Finanzieri del Comando Provinciale di Foggia, su disposizione del Tribunale di Bari - Sezione III in funzione di Tribunale della Prevenzione, hanno eseguito un provvedimento di sequestro di prevenzione di beni immobili, compendi e quote aziendali, beni mobili e disponibilità finanziarie per 1,4 milioni di euro.
L’ordinanza di sequestro anticipato del Tribunale di Bari, disposto in accoglimento della proposta della Procura della Repubblica di Foggia, è l’atto finale di articolate indagini economico patrimoniali sviluppate dai finanzieri della Tenenza della Guardia di Finanza di Vieste, con il supporto del Servizio Centrale Investigazioni sulla Criminalità Organizzata di Roma e il Nucleo di polizia economico finanziaria/GICO di Bari, su un soggetto di Vieste a cui carico risultano plurime sentenze di condanna irrevocabili (per reati contro il patrimonio, occupazione abusiva di area demaniale, reato in materia di stupefacenti).
I finanzieri, sotto la direzione della Procura della Repubblica del capoluogo dauno, hanno condotto approfonditi accertamenti patrimoniali, all’esito dei quali è emersa in capo al proposto ed ai suoi familiari conviventi una disponibilità di beni il cui valore è risultato sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati/percepiti ed in generale alle fonti di sostentamento lecite proprie e del proprio nucleo familiare, tanto da far ritenere che siano il profitto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego.
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È stata pertanto avanzata dalla Procura della Repubblica di Foggia una richiesta di applicazione di misure di prevenzione patrimoniali che il Tribunale di Bari ha accolto, ritenendo il proposto socialmente pericoloso e ordinando di sottoporre a sequestro, per un valore complessivo di € 1.397.023,00:
- una struttura ricettiva, di tipo residence per vacanze, di Vieste (FG);
- uno stabilimento balneare di Vieste (FG);
- l’intero capitale sociale e compendio aziendale di due società esercenti l’attività di stabilimenti balneari con sede operativa in Vieste (FG);
- quote societarie di un’impresa edilizia con sede legale in Vieste (FG);
- un terreno di mq 2.838;
- un immobile di mq 80 in agro di Vieste (FG);
- un conto corrente e 9 depositi al Risparmio riconducibili direttamente o indirettamente al soggetto proposto.
L’odierno sequestro si inserisce nel solco della costante azione della Guardia di finanza di ricerca di patrimoni riconducibili a soggetti che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi derivanti da attività delittuose; attività che risponde alla duplice finalità di disarticolare in maniera radicale le organizzazioni criminali mediante l’aggressione delle ricchezze illecitamente accumulate, e liberare l’economia legale da indebite infiltrazioni della criminalità consentendo agli imprenditori onesti di operare in regime di leale concorrenza.
Si precisa che si tratta di un sequestro anticipato e che solo dopo la conclusione del procedimento di prevenzione, con la confisca, si potrà ritenere definitivamente accertata la provenienza illecita dei beni sequestrati.
La presente comunicazione è stata autorizzata dalla competente Procura della Repubblica.
Entro il 31 dicembre è possibile partecipare al concorso “Disegna la legalità”, rivolto a tutti i bambini d’età compresa tra i 5 e i 13 anni, inviando i lavori a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.">Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
I disegni dovranno avere come tema la legalità.
“La nostra associazione ha sempre avuto come obiettivo quello di promuovere una cultura della legalità.” dichiara Leonardo Cassone, presidente di #Noi “Quest’anno abbiamo deciso di partire dai bambini, perché loro rappresentano il futuro e occorre investire nelle nuove generazioni. Siamo fermamente convinti che il concetto di legalità sia qualcosa di concreto che possa essere sperimentato nella vita di ogni giorno. Abbiamo quindi voluto chiedere ai bambini cosa sia per loro, con l’obiettivo di creare anche un’occasione per un dialogo all’interno delle famiglie su un tema così importante.”
Per promuovere l’iniziativa, dalle ore 10 alle ore 13, l’associazione #Noi sarà a Ostia in Piazza Anco Marzio sabato 18 dicembre e a San Basilio al Parco della Balena domenica 19 dicembre.
Nello stand oltre ai nostri volontari troverete anche colori e dolci.
Sempre nell’interesse di Monte Sant’Angelo. Donato Taronna, Maestro Panificatore, ha consegnato al Procuratore Nicola Gratteri la statuetta di San Michele Arcangelo, quella rappresentata nella Santa Grotta dell’Arcangelo, patrimonio UNESCO.
La consegna è avvenuta a Vieste, durante la presentazione del libro del procuratore di Catanzaro, davanti le più alte cariche istituzionali locali, con il benvenuto del sindaco Giuseppe Nobiletti.
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«Mi son sentito molto onorato nel conoscere di persona il procuratore Gratteri, persona impegnata nella lotta contro la criminalità e in particolare contro le mafie –ha esordito Donato Taronna-. Un uomo che della legalità ne ha fatto davvero un modo di vivere, di comunicare, di fare, di decidere, di porsi in gioco in prima linea pur sapendo che ogni giorno rischia la vita e quella dei suoi collaboratori e della scorta. Ho voluto –ha proseguito il Maestro Panificatore- omaggiare quest’uomo, umile, del dono più bello che una città potesse fare, la statuetta di San Michele Arcangelo, quella rappresentata nella Santa Grotta dell’Arcangelo, patrimonio UNESCO. Un dono fatto col cuore, che rappresenta la filosofia di vita di noi Montanari, un riferimento, un punto di arrivo per tanti pellegrini che poi riprendono il cammino verso altre mete, ma che a Monte Sant’Angelo si fermano per pregare il custode e il difensore della verità, perciò della legalità. Monte –ha concluso Donato Taronna- merita questo e altro e una continua promozione nel nome del buon vivere».
Donato Taronna, nel commentare il dono fatto al dott. Gratteri era visibilmente commosso, sia per la grandezza dell’uomo che gli era al fianco, sia per il messaggio conferito con l’omaggio.
Durante la serata e mentre commentava il suo libro, il procuratore Nicola Gratteri ha voluto dir la sua sull’attuale situazione mafiosa che attanaglia la provincia di Foggia. «Debellarla è una parolona. Per arginare le mafie necessita una ricetta di breve periodo con un sistema giudiziario diverso proporzionato alla realtà criminale, di lungo periodo investendo nell’istruzione e nella cultura».
Una ricetta che sta prendendo forma in alcune realtà italiane, piuttosto che in altre dove, purtroppo, come ha precisato Gratteri: «La parola mafia è scomparsa dal dibattito politico. Nessun rappresentante del Parlamento, del Governo utilizza il termine mafia, e quello che più preoccupa è che nessuno fa niente per contrastare le mafie…. …urge creare un sistema giudiziario proporzionato alla realtà criminale. Bisogna fare tante modifiche fino a quando non conveniente delinquere, non un approccio morale ed etico, ma di convenienza… …È tempo di dare un nome a questa organizzazione criminale di Capitanata».
Dalla Redazione
Con tutto il rispetto sig. procuratore, se con “quarta mafia” si identifica quella odierna presente in provincia di Foggia e come ha detto giustamente Lei quel nome è da attribuirsi alla ormai scardinata “sacra corona unita" (mentre in TV continuano erroneamente a pronunciarla per mero fine di share) in Capitanata la mafia un nome ce l’ha: la “società” foggiana, apicale con le altre delle varie aree, quelle garganiche e dell’Alto Tavoliere. Un nome c’è!
Continua il certosino lavoro della Commissione prefettizia Straordinaria che sta amministrando il comune di Foggia, sciolto per infiltrazioni mafiose nel maggio scorso. E con essa l’alacre lavoro del Prefetto di Foggia, dott. Carmine Esposito. Dopo le ultime operazioni delle Forze dell’ordine su richiesta della Magistratura inquirente che hanno incastrato aziende e noti politici e imprenditori foggiani, con arresti eccellenti anche di mafiosi locali, il 9 dicembre dalla Prefettura di Foggia è giunta l’ennesima decisione e azione antimafia, con l’interdittiva alla Foggia Service.
Già presente nelle righe della relazione del Prefetto Carmine Esposito, consegnata al Ministero dell’Interno, all’azienda locale nelle settimane scorse sono stati revocati gli affidamenti pubblici, cui erano titolari. Nel merito, il dirigente comunale Francesco Paolo Affatato non ha riconfermato il servizio di pulizia e guardiania dei bagni pubblici, unitamente a quelli nel piazzale del Santuario dell'Incoronata, nella villa comunale, nei mercati rionali del Cep e di via Manzoni.
Attività poste all’attenzione della commissione antimafia di accesso agli atti comunali, che avevano trovato riscontri poco chiari in due gare di appalto, dal luglio 2014 al mese di maggio 2021, per partecipazione sempre e solo due società cooperative tra loro collegate.
Per la cronaca, la cooperativa Foggia Service nel marzo 2021 si aggiudicò un appalto con la medesima offerta economica di 49.950 euro al netto dell’Iva. Nella stessa gara presentò un'offerta anche la cooperativa sociale Eco Eco.
Oggi, con la decisione del Prefetto, i dipendenti soci-lavoratori della Foggia Service rimangono inoccupati. I loro contratti sono stati revocati, appunto, dalla Interdittiva antimafia, che però non ha interrotto i servizi pubblici. Difatti il Dirigente comunale Carlo Dicesare, Economato, sin da luglio scorso sta provvedendo ai servizi dei locali suddetti, già interessati da un’altra procedura di affidamento trimestrale.
Tutto è collegato con la Relazione prefettizia che ha determinato lo scioglimento del Comune di Foggia. Infiltrazioni mafiose di –come scritto testualmente nella relazione, “un uso improprio dell'istituto della proroga… adiacenti ad ambienti mafiosi… con l'intento di 'accontentare' le cooperative sociali destinatarie dell'affidamento”. Una sorta di do ut des tra pubblico-privato sovrainteso dalla “società foggiana” tramite il suo cassiere, tant’è che sempre nella relazione del dott. Esposito si legge che “la sistematicità del modello dell'offerta unica nelle gare per l'affidamento del servizio e dell'aggiudicazione speculare in vari anni alle due società” celava “l'adesione del Comune di Foggia ad una logica spartitoria tra le due società… un vero e proprio 'cartello' nel servizio”.
nota a cura di Angelo Riccardi.
«Ho sempre sostenuto pubblicamente che la lotta alle organizzazioni criminali va condotta con ogni mezzo dallo Stato, utilizzando l’attività investigativa, le tecnologie più avanzate, la repressione e la sottrazione del patrimonio rinveniente dall’attività criminale ai clan, perché solo in questo modo si può lottare alla pari con un sistema parallelo, ampiamente sottovalutato per decenni, che con gli anni ha maturato una grande capacità di adattamento sia sul piano sociale che sul piano economico,
Diversamente, a nulla servono le operazioni antimafia di facciata e finalizzate all’autocelebrazione, né serve utilizzare lo strumento dello scioglimenti dei comuni per infiltrazioni mafiose, operazioni funzionali secondo alcuni ad affermare la presenza dello Stato, ma che nella realtà aumentano il divario tra politica e cittadini, ed etichettano una comunità come mafiosa, senza modificare il complesso intreccio tra sistema criminale e sistema della rappresentanza.
Con l’operazione “Omnia Nostra” lo Stato si rende visibile e afferma con decisone la sua presenza e lo fa attraverso le complesse attività di polizia, con un ordinanza di oltre 1800 pagine. Pur mantenendo il mio deciso profilo garantista, mi aspetto che qualora vengano confermati gli esiti delle attività svolte, seguano condanne dure ed esemplari ed il definitivo sequestro del patrimonio economico dei malavitosi.
Non servono inutili e ripetitivi comunicati di ringraziamento agli uomini e donne dello Stato, coinvolti in prima linea nella lotta al sistema criminale. A questi uomini e donne, per il lavoro che svolgono quotidianamente, servono collaboratori e mezzi per facilitare il loro compito. A Manfredonia, nonostante la nutrita compagine parlamentare, siamo ancora in attesa di strutture dignitose da destinare al Commissariato di Polizia e alla Compagnia Carabinieri, un problema che è stato più volte da decenni, rappresentato a tutti i livelli dello Stato, senza ottenere alcuna risposta. Tutto questo mentre il nostro territorio avrebbe bisogno di dare dignità al lavoro delle forze dell’ordine, ancora accampate in edifici destinati a civili abitazioni.
Non si può, inoltre, sottacere la ricaduta politica di questi ultimi eventi, che richiama le cose che ho più volte affermato, ovvero che quando una comunità viene colpita da un “lutto”, come è stato lo scioglimento dell’organo democratico più rappresentativo della città, si deve avere la forza di comprendere le ragioni, analizzare le vicende, comprendere il sistema di relazioni, restituire un quadro credibile e condiviso dell’accaduto. Da noi si è fatto esattamente il contrario: decretato lo scioglimento da parte del Governo, la politica ed i suoi attori anche istituzionali hanno provato a buttare il bambino insieme all’acqua sporca, per sparire definitivamente dalla scena politica locale, lasciando alla commissione straordinaria il compito di provare a riannodare e ricostruire una comunità fortemente disorientata. Tutto ciò senza considerare che la gestione commissariale si riduce, come abbiamo potuto leggere nella relazione di fine mandato dei tre commissari, ad un elenco di azioni di ordinaria amministrazione, non in linea con le ragioni stesse dello scioglimento.
Finita la fase commissariale, le forze politiche e non solo si sono precipitate alla corsa al voto utilizzando il tema della mafia in modo strumentale e cercando di accaparrarsi con argomentazioni genericamente condivisibili il consenso, fino al punto di non affrontare mai il tema in termini chiari e senza timore alcuno, ma provando ad autodeterminare una distanza dal sistema criminale con slogan, codici e buone prassi, nel classico stile di chi prova a buttare la palla dall’altra parte del campo.
Invece, l’operazione “Omnia Nostra” dimostra che la città ha perso più di due anni inutilmente e che il prodotto dello scioglimento ha di fatto definitivamente allontanato molte delle risorse migliori che potevano essere destinate alla vita politica, con la conseguente desertificazione della capacità di selezione dei candidati e l’esigenza del consenso a tutti i costi, non tenendo conto nemmeno dei profili di conoscenza che le 365 pagine della commissione di accesso, che ne hanno anticipato lo scioglimento, ci aveva discutibilmente fornito.
In questo clima, ci siamo ritrovati candidati impegnati nella competizione elettorale senza un retroterra culturale e politico chiaro, sapendo fin dall’inizio che non sarebbe bastato il certificato del casellario giudiziale come salvacondotto. Ed è fortemente discutibile l’inutile tentativo di etichettare come l’operazione “Omnia Nostra” sia politicamente attribuibile ad una parte politica. Evidentemente non solo non si è voluto leggere le oltre 1800 pagine dell’ordinanza, ma si prova a ripetere il tentativo di individuare un responsabile, senza prendere coscienza che il problema riguarda tutti, indistintamente.
Probabilmente sfugge che per sciogliere un Comune non è necessario l'accertamento di reati, ma è sufficiente che emergano rapporti, relazioni o frequentazioni con soggetti affini alla criminalità organizzata, anche a prescindere dal fatto che i politici abbiano voluto assecondare le richieste mafiose, come ho avuto modo di scrivere in precedenza.
Oggi siamo in presenza di situazioni opache o, peggio ancora, con personaggi politici o a loro sostegno chiaramente coinvolti. Chi pensa che questo epilogo non era prevedibile, mente spudoratamente: i segnali erano evidenti a tutti.
Adesso il problema è dunque quello della zizzania e dell'erba cattiva che infesta il grano. La storia umana, la storia della nostra città e la storia personale di ciascuno di noi è un campo di lotta tra bene e male. Proviamo a non far sparire il grano dalla nostra amata Manfredonia».
Questa mattina (07 dicembre 2021) i Carabinieri del R.O.S, col supporto in fase esecutiva dei Comandi Provinciali Carabinieri territorialmente competenti e dello Squadrone Carabinieri Eliportato Cacciatori “Puglia”, hanno dato esecuzione all'operazione "Omnia Nostra", ribattezzata "Il mare è nostro", con un’ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal Gip del Tribunale di Bari, su richiesta di un pool di magistrati della Direzione Nazionale e della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, a carico di 32 soggetti indagati a vario titolo per associazione mafiosa aggravata dalla disponibilità di armi, traffico di stupefacenti, tentato omicidio, porto abusivo e detenzione di armi, intestazione fittizia, autoriciclaggio, favoreggiamento personale, estorsioni, truffe aggravate, furto aggravato e ricettazione, aggravati dal metodo mafioso e compiuti al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa operante nel comprensorio garganico di Manfredonia, Mattinata, Monte Sant’Angelo (fraz. Macchia) e Vieste.
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Si tratta di un sodalizio, a suo tempo facente parte di un più vasto aggregato criminale riconducibile ai cosiddetti “Montanari”, che, secondo le acquisizioni investigative accolte dal Gip, in un’ideale continuità evolutiva, rappresenterebbe l’attuale assetto della componente facente originariamente capo alla famiglia Romito.
Secondo l’impostazione accusatoria, la suddetta organizzazione, a seguito della cosiddetta strage di San Marco in Lamis del 9 agosto 2017, in cui perse la vita Romito Mario Luciano, si sarebbe rimodulata in una compagine che può essere ribattezzata clan “Romito- Lombardi-Ricucci”.
I provvedimenti scaturiscono da un’indagine del R.O.S., da cui emergono gravi indizi a carico di Lombardi Matteo e Ricucci Pasquale quali figure di vertice (capi) del clan, (quest’ultimo vittima di omicidio l’11.11.2019) e di La Torre Pietro, gravemente indiziato di rivestire il ruolo di organizzatore con funzioni di raccordo tra i vertici e le diverse articolazioni territoriali e di coordinamento delle attività svolte dal sodalizio.
Secondo l’impostazione accusatoria accolta dal Gip, l’organizzazione avrebbe natura mafiosa, fondata essenzialmente sul vincolo familiare tra i vertici del sodalizio criminale: grazie ad una fama criminale acquisita per avere rivestito nel tempo un ruolo di primo piano nel percorso evolutivo della mafia garganica e protetti da una diffusa sensazione di impunità oltre che da una generalizzata condizione di assoluto assoggettamento ed omertà, i componenti dell’odierna associazione mafiosa, dopo gli esiti del processo Iscaro-Saburo, risultano aver consolidato la capacità di controllo egemonico del territorio, sviluppando e strutturando ulteriori legami con esponenti del territorio, in particolare di Mattinata, quali Gentile Pio Francesco (cugino di primo grado dei fratelli Romito), Quitadamo Antonio, Notarangelo Francesco e Scirpoli Francesco, estendendo il comparto territoriale di competenza sino a Vieste, attraverso Raduano Marco, Della Malva Danilo Pietro e Della Malva Giuseppe.
Proprio il controllo della città di Vieste, attesa la sua rilevanza strategica nell’ambito del narcotraffico, è diventato un obbiettivo primario del suddetto sodalizio, generando una feroce contrapposizione armata, con la consumazione – secondo gli indizi raccolti – di oltre 20 gravissimi fatti di sangue negli ultimi cinque anni.
Le complesse indagini hanno consentito di acquisire elementi gravemente indiziari, sotto il profilo funzionale, del salto di qualità del sodalizio mafioso, capace di associare ad un modello di mafia militare un più evoluto schema operativo di mafia degli affari, con una penetrante capacità di infiltrazione nel comparto agroalimentare legato alle principali risorse del territorio (la pesca e l’agricoltura).
In particolare, sono emersi gravi indizi in ordine:
a) al controllo del commercio ittico di Manfredonia, per la vendita all’ingrosso e al dettaglio di pesce, esercitato attraverso due imprese, la Primo Pesca Srl e la Marittica Soc. Coop., entrambe intestate a terzi, ma di fatto gestite da soggetti intranei all’articolazione criminale investigata, con l’assunzione di una posizione di monopolio, ottenuta smantellando la concorrenza mediante l’utilizzo della forza di intimidazione.
A tal fine si sono palesate forme di assoggettamento violento nei confronti:
– dei pescatori costretti a consegnare il pescato in via esclusiva alla società Marittica le cui operazioni di controllo venivano svolti da soggetti che presidiavano la banchina del porto di Manfredonia;
– dei venditori al dettaglio obbligati, a loro volta, ad acquistare i prodotti dalla Marittica a prezzi non concorrenziali (tra cui cassette di polistirolo, ghiaccio e pescato);
nonché una serie di azioni ritorsive attribuite indiziariamente a Lombardi Michele, figlio di Lombardi Matteo, per far desistere chiunque avesse lecito interesse a sfruttare parte dello spazio demaniale ritenuto utile dal Lombardi per esercitare l’impresa di commercio all’ingrosso di pesce.
Emblematica, a tal riguardo, la frase proferita da La Torre Pietro nel corso di una delle conversazioni captate durante la fase d’indagine in cui, a riscontro della tracotante supremazia del gruppo criminale nel comparto della pesca, l’indagato affermava perentoriamente: “IL MARE È NOSTRO!”
b) il controllo di taluni ambiti del comparto agro-pastorale, con la consumazione di attività estorsive e di truffe in danno dell’INPS mediante indebita percezione di provvidenze.
L’infiltrazione in quest’ultimo settore, secondo le investigazioni convalidate dalla ordinanza cautelare, si è realizzata attraverso:
– l’acquisizione di terreni mediante titoli di possesso, in forza dei quali richiedere i sussidi della Politica Agricola Comune dell’UE, in particolare tramite imprese agricole costituite ad hoc;
– l’occupazione di terreni e immobili ubicati in agro di Mattinata (FG) da parte dei fratelli Quitadamo, ottenuta facendo leva sull’esasperato clima di terrore imposto dagli stessi ai legittimi proprietari, da cui è derivato un indiscriminato sfruttamento di vaste porzioni di territorio a vantaggio delle attività di allevamento delle imprese riconducibili al sodalizio mafioso indagato;
– l’attività estorsiva realizzata mediante l’imposizione di assunzioni lavorative di soggetti vicini o comunque assoggettati all’organizzazione, al fine di percepire provvidenze da parte dell’INPS per centinaia di migliaia di euro.
Sono stati, altresì, raccolti gravi indizi in ordine all’operatività criminale del sodalizio mafioso:
– nel settore del traffico di stupefacenti, in particolare cocaina, realizzato mediante una rete di spacciatori costretti a versare periodicamente all’associazione mafiosa una sorta di provvigione sull’attività illecita, esercitando la gestione delle floride piazze di spaccio di Manfredonia e Vieste;
– nel settore della ristorazione, riciclando denaro di provenienza illecita attraverso operazioni finalizzate ad ostacolare l’identificazione del denaro impiegato nell’attività economica sfruttando l’assoggettamento di professionisti locali in favore del sodalizio;
– nel settore degli assalti ai portavalori, realizzati mediante l’interazione con altri gruppi criminali.
Infine, sono emersi gravi indizi in ordine ad allarmanti collegamenti con altre temibili compagini mafiose presenti sul territorio, in particolare con la batteria “Moretti – Pellegrino – Lanza” della “Società Foggiana”.
Nel corso dell’operazione il R.O.S. ha dato esecuzione a 13 provvedimenti di sequestro preventivo di beni mobili e immobili e “per equivalente”, fino alla concorrenza complessiva di 6 milioni 945 mila euro circa, a carico degli indagati, quale quantificazione del profitto dei reati accertati negli specifici settori.
L’odierna operazione costituisce ulteriore importante progressione della manovra investigativa e giudiziaria tesa a contrastare le attività mafiose nel comprensorio garganico, evidenza tangibile dell’attenzione e dell’impegno messi in campo da parte dello Stato per l’affermazione della legalità, con un’azione sinergica di Procura Distrettuale e Procura Nazionale.
I nomi dei 48 indagati iscritti nell’ordinanza “Omnia Nostra” firmata dal gip del Tribunale di Bari.
Michele Bisceglia, Pasquale Bitondi, Salvatore Borgia, Luigi Bottalico, Luciano Caracciolo, Adriano Vincenzo Carbone, Lorenzo Caterino, Leonardo Ciuffreda, Alessandro Coccia, Danilo Della Malva, Giuseppe Della Malva, Leonardo D’Ercole, Michele D’Ercole, Raffaele Salvatore Fascione, Emanuele Finaldi, Vittorio Gentile, Sebastiano Gibilisco, Raffaele Greco, Hechmi Hdiouech, Giuseppe Impagnatiello, Giuseppe Pio Impagnatiello, Antonio La Selva, Pietro La Torre, Pasquale Lebiu, Catello Lista, Matteo Lombardi, Michele Lombardi, Umberto Mucciante, Francesco Notarangelo, Alexander Thomas Pacillo, Salvatore Palumbo, Massimo Perdonò, Andrea Quitadamo, Antonio Quitadamo, Marco Raduano, Bruno Renzulli, Pietro Rignanese, Mario Scarabino, Giuseppe Sciarra, Moreno Sciarra, Francesco Scirpoli, Giovanni Surano, Salvatore Talarico, Gaetano Vessio e Antonio Zino.
La Regione Puglia riunisce il mondo dell’antimafia sociale. L’evento, promosso dal presidente della Regione Puglia Michele Emiliano e che vedrà la partecipazione di don Luigi Ciotti fondatore dell’associazione Libera, si terrà domani, mercoledì 10 novembre, alle ore 17, a Bari, nella Sala Conferenze del Padiglione 152 della Regione Puglia in Fiera del Levante.
Tre i momenti di questa giornata dedicata alla Legalità che coinvolgerà i rappresentati di istituzioni, Magistratura, Forze dell’ordine, comparto Giustizia e sicurezza, mondo della scuola, università e delle reti associative.
Saranno illustrate in apertura le linee guida di azione della Fondazione antimafia sociale “Stefano Fumarulo”, dirigente regionale prematuramente scomparso che era a capo della Sezione Sicurezza del cittadino, politiche per le migrazioni ed antimafia sociale della Regione Puglia e consulente della Commissione parlamentare antimafia.
La Giunta regionale, il 12 aprile 2021, aveva approvato lo schema di statuto con il quale si avviava la costituzione della Fondazione in ossequio a quanto previsto dalla legge regionale 28 marzo 2019, n. 14 (Testo unico in materia di legalità, regolarità amministrativa e sicurezza).
La Fondazione proseguirà il grande impegno profuso dal Dirigente in materia di prevenzione alla criminalità attraverso percorsi alternativi di inclusione e reinserimento sociale. Un impegno concretizzato con la predisposizione di strumenti innovativi come: la prima Azienda agricola sperimentale di proprietà regionale (“Fortore – Casa Sankara - San Severo”), la creazione delle foresterie regionali per i lavoratori agricoli migranti, i “Cantieri innovativi di antimafia sociale” con la sperimentazione di 27 progetti su scala regionale in tema di prevenzione sociale.
Le linee guida saranno presentate dal presidente della Fondazione, Angelo Pansini.
Seguirà la presentazione del volume “In memoriam degli eroi – Il trionfo della vita” a cura di Marialuisa Pantaleo Fumarulo, madre di Stefano Fumarulo e presidente onoraria della Fondazione, dedicato alla memoria delle vittime innocenti di mafia pugliesi.
L’incontro terminerà con la sottoscrizione da parte della Regione Puglia del protocollo “Liberi di scegliere”, promosso dall’Associazione Libera, per la realizzazione di una rete sociale a tutela dei minori nei contesti di criminalità organizzata, che sarà firmato anche dal Ministero della Giustizia per il tramite della Direzione interregionale Puglia-Basilicata Centro per la giustizia minorile, dal Ministero dell’Istruzione, università e ricerca per il tramite dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Puglia, dalla Direzione distrettuale antimafia, dalla Conferenza episcopale pugliese, dal Tribunale per i minorenni di Bari, dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Bari, dal Garante regionale dei diritti del minore, dal Garante regionale dei diritti delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà.
L’evento sarà moderato dal giornalista Giuliano Foschini e potrà essere seguito in streaming sulla pagina Facebookdi Regione Puglia.
Proseguono i lavori della Commissione di studio e inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata in Puglia coordinata dal presidente Renato Perrini. Oggi le audizioni dei Prefetti e dei Procuratori delle Province di Bari, Bat e Foggia.
Dal consigliere De Leonardis la proposta, subito condivisa dalla Presidente Capone, di una mozione che impegni la Giunta regionale a richiedere al Governo nazionale una maggiore attenzione al territorio pugliese e foggiano in particolare.
“Accolgo con favore la proposta del collega De Leonardis - è intervenuta in chiusura della seduta di Commissione la Presidente del Consiglio regionale della Puglia, Loredana Capone - di presentare una mozione che impegni la Giunta regionale a chiedere al Governo di rafforzare il personale e incrementare il numero di presidi giudiziari, così come richiesto, peraltro, in commissione, dal Procuratore di Foggia. Perché un presidio giudiziario di prossimità realizza sicuramente un’azione più incisiva oltre che una percezione da parte dei cittadini di una presenza più forte sul territorio delle Istituzioni”.
“Le organizzazioni criminali oggi hanno cambiato pelle, stanno cercando di infiltrarsi nelle attività produttive, commerciali, nelle Pubbliche Amministrazioni. Preoccupa molto sotto questo profilo - ha aggiunto la Presidente - il numero di Comuni sciolti per mafia, dal Gargano al Salento. Ancora di più perché è evidente che, durante il periodo di commissariamento, la mancanza di decisioni politiche rischia di farci arrivare in ritardo sugli appuntamenti importanti, come sta accendendo per esempio con il Piano nazionale per la Ripresa e la Resilienza. Sebbene, infatti, ci sia totale fiducia nell’attività commissariale che si sta svolgendo, peraltro di grande autorevolezza, tuttavia il momento che viviamo richiederebbe scelte politiche importanti da fare come comunità”.
“Sono convinta in ogni caso - ha poi concluso - che solo una parte delle azioni sia da farsi a livello legislativo e che molto dipende da ciò che si fa nelle comunità, a favore dei cittadini, la Repubblica oltre lo Stato, ovvero l’organizzazione di tutte le formazioni sociali. Per questo ritengo fondamentali le politiche attive del lavoro e la formazione e il fatto che le nostre Province risentano ancora di una gravissima disoccupazione non aiuta. Quanti più giovani riusciremo a inserire nel mondo del lavoro tanto minore sarà l’appeal delle organizzazioni criminali su di loro. Su questo la Regione può e deve fare molto e il Consiglio regionale è attento e pronto a fare la sua parte”.
FOCUS:
Sono proseguiti oggi, con le audizioni dei Prefetti e dei Procuratori delle Province di Bari, Bat e Foggia, i lavori della Commissione di inchiesta sulla criminalità organizzata in Puglia, coordinata dal presidente Renato Perrini.
La Presidente Capone, ringraziando Prefetti e Procuratori per essere intervenuti, ha ribadito che “il lavoro che la Commissione si sta apprestando a svolgere ha bisogno di grande collaborazione e competenze e che è indispensabile confrontarsi sulle misure da mettere in campo per rispondere concretamente a quella che oggi è, di fatto, una vera e propria emergenza nell’emergenza.
“Nella scorsa legislatura – ha ricordato la Presidente - era già stata insediata una Commissione Legalità con una legge regionale, così anche questa è stata istituita su nostra volontà perchè siamo convinti che il problema della criminalità organizzata sia tutt’ora grave e, anzi, dopo questa terribile pandemia, forse anche di più. Si tratta, infatti, di una criminalità che ha cambiato pelle, cercando di infiltrarsi nelle attività produttive, commerciali, nelle Pubbliche Amministrazioni. Per questa ragione è ancora più difficile contrastarla, per questa ragione abbiamo deciso di impegnarci su più fronti: da un lato con i tavoli attivati dalla commissione consiliare, dall’altro creando un collegamento con le commissioni delle altre regioni italiane. C’è, infatti, presso la Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative, un coordinamento, affidato in capo al Presidente del Consiglio della Basilicata, funzionale a condividere le buone prassi realizzate in una singola regione a vantaggio di tutte le altre.
“Il Consiglio regionale – ha concluso – è pronto a intervenire, sia con nuove leggi sia con sollecitazioni alla Giunta regionale”.
In Puglia non esistono isole felici, né zone franche: unanime la voce dei Prefetti e dei Procuratori che hanno narrato di ripresa dei reati predatori dal dopo pandemia, ma anche di sequestri, di usura,di estorsione, di attacco ai blindati portavalori, di caporalato e di spaccio accanto ad ogni altra forma in grado di garantire ai gruppi criminali il controllo del territorio. A ciò si aggiunge la cooperazione con la mafia albanese, per il rifornimento di marjuana e con quella olandese, per la cocaina; la capacità di coordinare le attività dei gruppi dalle carceri, grazie a cellulari di ridottissime dimensioni e, in molti casi, la caduta dei “capi storici”, soppiantati dalle nuove generazioni.
L’economia delle mafie non conosce crisi, ma si rafforza attraverso il gioco, lo spaccio e l’usura. Filoni nei quali sono addirittura le vittime a cercare i propri aguzzini. Reati che parlano disagio sociale e di povertà, terreni di coltura per le organizzazioni mafiose che vivono così la vigilia di ingenti investimenti europei visti come enormi occasioni di crescita.
Indispensabile la sinergia delle forze dell’ordine e l’interazione tra le diverse componenti dello Stato che fino ad ora ha dato risultati eccezionali, ma purtroppo non ancora sufficienti. Servono più presidi giudiziari , ma anche più squadre investigative soprattutto, come hanno evidenziato le cronache, nel territorio del foggiano. Diventa indispensabile diffondere la cultura della legalità, non con singole iniziative, già messe in atto dalle singole Prefetture, ma ottimizzando al meglio ed in rete le possibilità di tutti. Serve restituire la percezione di sicurezza ai cittadini.
Dal consigliere De Leonardis la proposta, subito accettata dalla Presidente Capone, di una mozione che impegni la Giunta regionale a richiedere al Governo nazionale una maggiore attenzione al territorio pugliese e foggiano, in particolare.
Prosciolto da ogni accusa a suo carico, emesse nel 2020, con sentenza del 04 novembre 2021 dal GUP del Tribunale di Bari, dott.ssa Antonella Cafagna. È la decisione assunta nei confronti di Giuseppe De Stefano, arrestato il 16 novembre del 2020, assieme ad esponenti mafiosi di spicco della “società” foggiana, durante l’operazione “Decimabis”, dove la Procura di Bari e Foggia, nella sostanza, smembrò con un pool antimafia di Forze dell’ordine costituito da Polizia di Stato e dall’Arma dei Carabinieri coordinati dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari il “sistema”, il codice del racket, estorsioni, appalti e connivenze con P.A.
Giustizia sembra fatta nei confronti di chi si è sempre ritenuto estraneo ai fatti a lui ascritti. Accuse e condanne che hanno scritto il nome di Giuseppe De Stefano perfino nella relazione prefettizia di Foggia in merito allo scioglimento del comune per infiltrazioni mafiosi inviata al Ministero dell’Interno.
Giuseppe De Stefano, il dipendente comunale dell’Anagrafe accusato di essere il tramite tra la P.A. e la mafia foggiana in merito all’aggiudicazione di servizi pe onoranze funebri, non è quello che da mesi è stato descritto e accusato.
In quella operazione furono quaranta le persone tratte in arresto, disvelando la capillare, pervasiva pressione estorsiva esercitata dalla “società” foggiana sul tessuto economico della città: dal mercato settimanale cittadino al settore edilizio, dalle imprese di servizi funebri, alle sale scommesse e dalle aziende attive nel movimento terra, dall’agroalimentare alle corse ippiche.
L’avvocato del De Stefano punta il dito contro chi ha diffamato il suo assistito, più volte descritto come un criminale, tesi non accolta dal Tribunale della Libertà di Bari e poi della Cassazione.
Con l’ultima sentenza, appunto quella del proscioglimento, «Il giudice dell’udienza preliminare, infatti, -ribadisce il difensore l’Avv. Ettore Censano- ha dato atto dell’insussistenza del suddetto sistema estorsivo, fondato su un tangente di € 50 per ogni funerale che gli esponenti della mafia foggiana avrebbero preteso, stando a quanto erroneamente ipotizzato dall’accusa, dalle imprese di onoranze funebri, riconoscendo l’estraneità del De Stefano a qualsivoglia contesto mafioso».
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