
Le ultime vicende che stanno caratterizzando le cronache politiche-giudiziarie vorrebbero che l'autunno 2021 diventi la stagione per le prossime elezioni amministrative. Il 9 settembre, data decisione sui risultati delle indagini dell'antimafia, invece potrebbe cambiare le sorti, se positive, procrastinando il voto minimo dopo diciotto mesi.
Per la cronaca, Il 9 marzo 2021 a Foggia presso il Comune, su delega del Viminale, salì la commissione antimafia di accesso agli atti per verificare se in esso vi fossero pericoli di infiltrazione e/o condizionamenti mafiosi. La commissione suddetta fu nominata dall'ex Prefetto dott. Raffaele Grassi, chiamando all'iter il viceprefetto dott. Ernesto Liguori, il vicecapo della Mobile di Foggia, dott. Maurizio Miscioscia, e l'ufficiale dell'Arma dei Carabinieri Francesco Colucci.
Nota stampa del senatore Marco Pellegrini.
"Sono onorato e felice, è la prosecuzione di un impegno che porto avanti con determinazione da anni - in merito a un tema delicatissimo per il nostro Paese - e che mi vedeva già impegnato come Coordinatore del Comitato sulle Mafie Pugliesi in seno alla Commissione Bicamerale.
Nell’ambito del processo “Ares”, il GUP presso il Tribunale di Bari, al termine del giudizio di primo grado celebrato con rito abbreviato, ha emesso 32 condanne, infliggendo una pena pari a 222 anni e 4 mesi complessivi di reclusione, in accoglimento delle richieste avanzate dalla Direzione Distrettuale Antimafia presso la Procura della Repubblica di Bari.
Il processo prende le mosse dalle indagini espletate da personale della Polizia di Stato delle Squadre Mobili di Foggia, Bari e del Servizio Centrale Operativo, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia presso la Procura di Bari, conclusesi in data 6 giugno 2019 con l’esecuzione di ordinanza di custodia cautelare emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari di Bari, nei confronti di 50 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, tentata estorsione, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, spaccio di droga, danneggiamento, reati in materia di armi, lesioni personali e tentato omicidio, aggravati dal metodo e dalle finalità mafiose.
Il GIP, in particolare, accogliendo l’impianto accusatorio formulato dai magistrati della D.D.A. barese, in sede di valutazione delle esigenze cautelari, aveva emesso un’ordinanza restrittiva della libertà personale a carico, tra gli altri, di esponenti di primo piano delle famiglie mafiose “LA PICCIRELLA” e “NARDINO”, egemoni nel territorio di San Severo (FG), di cui sono stati ricostruiti organigrammi ed interessi criminali.
Per la prima volta è stata contestata l’associazione di tipo mafioso, di cui all’articolo 416 bis c.p., alla criminalità organizzata sanseverese considerata quale autonoma ed indipendente rispetto al sodalizio mafioso operante a Foggia.
L’inchiesta ha evidenziato il ruolo egemonico dei due clan di San Severo nel traffico di droga in Capitanata e ha consentito di accertare che la spartizione dei relativi ingenti profitti costituisce un motivo di continue tensioni tra i diversi gruppi malavitosi operanti in quell’area.
Le indagini, inoltre, hanno documentato il sistematico ricorso alla violenza per l’affermazione territoriale ed il conseguimento della leadership, nell’ambito di una cruenta contrapposizione fondata anche sull’eliminazione fisica dei rivali. In tale contesto, infatti, sono stati anche accertati diversi episodi a chiaro sfondo intimidatorio, testimonianza del metodo mafioso usato dagli indagati, come nel caso del tentativo di estorsione in pregiudizio di un commerciante locale, la cui abitazione (unitamente all’autovettura ed ai locali dell’attività commerciale) è stata danneggiata in più momenti con colpi d’arma da fuoco.
Le attività investigative – svolte da una task force composta da investigatori delle Squadra Mobile di Foggia e Bari e del Servizio Centrale Operativo – avevano preso avvio nel 2015 a seguito di alcuni gravi episodi delittuosi verificatisi a San Severo, arrivando anche a documentare il fiorente traffico di stupefacenti gestito dai sodalizi locali (nonché i relativi canali di approvvigionamento estero, tra cui l’Olanda) e certificando la mafiosità di quelle organizzazioni.
Tra i destinatari della sentenza di condanna figurano elementi di primo piano delle predette famiglie mafiose, tra cui Franco e Roberto NARDINO, a capo dell’omonimo clan, rispettivamente condannati ad anni 18 e 16 di reclusione, nonché TESTA Severino, esponente apicale del clan LA PICCIRELLA, condannato alla pena di anni 16 di reclusione. Per il boss LA PICCIRELLA, invece, è in corso il processo innanzi al Tribunale di Foggia con le forme del rito ordinario.
Sequestrati 16 immobili, 2 compendi aziendali e disponibilità per oltre 1.650mila euro.
Militari dei Comandi Provinciali della Guardia di Finanza e dei Carabinieri di Foggia, coordinati dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Foggia, nell'ambito di specifica attività volta al contrasto della criminalità organizzata ramificata nel territorio della Capitanata, hanno dato esecuzione ad una misura di prevenzione patrimoniale del sequestro anticipato irrogata a carico di un pluripregiudicato di Torremaggiore, su richiesta della Procura di Foggia, dal Tribunale di Bari – III^ Sezione Penale - Misure di Prevenzione.
I Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria Foggia e i Carabinieri del Nucleo Investigativo Foggia hanno posto i sigilli ai beni immobili e mobili nella disponibilità diretta del destinatario del provvedimento giudiziario o dei suoi più stretti congiunti e prestanome.
L’ordine del sequestro anticipato dei beni è giunto all'esito di approfondite indagini patrimoniali eseguite dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Foggia con il contributo dei Carabinieri del Nucleo Investigativo che, dopo aver accuratamente rappresentato all’Autorità Giudiziaria la pericolosità sociale dell’individuo - presupposto essenziale per avanzare la proposta di confisca di prevenzione - hanno scandagliato la posizione patrimoniale del proposto, classe 78, con precedenti penali e di polizia per reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, armi, stupefacenti, estorsione, autoriciclaggio e reati fiscali, da ultimo arrestato a dicembre 2019 al termine dell’operazione “Hydra”, per aver fatto parte di un’associazione a delinquere dedita alle truffe ai danni dell’INPS, al riciclaggio, ai reati fiscali.
Oltre che nei confronti del proposto, le indagini patrimoniali sono state sviluppate anche sui suoi familiari più stretti e su due suoi prestanome, ai quali erano fittiziamente intestate immobili e società, di fatto nella piena disponibilità del pluripregiudicato. Tra queste, anche una società di smaltimento rifiuti colpita lo scorso 21 aprile da Interdittiva Antimafia del Prefetto di Foggia.
In particolare, i Finanzieri e i Carabinieri hanno condotto approfondimenti investigativi sul tenore di vita, sulle disponibilità finanziarie e sul patrimonio dell’intero nucleo familiare del 43enne di Torremaggiore, riscontrando – come riporta il Tribunale della Prevenzione - “una macroscopica … sproporzione esistente tra i redditi dichiarati dal …. e dai suoi congiunti … ed il valore del patrimonio (beni immobili, beni mobili registrati, partecipazioni sociali e relativi compendi aziendali) che i soggetti summenzionati hanno accumulato nel tempo”.
In altri termini, i beni mobili e immobili intestati al proposto ed ai suoi familiari conviventi, alla luce delle risultanze complessive dell'analisi delle movimentazioni economico finanziarie in entrata (fonti) e del raffronto con le uscite (impieghi), non hanno trovato giustificazione nei modesti redditi prodotti.
Il Tribunale della Prevenzione ha così accolto la proposta formulata dalla Procura della Repubblica di Foggia e ha ordinato il sequestro di:
- 2 compendi aziendali, comprensivi del 100% delle relative quote sociali, entrambi con sede in Torremaggiore (FG);
- 16 immobili – situati prevalentemente in area garganica (San Paolo di Civitate e Rodi Garganico) e Pescara – tra appartamenti e box;
- 4 autovetture;
- 5 conti correnti;
- 2 polizze assicurative/fideiussorie,
il tutto per un valore complessivo pari a oltre €. 1.652.000.
Il risultato conseguito oggi conferma il costante coinvolgimento della Guardia di Finanza e dell’Arma dei Carabinieri di Foggia, in perfetta sinergia con l'Autorità Giudiziaria, nella lotta alla criminalità organizzata, rimarcando che la sistematica aggressione degli interessi patrimoniali dei sodalizi criminali, attraverso strumenti di indagine volti al sequestro ed alla confisca dei proventi e dei beni accumulati da attività delittuose o dal reimpiego di risorse derivanti da esse, costituisce obiettivo strategico di primaria importanza per disarticolare le compagini delinquenziali organizzate e reprimere ogni tentativo di infiltrazione e mimetizzazione nell’economia legale. A tal fine la Procura della Repubblica del Tribunale Foggia ha istituito un apposito pool composto da sei Pubblici ministeri che si occupa di istruire e avanzare le richieste di misure di prevenzione personali e patrimoniali.
Traffico di stupefacenti, immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione, riciclaggio, truffe romantiche e informatiche, per un totale di quasi cento capi di imputazione, sono i reati di cui sono accusate le 30 persone arrestate in diverse città italiane al termine dell’indagine denominata “Hello Bross”.
L’attività operativa è stata condotta dalla Squadra mobile e dalla Sezione di polizia giudiziaria di L’Aquila insieme al Servizio centrale operativo, con la collaborazione delle Squadra mobili di Roma, Rieti, Bari, Caserta, Napoli, Reggio Emilia, Parma, Modena, Catania, Genova, Messina, Potenza e Terni.
Eseguite anche venticinque perquisizioni domiciliari e personali nei confronti di altrettante persone che, insieme agli arrestati, sono accusate di associazione di tipo mafioso.
Tutti gli indagati sono ritenuti appartenenti all’organizzazione “Black Axe”, che ha i suoi vertici in Nigeria, e di cui il gruppo criminale costituiva l’articolazione italiana.
Tutti gli appartenenti all’organizzazione sono cittadini nigeriani, compreso il leader del “ramo” italiano, un 35enne che impartiva le direttive da L’Aquila, dove risiedeva.
Gli investigatori hanno ricostruito l’intera struttura gerarchica dell’organizzazione mafiosa, individuandone i vertici nazionali e i componenti delle articolazioni periferiche presenti in diverse città italiane.
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Il gruppo criminale era caratterizzato da aggressività e violenza, con rigide regole di condotta che ne disciplinavano l’accesso e dalle quali derivavano precisi obblighi per gli appartenenti, la cui osservanza era finalizzata al rafforzamento del vincolo associativo.
I provvedimenti del Giudice per le indagini preliminari del tribunale di L’Aquila sono stati emessi grazie agli elementi acquisiti dagli investigatori, analizzando le numerose conversazioni telefoniche, ambientali e telematiche, le comunicazioni sui social e sulla posta elettronica; di fondamentale importanza è stato anche analizzare i conti correnti e tracciare i flussi di denaro e delle cripto valute, senza dimenticare i tradizionali servizi di osservazione e pedinamento effettuati su tutto il territorio nazionale.
Dall’indagine è anche emerso come gli affiliati fossero direttamente collegati con la casa madre nigeriana, di cui utilizzavano terminologie, simbologie, gestualità e riti di affiliazione.
La maggior parte dei reati perseguiti dagli appartenenti all’associazione mafiosa venivano commessi utilizzando la Rete; tra le numerose truffe informatiche, particolare rilievo aveva quella che partiva dall’acquisto di bitcoin con i quali gli indagati si procuravano, sul mercato nero del dark web, i numeri delle carte di credito clonate con le quali venivano effettuati acquisti online.
Durante l’attività investigativa, in particolare nella fase degli accertamenti patrimoniali, si è rivelata molto importante la collaborazione dell’Unità informativa finanziaria della Banca d’Italia e dell’Ufficio antiriciclaggio di Poste Italiane, soprattutto perché i guadagni frutto dei reati venivano reinvestiti in un reticolo di transazioni finanziarie che rendevano difficile la tracciabilità del denaro.