Anche nell’area del Tavoliere sono confermate la commistione d’interessi e le collaborazioni tra i gruppi criminali locali, foggiani e del Gargano. Inoltre, la mafia sanseverese e quella cerignolana continuano a dare prova di centralità rispetto ai traffici illeciti che si svolgono nell’intera Regione pugliese e, in qualche caso, su tutto il territorio nazionale.
In questo scenario, la cittadina di San Severo resta epicentro delle dinamiche criminali della provincia per il ruolo strategico assunto nel traffico degli stupefacenti, con proiezioni anche extraterritoriali grazie ai forti legami con la camorra, la ‘ndrangheta e la criminalità albanese. Nell’area continua il riassetto degli equilibri portato avanti dal gruppo La Piccirella-Testa, contrapposto al clan Nardino nella guerra di mafia ben delineata dall’operazione “Ares” del 6 giugno 2019, ampiamente descritta nella precedente Relazione Semestrale. Inoltre, come precedentemente evidenziato, le risultanze processuali e investigative del periodo in esame confermano sia la posizione di forza acquisita dal clan La Piccirella - il cui capo resta anche uomo di fiducia del capoclan Moretti - sia, conseguentemente, l’influenza della batteria foggiana dei Moretti-Pellegrino-Lanza.
Tale rapporto ha consolidato il peso della mafia sanseverese anche nei vicini comuni di San Paolo di Civitate, Apricena, Poggio Imperiale e soprattutto Torremaggiore, nonché degli interessi criminali dei Moretti-Pellegrino-Lanza nei settori degli appalti pubblici e della gestione dei rifiuti nell’area dell’Alto Tavoliere. Con riferimento a quest’ultimo settore, un ruolo rilevante è stato svolto da un imprenditore operante nel settore dei rifiuti, arrestato nell’ambito della operazione “Hydra”, ritenuto responsabile di aver promosso un sodalizio dedito ad operazioni di autoriciclaggio e truffa, utilizzando le società di famiglia. Le capacità dimostrate nell’espletamento dei compiti, sia operativi che strategici (come la cura degli interessi economici del sodalizio), hanno permesso all’imprenditore di scalare le gerarchie della cosca e diventare uomo di fiducia dei capi dei clan La Piccirella e Moretti, circostanza peraltro documentata già in occasione di un summit tenuto a Pescara il 2 giugno 2017.
L’indagine ha ricostruito, infine, uno degli omicidi compiuti nella guerra di mafia a San Severo, individuando quale responsabile del delitto un dipendente dell’azienda operante nella raccolta dei rifiuti. A Lucera si registra la presenza di piccoli gruppi, spesso composti da giovanissimi, dediti alla commissione di reati predatori ma soprattutto allo spaccio di sostanze stupefacenti, attività che li porta ad interagire con le vicine piazze di Foggia, San Severo e Cerignola. Peraltro verso, invece, il ritorno in libertà di figure di vertice della locale criminalità sembra favorire la propensione da parte dei clan storici Ricci, Cenicola e Barbetti a riaffermare la propria preminenza sul territorio, con proiezioni anche extraregionali, tenuto conto che alcuni di questi gruppi si sono ormai specializzati nel rifornimento delle piazze di spaccio molisane ed abruzzesi. Ciò risulta confermato dalle operazioni “White Rabbit” dello scorso semestre e “Drug Wash” del 24 luglio 2019.
Quest’ultima operazione ha riguardato un gruppo, con a capo un pregiudicato nipote dell’ergastolano boss del clan Bayan, attivo tra Lucera e la provincia di Campobasso nello spaccio di cocaina e di hashish. La presenza della criminalità lucerina nei traffici di stupefacenti sul territorio abruzzese e molisano trova, inoltre, riscontro anche nella operazione “Friends” del 20 novembre 2019, che ha fornito elementi circa una parziale ricomposizione dei clan Papa e Ricci, rivelatisi ancora capaci di ritagliarsi un ruolo importante nel mercato del narcotraffico, in ragione dei rapporti d’affari con la malavita cerignolana e la mafia garganica e potendo vantare canali di approvvigionamento presso le organizzazioni camorristiche in Campania (come il clan Cesarano, operante tra Pompei e Castellammare di Stabia). Ad Apricena, il ritorno in auge del boss del clan Padula potrebbe incidere sugli assetti criminali di quel territorio, e in particolare sulla direttrice Apricena-Vico del Gargano-Rodi Garganico, risvegliando i vecchi contrasti del gruppo con i Di Summa-Ferrelli.
Libera Foggia
Cgil Cisl Uil di Capitanata aderiscono e sostengono la campagna promossa dal Presidio di Libera Foggia “Francesco Marcone” dal titolo #LiberaFoggiadallamafia, che invita associazioni e cittadini a una riflessione collettiva sui fenomeni criminali che affliggono la nostra comunità. Una campagna che si avvarrà dell’utilizzo dei social nell’impossibilità al momento di iniziative in presenza a causa delle criticità derivanti dalla situazione epidemiologica.
“Se non possiamo manifestare fisicamente possiamo e dobbiamo farlo assieme con altri canali e strumenti, contribuendo a costruire una piazza virtuale affinché non manchi mai la voce della Foggia per bene, che pretende legalità, partecipazione, democrazia”, affermano i segretari generali di Cgil Cisl Uil di Capitanata, Maurizio Carmeno, Carla Costatino, Gianni Ricci. “Il mondo del lavoro è da sempre in prima fila nel contrasto a ogni forma di criminalità che avvilisce le speranze di progresso economico e sociale. La legalità è precondizione di sviluppo, perché la pervasività delle organizzazioni mafiose non rende attraente il territorio per quegli investimenti imprenditoriali che generano nuova occupazione, in un territorio che ha disperato bisogno di lavoro”. Allo stesso modo, “accertato dalle inchieste della magistratura come la criminalità foggiana sia andata oltre estorsioni e abbia investito i ricavi illegali nei circuiti economici legali, quali condizioni di lavoro, quali servizi di qualità, può mai garantire un datore di lavoro, un’impresa, che si identifica con la mafia?”.
“La criminalità è un cancro da estirpare dal tessuto sano della società foggiana”, concludono Carmeno, Costantino e Ricci. “Va dato il massimo sostegno alle azioni di contrasto di forze dell’ordine e magistratura, ma assieme serve insistere su un lavoro di antimafia sociale e culturale, facendo rete, rendendo evidente a tutti che la mafia è un parassita che vive e si alimenta alle spalle della gente per bene, che alimenta e sostiene interessi speculativi, che sottrae ricchezza alla comunità e impoverisce. È allora interesse di tutti manifestare il proprio impegno, e in vista della data del 10 gennaio lanciata da Libera rispondere all’appello, farlo anche individualmente, ed è questo che chiediamo a tutti i cittadini e ad ogni nostro iscritto e iscritta. Perché #Foggialiberadallamafia non sia più uno slogan ma al più presto un’affermazione di civiltà e vittoria collettiva”.
Indagini serrate da parte della Polizia di Foggia che lo scorso 26 dicembre 2020, personale della Squadra Mobile e del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, in esecuzione di un’ordinanza impositiva della misura della custodia cautelare in carcere emessa dal GIP presso il Tribunale di Bari all’esito di articolate indagini coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia di Bari, con il contributo della Procura di Foggia, e svolte dagli investigatori della Squadra Mobile di Foggia e del Servizio Centrale Operativo, ha tratto in arresto Aldo Checchia, classe 1991, Domenico La Gatta, classe 1973, Federico Trisciuoglio, classe 1953, e Nicola Valletta, classe 1986 (questi ultimi due già tratti in arresto lo scorso 16,11/2020 nell’ambito della. c.d. ‘Decima Azione bis“), in quanto ritenuti responsabili dei reati di tentata estorsione ed estorsione consumata ai danni di imprenditori e commercianti foggiani, commessi al fine di agevolare l’organizzazione mafiosa nota come “Società Foggiana”.
L’operazione si inserisce nel solco tracciato dall’ultima indagine “Decima azione bis”, che aveva già inferto un duro colpo alla mafia foggiana. Nello specifico l'indagine ha:
- realizzato una generalizzata, pervasiva e sistematica pressione estorsiva nei confronti di imprenditori e commercianti di Foggia, gestita secondo un codice regolativo predefinito e condiviso, significativamente denominato come il “SISTEMA”;
- costituito una cassa comune, finalizzata al pagamento degli “stipendi” per i consociati, nonché al mantenimento dei sodali detenuti e dei loro familiari, anche attraverso il sostenimento delle spese legali„ così sviluppando collaudati processi di gestione centralizzata nell’acquisizione e nella ripartizione delle risorse economiche;
- gestito il racket delle estorsioni, come la riscossione di una vera e propria tassa di sovranità, registrando su un libro mastro la lista delle attività commerciali ed imprenditoriali estorte, nonché gli “stipendi” pagati agli associati;
- regolato le dinamiche interne attraverso il sistematico ricorso alla violenza brutale, quale strumento di definizione degli assetti interni e delle gerarchie associative; - sviluppato, negli ultimi anni., una significativa vocazione imprenditoriale, ed una parallela opera di infiltrazione nel settore amministrativo, orientando il sodalizio mafioso verso un più evoluto modello di mafia degli affari.
Quest’ultima indagine, condotta dagli investigatori del Servizio Centrale Operativo e della Squadra Mobile di Foggia, è stata avviata grazie alla fondamentale collaborazione di alcuni imprenditori, che hanno denunciato alla Polizia di Stato le richieste estorsive e le intimidazioni subite. La stessa indagine aveva già portato all’arresto, lo scorso 03 dicembre, di Aldo Checchia e Domenico La Gatta, nei cui confronti la Direzione Distrettuale Antimafia di Bari aveva emesso un decreto di fermo.
Con il provvedimento cautelare eseguito lo scorso 26.12.2020, il GIF di Bari ha contestato ad Aldo Checchia la partecipazione al sodalizio mafioso denominato “Società Foggiana” e di essere l’autore materiale, unitamene al capo Federico Trisciuoglio, di un tentativo di estorsione (denunciato da un noto imprenditore foggiano) e di altri episodi estorsivi, consumati o anche solo tentati, ai darmi di altri imprenditori foggiani.
È stata dimostrata la operatività della “batteria” capeggiato da Federico Trisciuoglio, il quale, malgrado fosse in regime di detenzione domiciliare, continuava a gestire le attività criminose della “batteria”, impanando agli affiliati precisi ordini sugli obiettivi da taglieggiare. Sono stati provati numerosi incontri tra Trisciuoglio e i suoi sodali, ma anche incontri con alcuni imprenditori costretti a recarsi a casa sua per consegnargli denaro.
È emerso che i membri della “Società Foggiana” controllavano anche attività illecite commesse da altri soggetti, da cui riscuotevano quote destinate al sostentamento del capo e di altri associati. È stata contestata, infatti, anche un’estorsione ai danni di un trafficante all’ingrosso di stupefacente, costretto a versare alla organizzazione mafiosa una vera e propria “tassa di sovranità” – pari ad euro 3.000 al mese – perché gli fosse permesso di svolgere la sua illecita attività.
L’inchiesta ha anche certificato l’esistenza di un rapporto di alleanza e mutua assistenza ma la “banana” dei “TRISCIUOGLIO-TOLONESE-PRENCIPE” e quella dei “MORETTl-PELLEGRINO-LANZA”. Sono stati infatti documentati, tra CHECCHIA e VALLETTA Nicola, elemento spinale della “batteria” dei “MORETTI-PELLEGRINO-LANZA”, numerosi incontri finalizzati alla spartizione degli utili, accertando altresì il coinvolgimento del VALLETTA in un ulteriore episodio estensivo, commesso ai danni di un commerciante foggiano, costretto a versare all’organizzazione mafiosa una tangente periodica incisile tra i 500 e i 1.000 curo al mese.
Il successo dell’indagine é il frutto dell’impegno della Polizia di Stato e della magistratura antimafia, ma anche della collaborazione di alcuni imprenditori foggiani, che hanno finalmente deciso di non sottomettersi pin alle prepotenze dell’organizzazione e di affidarsi allo Stato, dando così un chiaro segnale di discontinuità rispetto alla abituale condizione di omertà delle vittime.
Gli interventi sugli immobili resi possibili grazie al sostegno di Fondazione CON IL SUD.
Sono ufficialmente iniziati i lavori di ristrutturazione che interesseranno i due immobili esistenti all’interno degli 8 ettari di terreno di “Terra Aut”, in contrada Scarafone, sui beni confiscati a Giuseppe Mastrangelo, uno dei boss più influenti della criminalità organizzata cerignolana. Gestiti dalla cooperativa sociale Altereco, che porta avanti progetti di agricoltura sociale finalizzati all’inserimento lavorativo di persone in condizione di svantaggio, i lavori di ristrutturazione rientrano tra le azioni previste dal progetto “Il fresco profumo della libertà”, tra gli interventi selezionati nell’ambito della quarta edizione del Bando Beni Confiscati alle mafie 2019, promosso dalla Fondazione CON IL SUD insieme alla Fondazione Peppino Vismara. Una sfida ambiziosa, importante per un territorio come quello di Cerignola, segnato in quegli anni da una forte presenza della criminalità organizzata. Perché non c’è azione più potente e concreta che trasformare un luogo simbolo del potere mafioso in avamposto di legalità, di economica sostenibile, di lavoro regolare, di sviluppo, di antimafia sociale.
Nel primo immobile, quindi, sarà realizzato l’Orto Sociale, la cui finalità sarà quella di affiancare alle normali prestazioni per la conduzione di un orto (cura delle piante, degli alberi, pratiche quotidiane per la coltivazione delle orticole stagionali) l’apertura dello stesso alla collettività per favorire l’inserimento e/o il reinserimento sociale e lavorativo di particolari categorie svantaggiate, mediante la realizzazione delle seguenti attività: percorsi di ortoterapia con persone disabilità, minori stranieri non accompagnati, minori provenienti dall’area penale; giardino delle piante aromatiche e percorso di barefooting (percorso sensoriale a contatto con la natura da realizzare a piedi nudi); formazione/accompagnamento ed inserimento lavorativo di immigrati; Bottega solidale per la produzione e la vendita di prodotti a km0; progettazione di una etichetta partecipata per favorire vendita e commercializzazione dei prodotti.
Il secondo immobile, invece, è destinato a diventare un B&B. Saranno allestite 2 camere dotate di comfort per il riposo ed di servizi igienici per favorire in primis l’accoglienza di visitatori in genere e dei pellegrini in particolare vista anche la posizione del bene collocato sulla Via Francigena, garantendo inoltre, una serie di servizi quali: servizio di bike sharing, con la possibilità di noleggiare una mountain bike; mezzi di conforto (degustazione prodotti, acqua). Il progetto “Il fresco profumo della libertà” promosso dalla cooperativa sociale Altereco coinvolge diversi partner pubblici e privati: Fondazione dei Monti Uniti di Foggia, Associazione Volontari Emmanuel, Comune di Cerignola, Al di là dei sogni Cooperativa sociale onlus, UN SORRISO PER TUTTI Società Cooperativa Sociale ONLUS, Associazione Terra!Onlus, Cooperativa sociale L’Abbraccio, Oltre Rete di imprese, Sindacato pensionati italiani CGIL, Ufficio Locale di Esecuzione Penale Esterna di Foggia.
Intanto, con la produzione del succo di melagrana biologico, si completa sempre di più l’offerta di prodotti inserita nel tradizionale pacco di Natale “Sapori di Giustizia” proposti dalla cooperativa sociale Altereco che contiene tutti prodotti liberi, buoni ed etici realizzati sui terreni di “Terra Aut”. Tutti prodotti che rispettano la filiera agroalimentare dalla lavorazione alla trasformazione. Confettura di uva, confettura di ciliegie, passata di pomodoro biologico, melanzana grigliata sott’olio, zucchine grigliate sott’olio d’oliva, paté di cime di rapa. E adesso, appunto, anche il succo di melagrana biologico certificato, i cui alberelli furono piantumati nel luglio 2016 da ragazzi e ragazze coinvolti nei campi di formazione e lavoro “Estate Liberi” promossi da Libera.
Per avere informazioni o effettuare gli ordini per il pacco di Natale “Sapori di Giustizia”, si può contattare la Cooperativa all’indirizzo mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Nella giornata del 03.12.2020 personale della Squadra Mobile di Foggia, in esecuzione di un decreto di Fermo di indiziato di delitto emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari all’esito di articolate indagine coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia di Bari e dalla Procura della Repubblica di Foggia e svolte dagli investigatori della Squadra Mobile di Foggia e del Servizio centrale Operativo della Polizia di Stato, ha tratto in arresto CHECCHIA Aldo, classe 91’, e LA GATTA Domenico, classe 73’, in quanto ritenuti responsabili dei reati di tentata estorsione ed estorsione ai danni di imprenditori e commercianti foggiani, commesse avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416 bis, c.p. ed in concorso con TRISCIUOGLIO Federico – quest’ultimo tratto in arresto lo scorso 16.11.2020 in esecuzione di ordinanza custodiale emessa dal GIP presso il Tribunale di Bari all’esito dell’operazione di Polizia convenzionalmente denominata “Decimabis” – col preciso fine di agevolare l’associazione mafiosa convenzionalmente denominata “Società Foggiana”.
Tale inchiesta, avviata grazie alla fondamentale collaborazione di alcuni imprenditori che hanno avuto il coraggio e la determinazione di denunciare alla Polizia di Stato le richieste estorsive e le intimidazioni subite, ha permesso di accertare la piena operatività della “batteria” capeggiata da TRISCIUGLIO Federico, classe 53’, il quale, malgrado lo stato detentivo in cui si trovava (sino al 16 novembre scorso infatti TRISCIUOGLIO era ristretto in regime di detenzione domiciliare presso la propria abitazione), continuava ad impartire ordini ai propri affiliati gestendo le attività criminose e indicando gli imprenditori ed i commercianti da colpire con pressanti richieste estorsive.
I numerosi presidi tecnici attivati dagli investigatori della Polizia di Stato hanno quindi permesso di documentare numerosi incontri del boss con il CHECCHIA ed altri sodali, nonché alcuni incontri del medesimo con gli imprenditori estorti, costretti addirittura a recarsi a casa sua per consegnargli il denaro loro estorto.
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Questa inchiesta si inserisce nel solco tracciato dalla recente operazione di Polizia convenzionalmente denominata “Decimabis” che ha documentato, tra le altre cose, come l’organizzazione mafiosa “società Foggiana” abbia:
- realizzato una generalizzata, pervasiva e sistematica pressione estorsiva nei confronti di imprenditori e commercianti di Foggia, gestita secondo un codice regolativo predefinito e condiviso, significativamente denominato come il “SISTEMA”;
- costituito una cassa comune, finalizzata al pagamento degli “stipendi” per i consociati, nonché al mantenimento dei sodali detenuti e dei loro familiari, anche attraverso il sostenimento delle spese legali, così sviluppando collaudati processi di gestione centralizzata nell’acquisizione e nella ripartizione delle risorse economiche;
- gestito il racket delle estorsioni come la riscossione di una vera e propria tassa di sovranità, registrando su un libro mastro la lista delle attività commerciali ed imprenditoriali estorte, nonché gli “stipendi” pagati agli associati;
- regolato le dinamiche interne attraverso il sistematico ricorso alla violenza brutale, quale strumento di definizione degli assetti interni e delle gerarchie associative;
- sviluppato, negli ultimi anni, una significativa vocazione imprenditoriale, ed una parallela opera di infiltrazione nel settore amministrativo, orientando il sodalizio mafioso verso un più evoluto modello di mafia degli affari.
Più nel dettaglio, l’indagine condotta dagli investigatori della Polizia di Stato, coordinata e diretta dalla Procura Distrettuale Antimafia di Bari, con la collaborazione della Procura della Repubblica di Foggia, ha permesso non soltanto di individuare in CHECCHIA Aldol’autore del tentativo di estorsione denunciato presso quest’Ufficio da un noto imprenditore foggiano, acclarando il coinvolgimento in quella attività estorsiva anche del boss TRISCIUGLIO Federico, ma di accertare altresì le responsabilità dei predetti indagati con riguardo ad ulteriori episodi estorsivi consumati o anche solo tentati ai danni di numerosi commercianti ed imprenditori foggiani che non sarebbero mai stati scoperti senza questa importante attività investigativa.
Inoltre, analoghe contestazioni sono state mosse nei confronti del LA GATTA Domenico, responsabile, unitamente ai sopra citati CHECCHIA e TRISCIUOGLIO, del reato di estorsione ai danni di un trafficante all’ingrosso di stupefacente, costretto a versare una vera e propria “tassa di sovranità” pari ad euro 3.000 al mese all’organizzazione mafiosa per poter svolgere la sua illecita attività. Tale evidenza testimonia il capillare controllo del territorio praticato dalla “Società Foggiana”, in grado di controllare ed assoggettare qualsiasi attività anche quelle di natura illecita. Del resto, proprio grazie all’importante impiego di invasive e capillari attività tecniche, è stato accertato il coinvolgimento in tale ultima azione criminale anche di soggetti appartenenti alla “batteria” dei “MORETTI-PELLEGRINO-LANZA” (alcuni tratti in arresto lo scorso 16.11.2020 nell’ambito dell’operazione di Polizia “Decimabis”), certificando l’esistenza di un rapporto di mutua assistenza tra le “batterie” dei “MORETTI-PELLEGRINO-LANZA” e dei “TRISCIUOGLIO-TOLONESE-PRENCIPE”.
In data 07.12.2020 all’esito dell’udienza di convalida del decreto di fermo di indiziato di delitto il Gip presso il Tribunale di Foggia ha emesso un’ordinanza impositiva della misura della custodia cautelare in carcere a carico del CHECCHIA e quella dei domiciliari a carico del LA LGATTA.
Questa ennesima ed importantissima operazione antimafia attesta, ancora una volta, l’impegno e la determinazione della Polizia di Stato, della Direzione Distrettuale Antimafia e della Procura della Repubblica di Foggia nell’attività di contrasto e di repressione della criminalità organizzata foggiana, testimoniando l’attenzione della “Squadra Stato” verso un territorio da troppo tempo vessato da un’asfissiante e tentacolare oppressione mafiosa. Al riguardo appare oltremodo significativa la collaborazione di alcuni imprenditori foggiani che hanno vinto ogni resistenza e denunciato i tentativi di intimidazione di cui erano stati vittime; circostanza che lascia ben sperare per un generale risveglio della coscienza sociale dell’intera comunità foggiana.
"Siamo venuti a conoscenza del fatto che Federica Angeli, dopo poche settimane dall'inizio del suo nuovo incarico, presso il Comune di Roma, si sia trovata costretta a dover depositare due denunce penali, una per diffamazione e una per minacce.
La nostra associazione è nata intorno alla figura di Federica, come scorta mediatica per lei e per tutti i giornalisti minacciati dalla mafia. Mai avremmo immaginato, ora che il suo ruolo è cambiato, di doverla difendere da insulti e minacce, nonostante gli evidenti risultati che sta ottenendo, a tempo di record, in un territorio difficilissimo, quale è la periferia romana. Conosciamo bene Federica Angeli, che è stata nostro presidente onorario, e resta una grande amica. Conosciamo il suo impegno e la sua tenacia. Conosciamo la sua onestà e integrità. Esprimiamo tutta la nostra solidarietà a Federica, sicuri che lei, come sempre, andrà avanti, con la grinta che la contraddistingue"
Così, Leonardo Cassone, presidente di Noi Associazione Antimafia, sugli attacchi subiti dalla giornalista e neodelegata alle periferie del Comune di Roma, Federica Angeli.
Associazione Antimafia #Noi
«Dopo le gravi intimidazioni ricevute, l'associazione antimafia #Noi esprime piena solidarietà e vicinanza al giornalista Sigfrido Ranucci e a tutta la redazione di Report. La libera informazione è alla base di ogni sistema democratico e i giornalisti di Report, con le loro inchieste, rappresentano il buon giornalismo come baluardo della democrazia. #Noi è sempre dalla parte di chi combatte per la libertà di stampa e di chi informa liberamente i cittadini».
Associazione Antimafia #Noi
Per la cronaca, il fatto si riferisce all'evento accaduto il giorno scorso "nella redazione del programma" come riporta ilfattoquotidiano.it, che prosegue "è stato trovato il foglio con una polvere bianca definita "antrace", in alto in pennarello la sigla N B R (presumibilmente Nuove Brigate Rosse). Sul posto sono intervenuti inquirenti e Vigili del fuoco, che hanno disposto il sequestro della lettera. Solidarietà di Rai, Usigrai e Fnsi".
ilfattoquotidiano.it: Minacce a Report, sulla lettera indaga la Digos. Ranucci: “Atti di imbecilli, non ci fermeremo”
(fonte: ilfattoquotidiano.it) Una lettera anonima con una polvere bianca definita “antrace” sul foglio che l’accompagnava è stata recapitata nella redazione di Report, il programma di inchiesta condotto da Sigfrido Ranucci su Rai3. Nella carta a quadretti si leggono frasi farneticanti – incluso “Voi il marcio del sistema corrotto” – scritte apparentemente con un normografo: “Solo falsa informazione per potere e poltrone. Cercate meglio negli armadi, oltre agli scheletri avete le bombe”, e in alto in pennarello la sigla N B R (presumibilmente Nuove Brigate Rosse), con la stella a cinque punte. “La Rai ha messo in atto tutti i sistemi di sicurezza nella maniera più idonea, ho avuto la redazione dimezzata per questo motivo in settimana ma, seppur con molte difficoltà, lunedì sera andremo in onda come sempre alle 21.20 con una puntata molto forte”, ha detto Ranucci.
Subito avvertiti dai responsabili della Security aziendale, sono intervenuti sul posto inquirenti e Vigili del fuoco, che hanno disposto il sequestro della lettera e del campione di polvere: materiale inerte, secondo quanto emerso dai primi esami sul campione, mandato ad analizzare prima allo Spallanzani e poi all’istituto zooprofilattico di Foggia. Sulla lettera indagano gli agenti del Commissariato Rai e la Digos. “Non ci fermeremo di fronte a degli atti di imbecilli – ha assicurato Ranucci – Personalmente poco tempo fa ho ricevuto minacce di morte da un sedicente gruppo SS, addirittura. Ci hanno rallentato, non certo bloccato.”
Messaggi di solidarietà sono arrivati dalla Rai, che ha ribadito di supportare “il giornalismo come attività tutelata dalla Carta Costituzionale, in particolare il giornalismo di inchiesta portato avanti con serietà e professionalità”. Anche Federazione nazionale della Stampa italiana e Usigrai si schierano “dalla parte di Sigfrido Ranucci e della redazione di Report, minacciata da chi vorrebbe impedire ai cittadini di essere informati su malaffare, truffe, minacce alla loro salute e alla Costituzione. Sentir riecheggiare la sigla Nuove Br ci riporta ad anni bui e dolorosi per il nostro Paese. Siamo certi – conclude la nota – della massima attenzione delle autorità per verificare l’attendibilità della minaccia. Come siamo consapevoli che non basteranno deliranti intimidazioni a fermare il lavoro dei colleghi”.
A rendere noto un particolare poco conosciuto emerso dalle indagini dell’operazione antimafia foggiana “DecimaBis” è la Fondazione Antiusura Buon Samaritano. Tutto è scritto e svelato nel testo del Presidente, l’Ing. Pippo Cavaliere (ndr.)
«Gli esiti del processo “DECIMA AZIONE”, conclusosi con pesanti condanne a carico degli esponenti della criminalità foggiana, e la recente operazione “DECIMA AZIONE BIS” con l’emissione di 40 ordini di custodia cautelare, costituiscono l’ennesima dimostrazione dell’ottimo lavoro che la squadra stato sta portando avanti. La strada imboccata è quella giusta, a condizione che lo Stato consideri quanto fatto finora un punto di partenza, giammai un punto di arrivo, perchè il cammino è ancora lungo e tortuoso.
L’ operazione “DECIMA AZIONE BIS” (la cui denominazione si spera sia il preludio di un TER), ha evidenziato ancora una volta il livello di spregiudicatezza, impudenza e temerarietà della criminalità foggiana. Leggendo infatti l’ordinanza abbiamo subito pensato ad un caso di omonimia, ma poi abbiamo dovuto rassegnarci ad un’amara realtà. Tra le vittime di estorsione, e quindi tra le parti lese in “DECIMA AZIONE BIS”, figurano anche soggetti che la fondazione antiusura ha perseguito per il reato di usura, soggetti che sono stati raggiunti da provvedimenti dell’autorità giudiziaria e processati. In altre parole dobbiamo prendere atto che la criminalità foggiana estorce denaro agli stessi criminali, che sono allo stesso tempo “aguzzini” del povero commerciante e contestualmente “vittime” dei livelli alti della criminalità.
Questa circostanza costituisce l’ulteriore conferma dell’elevato grado di pericolosità della cosiddetta quarta mafia, spietata al punto da vessare i suoi stessi affiliati».
FOCUS
- Decimabis. I particolari su “zone grigie” e sport
- Decimabis. Cambi di vertici, scissioni e affiliazioni con la mafia garganica e dell’Alto Tavoliere
Dichiarazione del segretario del Circolo del PD di Foggia, Davide Emanuele, e dei consiglieri comunali Pasquale Dell'Aquila, Lia Azzarone, Francesco De Vito, Michele Norillo e Annarita Palmieri
«La mafia foggiana è "il primo nemico dello Stato", per il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho; a maggior ragione è e deve essere il primo nemico di Foggia.
L'encomiabile operazione condotta da magistratura e forze dell'ordine e la certosina ricostruzione dell'attività e della pervasività della Società foggiana impongono una corale azione a difesa della comunità. Ciascuno per quanto e ciò che può ha il dovere di agire per affermare il principio della legalità, rivendicare il diritto a vivere serenamente ed agire liberamente, operare potendo contare sul sostegno e la protezione delle istituzioni. Compreso il Comune, nella sua interezza.
Mettiamo da parte le polemiche politiche e il gioco delle parti e sforziamoci tutti, ciascuno in base alla funzione che svolge, di attivare misure concrete e condivise.
Al sindaco Franco Landella e alle forze politiche di maggioranza e minoranza propongo di riprendere il filo dell'azione amministrativa a partire dal documento sulla sicurezza approvato all'unanimità dal Consiglio comunale e da ciò che l'istituzione cittadina può compiere direttamente.
È ora di istituire la Consulta cittadina per la legalità, aperta alle istituzioni e alla società civile, e di aderire ad Avviso Pubblico, l'associazione che riunisce gli amministratori pubblici che s'impegnano a promuovere la cultura della legalità democratica. Si può procedere all'utilizzo degli spazi delle Circoscrizioni Nord, Sud e Centro per lo sviluppo di attività e progetti di antimafia sociale, come all'adozione del Modello Ercolano per incentivare con misure di fiscalità di vantaggio la denuncia da parte dei commercianti onesti che non vogliono pagare il pizzo. Si deve garantire la totale trasparenza delle procedure di gestione delle misure finanziarie straordinarie di sostegno al reddito dei soggetti bisognosi, come delle assegnazioni degli alloggi popolari, anche costituendo una Consulta di Garanzia aperta agli Enti del Terzo Settore.
Inoltre, il passaggio da part time a full time della gran parte degli operatori della Polizia Comunale deve essere la premessa alla riorganizzazione complessiva del servizio, prevedendo l'istituzione dei presidi fissi di quartiere almeno nelle aree più a rischio della città. E ce ne sono, oltre il quartiere Ferrovia.
Compiamo tutti lo sforzo di andare oltre la retorica vittimistica o l'espressione del doveroso plauso all'azione di forze dell'ordine e magistratura. Insieme, possiamo e dobbiamo schierarci al fianco della Squadra Stato e non limitarci a fare il tifo dagli spalti».
Con un messaggio pubblicato sul sito di Libera e ripreso dalla pagina facebook di Libera Foggia, don Luigi Ciotti, Presidente di Libera, ha manifestato tutta la sua energica lode all’operazione antimafia “Decimabis”. Circa un anno fa, il 10 gennaio 2020, a Foggia si svolse una manifestazione contro le mafie e in quell’occasione, come tutte le altre, don Ciotti “gridò” No alla violenza. Con lui, Daniela Marcone, foggiana e vicepresidente di Libera, ha voluto commentare la vittoria della “Squadra Stato”, lanciando per l’ennesima volta l’appello di non essere omertosi. (ndr.)
Luigi Ciotti:" La grande operazione antimafia che, tra arresti e notifiche cautelari ha colpito oltre quaranta persone è un forte segno di speranza, non solo per l'esito, ma per il metodo."
«La grande operazione antimafia svoltasi questa mattina a Foggia, operazione che, tra arresti e notifiche cautelari per chi già si trovava in carcere, ha colpito oltre quaranta persone tra cui due boss di una mafia tra le più pervasive ed efferate d’Italia, è un forte segno di speranza. Non solo per l’esito, ma per il metodo. L’operazione scaturisce infatti dalla collaborazione di un “pool” composto da Polizia, Carabinieri, Direzione Nazionale Antimafia, Direzione Distrettuale Antimafia di Bari e Procura di Foggia. Esempio inedito di quel concorso di forze e competenze a cui Libera da sempre richiama e si richiama, nel segno della condivisione e della corresponsabilità.
Il “Noi” che proprio a Foggia, il 10 gennaio scorso, ha voluto gridare il suo “no!” alla violenza mafiosa e alle complicità che la alimentano con una marcia di oltre ventimila persone unite per disinnescare la miccia della paura e della rassegnazione. Bisogna augurarsi che il metodo dell’operazione di questa mattina faccia scuola non solo nel contrasto al crimine organizzato ma in ogni ambito della vita sociale, tanto più in un momento che ci fa capire – nel distanziamento preventivo – quanto siano importanti le relazioni e i beni comuni. Solo insieme ci possiamo salvare: non solo dalle pandemie ma anche dalle mafie, dalle ingiustizie e da tutte le divisioni che tolgono dignità, speranza e futuro».
La riflessione di Daniela Marcone, Vicepresidente di Libera.
«Ritengo che l'operazione Decimabis, letta alla luce di quanto era già emerso con le precedenti operazioni, evidenzi alcuni dettagli importanti e necessiti di una riflessione attenta e non improvvisata. Oggi, nei vari interventi anche di istituzioni nazionali la parola "batteria" che indica il clan familiare, nucleo tipico della Società foggiana, è stata più volte utilizzata, entrando nella narrazione più esterna al nostro territorio. Così come i nomi delle famiglie appaiate tra loro e contendenti con le altre, sono apparsi in numerosissime pagine di quotidiani e post su facebook. Questo racconto nazionale era già in atto ma, finalmente, il sipario si è alzato davvero. Ringrazio i magistrati e gli appartenenti alle forze dell'ordine impegnati nel quotidiano contrasto. Li ringrazio anche per aver descritto il fenomeno al meglio. Il contrasto alle mafie del foggiano è ancor di più una priorità assoluta e di livello nazionale. Ecco perché chi vive a Foggia è chiamato ancora una volta in causa. Le notizie su questa mafia fanno tremare, essa appare, come è giusto che sia, tremenda, pericolosissima, invasiva. Lo era anche prima ma noi eravamo "soli" a parlarne, a cercare di far emergere il marcio, il pericolo, il danno. Ora è tempo di uscire tutti dal silenzio, è la rete che amplifica le voci, voci nostre, che ci fanno uscire definitivamente dall'ombra. Perché le operazioni investigative colpiscono i mafiosi ma a noi tutti, insieme, spetta il compito di ricucire il tessuto sociale messo alla prova, strappato e irrigidito dalle paure. Un tessuto che può diventare la rete che sostiene chi sceglie di denunciare, chi rompe il silenzio delle "regole" imposte dalla mafia. Quella lista di chi subisce l'estorsione del pizzo è troppo lunga, in tanti accettano di pagare una "tassa" criminale. Le motivazioni per cui questo avviene sono tante e non spetta a me puntare il dito. Penso però che per molti anni la cappa che asfissiava la città non ha incoraggiato la denuncia e il cambiamento culturale necessario a sostenerla. Ora, però, è diverso e tanto altro accadrà per chiarire le trame mafiose. Chi resta indifferente, oggi, non ha più scuse, si rende complice».