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Redazione

Redazione

Venerdì 26 febbraio ore 19 in diretta sulla pagina Facebook dell’Associazione Pugliese Editori.

Dopo la narrativa, l’arte, i libri illustrati per l’infanzia, il quinto aperitivo letterario del ciclo “Libri di Puglia live streaming” – iniziativa promossa dall’Associazione Pugliese Editori e dalla Biblioteca del Consiglio regionale pugliese “Teca del Mediterraneo” per incentivare la lettura e diffondere la cultura del libro – si occupa di attualità con l’ultimo saggio del prof. Antonello Bellomo: Il virus nella mente, recentemente pubblicato da WIP Edizioni. Dalla peste alla pandemia di COVID, nel saggio Bellomo analizza la reiterazione dei comportamenti umani nel corso delle grandi epidemie e la ciclicità dei fenomeni, dimostrando come la Storia possa insegnarci ad affrontare i virus. Bellomo converserà con il giornalista Dino Cassone in diretta streaming sulla pagina Facebook dell'Associazione Pugliese Editori.

Il libro: IL VIRUS NELLA MENTE. Un’analisi dei comportamenti reiterati dalle popolazioni nelle grandi epidemie della storia (WIP Edizioni)L’autore ha effettuato un percorso storico-narrativo delle principali epidemie della storia dell’uomo, soffermandosi su quelle di cui esiste maggiore documentazione (Peste Nera, Febbre Spagnola, Tubercolosi, AIDS, Pandemie influenzali del XX secolo), al fine di valutarne i principali effetti psico-sociali; ha voluto cioè evidenziare quali credenze, comportamenti e reazioni psico-logiche sono state messe in atto dalla popolazione nelle condizioni prodotte da queste calamità naturali, al fine di evidenziare quelle che si ripetevano più frequentemente. L’analisi condotta ha evidenziato che spesso ripetiamo sempre gli stessi pensieri o comportamenti (ancorché con modalità culturali diverse), se esposti alla stessa tipologia di minaccia, anche a distanza di alcuni secoli, in una sorta di “coazione a ripetere” collettiva; un obiettivo intelligente potrebbe essere quello di apprendere dal passa-to per controllare meglio il futuro, ma anche quello di poter intervenire, laddove possibile, al fine di evitare nuovi episodi di pregiudizio, discriminazione, segregazione che in passato si sono rivelati francamente inutili, se non dannosi.

L’autore: Antonello Bellomo
È Professore Ordinario di Psichiatria presso l’Università degli Studi di Foggia e Direttore del Servi-zio Psichiatrico di Diagnosi e Cura del Policlinico di Foggia; docente di Psichiatria, Psicologia Clinica e Storia della Medicina in vari corsi di laurea e di specializzazione. Autore di circa 250 articoli su riviste nazionali, internazionali, testi e atti di congressi e di 5 monografie come autore principale. È stato per due volte Presidente della Società Italiana di Psichiatria Sociale. Attualmente è consigliere della Società Italiana di Psichiatria e Presidente della Società Italiana di Riabilitazione Psico-sociale. Libri di Puglia è un progetto di promozione della lettura frutto della collaborazione fra la Biblioteca del Consiglio regionale pugliese “Teca del Mediterraneo” e Associazione Pugliese Editori e dal-la Biblioteca del Consiglio regionale pugliese. Dopo la prima edizione, che nel 2019 ha portato in caffè, ristoranti, pub i libri e gli autori per raggiungere un pubblico più ampio, incentivando la lettura e contribuendo alla diffusione del ricco e variegato panorama letterario della regione e alla crescita dell’imprenditoria pugliese nel segmento editoriale, nel 2021 Libri di Puglia si trasforma in un aperitivo letterario da fruire e condivide-re sui social, nell’attesa di poter tornare a essere un appuntamento itinerante con incontri dal vivo. Il nuovo ciclo ha debuttato lo scorso 22 gennaio e proseguirà fino al 30 aprile, sempre di venerdì alle ore 19: nello spazio virtuale della pagina Facebook dell’Associazione Pugliese Editori, scritto-ri, editori e ospiti converseranno con il giornalista Dino Cassone di libri, editoria, attualità attraverso interviste, presentazioni di libri e match letterari e risponderanno alle domande del pubblico che seguirà la diretta.

Il prossimo appuntamento di Libri di Puglia live streaming venerdì 5 marzo ore 19 Conversazione con Stefano Cristante, autore del libro L’intervista è impossibile. Dialoghi immaginari con i classici (Musicaos Editore) in diretta sulla pagina facebook dell’Associazione Pugliese Editori www.facebook.com/associazione pugliese editori.

 

Con Giuliano De Felice dialogherà Giuliano Volpe.

Mercoledì 24 febbraio, ore 18.30, su piattaforma Zoom per gli ospiti e in diretta sulle pagine Facebook dell’Associazione Centro Studi Normanno-Svevi e della Libreria Laterza, Giuliano De Felice presenterà il suo ultimo lavoro: "Archeologia di un paesaggio contemporaneo. Le guerre del Novecento nella Murgia pugliese" (Edipuglia, Bari 2020).

Si tratta di una ricerca archeologica inedita che focalizza la propria attenzione sull’Alta Murgia, dove sono state identificate e analizzate le strutture del campo di prigionia della Prima guerra mondiale, in località Casale di Altamura; del campo di prigionia della Seconda guerra mondiale conosciuto come Campo 65, che fu anche campo di addestramento partigiano e centro di raccolta profughi; di dieci basi atomiche risalenti alla Guerra fredda.

Giuliano De Felice analizza con il rigoroso metodo dell’archeologo le testimonianze di un passato molto recente, proponendo nuove prospettive di indagine in linea con i più recenti indirizzi della public archaeology e dell’archaeology of the contemporary past.

Il risultato è quello di uno studio inedito, ricco di riflessioni e spunti tesi soprattutto alla valorizzazione e alla tutela di un paesaggio storico pugliese ancora parzialmente sconosciuto e che rischia di essere dimenticato per sempre.


QUI L'EVENTO SU FACEBOOK

a cura di Donata dei Nobili e Matteo Notarangelo

La recente pubblicazione di Raffaele Vescera, “La mala vita di Nicola Morra” non è solo un romanzo storico, bensì un saggio sociologico, che ben descrive la struttura  del banditismo sociale.  Il lavoro è stato pubblicato dalla Magenes. Un testo elegante, arricchito dalla prefazione del giornalista, scrittore Pino Aprile. A prima lettura,  sembra  un “romanzo storico”, che sconvolge il "Patto dell'Oblio". Già dalle prime pagine, si ha la sensazione di vivere un avvincente viaggio nella storia risorgimentale. La voce narrante divulga la storia di un uomo del Sud, Nicola Morra, di Cerignola,  che per cinquant’anni aveva fatto tremare la Capitanata.  La storia sociale del bandito Nicola Morra ha inizio il 17 giugno del 1827, giorno della sua nascita.  Ma c’è dell’altro. Alcuni giorni prima, i suoi genitori, don Giandonato Morra e donna Anna Borrelli, cercarono di anticipare la nascita di Nicola, per evitare che avvenisse il giorno diciassette. “Nascere di diciassette portava male nel Regno di Napoli". In quest’avvenimento, c’è un’altra narrazione  del Mezzogiorno, quella magica. Anche contro il parere del colto marito Giandonato, le donne della famiglia cercarono di esorcizzare il rischio della mala nascita.  Per anticipare il gioioso momento, donna Borrelli si affidò alla medicina e alle credenze popolari. Ebbene, in queste pagine, emerge la maestria  dell’Autore, che mostra attenzione agli arcaismi della vita religiosa delle genti del Sud e all’eterno conflitto tra civiltà cristiana e mondo pagano.

Bandito sociale

Nicola Morra divenne un bandito sociale. Da giovane, scelse la ribellione individuale, per raddirizzare un antico torto. Un giorno di novembre, Giandonato Morra, suo padre, era uscito a caccia con l’amico, il possidente Nicola Cannone. In un certo luogo della campagna, videro un uomo barbuto, che li sbarrava la strada con un fucile. Dopo un breve e intimidatorio dialogo, il bandito minacciò i due amici. L’offesa non produsse sottomissione. Spararono dei colpi e Giandonato venne colpito. Passarono gli anni. Da allora, Nicola era schiacciato da un opprimente pensiero che lo tormentava: vendicare il padre. Egli viveva per ristabilire la giustizia, per “aggiustare" l’assassinio ingiusto del padre. Durante la sua adolescenza, soggiornava a Lucera e a Cerignola e si aggirava nelle campagne circostanti. In quelle comunità rurali, Nicola costruiva la sua carriera di ribelle-bandito. Il giovane Morra non era un contadino o un gentiluomo caduto in miseria o un delinquente comune, bensì un ribelle, che disdegnava chinare la testa. La sorte lo volle un bandito sociale "predestinato", condizionato da un tratto caratteriale marcato da ribellismo individuale.

Nicola Morra il bandito sul Gargano
Negli anni, Nicola non divenne un razziatore, un rapinatore, un brigante, un rivoluzionario. Il giovane Morra visse da bandito gentiluomo, sempre disponibile per la sua gente, figlio del suo tempo storico, legato alla mondo della tradizione. In giovane età, divenne un fuorilegge, omicida per le autorità statale e giustiziere per il suo popolo

Il destino segnato

Nicola venne assunto dalla vedova Specchio per fare il guardiano a cavallo delle sue terre e delle sue bestie. Una sera vide una mandria che pascolava senza alcun permesso. Nicola chiese spiegazioni ai bovari, i quali dissero: "Stiamo pascendo le bestie di don Luigi, per ordine del suo massaro, Vincenzo Mazzocco". Nicola esigeva delle spiegazioni. In quel mondo, quel comportamento era un affronto. Nell'attesa, tenne con sé una vacca, che avrebbe ridata al massaro. Il giorno dopo, il massaro incontrò Nicola, che cercava di ristabilire le vecchie usanze delle scuse e dell'onore. I due si affrontarono con minacce terribili e si diedero appuntamento di morte sulla strade a una cert'ora di notte. Tra gli uomini di campagna, l'uso delle armi rientrava nel loro sistema di valori. La difesa dell'onore, mediante duelli, legittimava la violenza privata. Nella cultura rurale, i pastori, i braccianti e i ribelli prima di mettere mano alle armi si affrontavano con "il parlare"  una loro lingua: "u serpntine", un modo di comunicare in dialetto per mostrare la propria autorevolezza e la durezza del loro possibile agire violento. Quel parlare tra Nicola e Vincenzo non era comune e presto avrebbe svelato agli ignari il vero significato dei termini, ai più incomprensibili. Nicola non sopportò l'affronto e l'offesa del padre defunto fatta dal massaro. La notte andò all'appuntamento. Nella sua mente sostituì "la figura del vaccaro-massaro con quella dell'assassino di suo padre", per scaricare la sua antica rabbia.

Quella sera, il massaro Mazzocco fu ucciso. Il suo corpo rantolò sulla terra, bagnando di sangue l’arcigno prato. Dopo alcuni consulti familiari, Nicola si consegnò ai gendarmi. Ci fu il processo e venne condannato a 25 anni di lavori forzati. Così iniziava la "carriera" del bandito sociale Nicola Morra.

Il bagno penale

Nicola scontava la sua pena ai lavori forzati sull'Isola di Procida. Il romanziere, Raffaele Vescera, conduce, con abilità, il Lettore negli accadimenti della storia risorgimentale. E lo fa, descrivendo la composizione sociale e politica dei carcerati. Descrive i "due partiti" , quello dei signori politici, liberali, organizzati nelle società segrete della carboneria, e quello dei guappi, ladri, assassini, organizzati nella" società dell'umiltà ", la camorra, altrettanto segreta". Nicola, che non era né un delinquente comune né un rivoluzionario ma un istruito uomo di mondo, non faticò a capire le dinamiche sociopolitiche che governavano il bagno penale e presto lo Stato unitario italiano. In queste pagine del romanzo, l'Autore non esita ad accompagnare il lettore nel mondo massonico, che tanta influenza ebbe nel disgregare il regno del re Francesco II. A Nicola venne chiesto di affiliarsi ai fratelli massoni, per aiutare i Buoni Cugini Carbonari. Per farlo, doveva giurare nel nome di Garibaldi e di Mazzini a gloria del Grande Architetto dell'Universo e infiltrarsi nella società camorrista per irrobustire i rapporti tra le due realtà segrete. A parlargli erano due liberali, Luigi Settembrini e Silvio Spaventa. Tramite questi due protagonisti, il romanziere Vescera svela i segreti dell'invasione del Regno delle Due Sicilie, pianificata dalla massoneria inglese con il favore di Salvatore De Crescenzo, capintesta della camorra di Napoli, accettata ed eseguita dal ministro borbonico Liborio Romano. Gli intrighi erano, ormai, conclusi. I camorristi dovevano garantire l’entrata pacifica di Garibaldi a Napoli, lasciata dal re Francesco II per non coinvolgere la popolazione in un’immane carneficina. In cambio, ai camorristi, tra le diverse concessioni,  venne affidato il controllo e la gestione del porto di Napoli.

Il brigante Crocco

Fuoriuscito dalla galera, Nicola non dimenticò il falso testimone, che lo fece condannare. Lo inseguì, finché non lo seppe morto. Nel frattempo, si rese colpevole di diversi reati, tra cui  quello di dileggio alle autorità e sovversione libertaria, mentre la sua Patria veniva invasa da soldati piemontesi, inglesi e mercenari ungheresi. La malasorte e le tristi vicende di conquista sabauda lo spinsero nei boschi lucani, dove incontrò il generale dei briganti Carmine Donatelli Crocco. In queste parte del romanzo, lo scrittore Vescera si svela e scrive incantevoli pagine di revisionismo storico, che il Lettore non si può privare di leggere. In quegli anni, Nicola aveva accumulato una grande somma di denaro. Una sera, ferito al braccio, trovò ospitalità e cura in casa del panettiere Giovanni De Nittis. Dopo un lungo parlare, Nicola decise di consegnarsi all’intendente, in cambio di riconoscenza. Al panettiere, invece, affidò il suo tesoro, che sarebbe stato investito. Il primo ottobre del 1861, Nicola fu condannato a 18 anni di ferri da scontare nel bagno penale di Santo Stefano dove rincontrò il capo brigante Crocco.  Con la famiglia De Nittis, Nicola ebbe forti contrasti, a causa di 5000 ducati non restituiti. Ostilità che gli provocarono non pochi problemi giudiziari. Per sfuggire all'ingiusta galera, l'ormai anziano bandito "galantuomo" ebbe anche un'esperienza politica. Il partito socialista lo candidò nel collegio elettorale di Foggia, contrapponendolo al conservatore, Vincenzo De Nittis, già sindaco della Città. Ma anche allora non sfuggi allo strapotere delle "pagliette" con l'impunità parlamentare. La malasorte non lo fece eleggere, a causa di uno scarto di 41 voti e brogli elettorali. Per il bandito gentiluomo Nicola, quelli che restarono furono anni di processi e galera. Nel tribunale dovette difendersi dall'abuso politico e “scientifico” del lombrosiano Enrico Ferri, avvocato, ormai, del parlamentare Vincenzo De Nittis, figlio di Giovanni.

Il Teatro Comunale “Lucio Dalla” aderisce all’iniziativa nazionale “FACCIAMO LUCE SUL TEATRO!” promossa da U.N.I.T.A. (Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo), a un anno dal primo DPCM che ha imposto la chiusura dei teatri come misura di contrasto al Coronavirus.

Lunedì 22 febbraio, dalle 19.30 alle 21.30, il Teatro che con gli anni è diventato presidio culturale permanente della Città di Manfredonia, accenderà le sue luci e la sua voce invaderà via Della Croce.

“…che si torni immediatamente a parlare di Teatro e di spettacolo dal vivo, che lo si torni a nominare, che si programmi e si renda pubblico un piano che porti prima possibile ad una riapertura in sicurezza di questi luoghi. Perché quei luoghi tornino ad essere ciò che da 2500 anni sono sempre stati: piazze aperte sulla città, motori psichici della vita di una comunità”, si legge nell’appello dei promotori dell’iniziativa nazionale.

Lo scorso 15 giugno – giorno di riapertura dei teatri per l’estate – il Teatro Comunale “Lucio Dalla”, ha riaperto le sue porte al pubblico a mezzanotte e un minuto, rivendicando una scelta simbolica che testimoniasse quanto il teatro e la comunità sentissero la mancanza l’uno dell’altra. Mancanza che oggi il protrarsi dello stato di emergenza rende ancora più forte.

Queste le ragioni dell’adesione all’iniziativa, dunque, che sarà accompagnata dalla musica degli Apocrifi e dalle parole dei Sonetti di Shakespeare, scritti a Londra durante la peste del ‘600.

C’è la peste fuori. Per questo motivo ci è venuta voglia di dirvi una poesia,

perché quando la morte ci si fa intorno, è allora che la vita si fa urgente.

Beati gli inquieti, i non accontentati, gli infuocati, i camminatori di ponti, gli equilibristi, i danzatori della musica interiore, gli arrampicatori di anime, i collezionisti di tramonti, i conquistatori di arcobaleni.

Beati quei vivi che sanno di essere vivi,

e poiché non c’è vita se non dall’amore

Amore abbi cura di te, e io farò lo stesso.

È questo l’incipit dello spettacolo “Sonetti. Cantare Shakespeare” della compagnia Bottega degli Apocrifi; è questo l’augurio che oggi il teatro rivolge alla Città.

Qui maggiori informazioni sulle motivazioni e le finalità dell’iniziativa.

I fiori garganici hanno ora un’enciclopedia tutta dedicata a loro: una guida scientifica alla biodiversità che è in Puglia, tra mare e cielo. Il Parco Nazionale del Gargano punta sulla conoscenza e sulla conservazione della natura. Con la recente pubblicazione dell’enciclopedico volume Flora vascolare del Gargano e delle Isole Tremiti - Chiavi analitiche per la determinazione l’Ente Parco Nazionale del Gargano punta sulla conoscenza della natura del proprio territorio e sulla promozione di iniziative finalizzate alla conservazione dei beni ambientali che lo caratterizzano.

Gli autori del libro sono due tra i massimi esperti di flora del Gargano, il prof. Wolfgang Licht, ricercatore e docente in pensione dell’Università di Mainz in Germania, e il prof. Robert Philipp Wagensommer, ricercatore e docente presso il Dipartimento di Biologia dell’Università di Bari Aldo Moro.

«Si tratta di un libro di circa mille pagine che riguarda l’intera flora vascolare del Gargano e delle Isole Tremiti, cioè tutte le piante spontanee e spontaneizzate, ad esclusione dei muschi e delle alghe>>, spiega con soddisfazione il prof. Wagensommer, che aggiunge come <<attraverso le chiavi analitiche presentate nel libro» sia «possibile determinare tutte le specie e sottospecie presenti nel territorio indagato», sottolineando che «il libro propone anche 50 tavole iconografiche, rappresentanti 200 specie, e 64 pagine fotografiche, raffiguranti 86 specie».

CLICCA QUI PER LEGGERE UN BREVE ABSTRACT DEL LIBRO (19 PAGINE) E 2 FOTO DI PIANTE CHE CRESCONOSUL GARGANO E CHE SONO RITRATTE NEL LIBRO

Nella presentazione che introduce il libro, il presidente dell’Ente Parco Nazionale del Gargano, Prof. Pasquale Pazienza, accoglie «con piacere» la conclusione di questo lavoro «fortemente voluto dall’Ente Parco Nazionale del Gargano», sottolineando come sia «fuor di dubbio che, per esser gestita correttamente, la diversità floristica e faunistica di un territorio deve innanzitutto essere conosciuta» e che «la conoscenza di quante e quali specie sono presenti in un ambito territoriale>> assume <<una forte rilevanza».

«Sono certo che, con questa pubblicazione, il parco nazionale del Gargano arricchisce il basamento di conoscenza delle valenze ambientali esistenti nel suo territorio», aggiunge il presidente del Parco Nazionale del Gargano, che sottolinea come il volume rappresenti <<un validissimo strumento di approfondimento di conoscenza per gli esperti botanici, ma anche, e più semplicemente, una bella lettura per quegli appassionati che vogliono avvicinarsi alla conoscenza dell’immensa diversità floristica del nostro meraviglioso territorio>> e chiude la presentazione augurandosi che il libro «possa essere apprezzato da chiunque voglia conoscere più approfonditamente alcuni aspetti specifici del nostro magnifico promontorio garganico e dello splendido arcipelago delle Isole Tremiti».

Licht, Wagensommer, 2020 (Flora vascolare Gargano e I.Tremiti. Chiavi analitiche) (copertina)

Il volume, appena pubblicato, è stato interamente realizzato con finanziamento pubblico e, pertanto, la sua distribuzione e vendita sono gestite unicamente dall’Ente Parco Nazionale del Gargano.

La Sezione Pugliese della Società Botanica Italiana, attraverso il suo Presidente, prof. Mario De Tullio, esprime «viva soddisfazione per la pubblicazione di quest’opera, che non è solo un fondamentale contributo alla conoscenza della natura, ma anche uno strumento pratico per la tutela ambientale e la promozione di un turismo sostenibile in uno dei territori più ricchi di biodiversità della nostra Regione».

L'Università degli Studi Aldo Moro di Bari, con il contributo di docenti di altre università e centri di ricerca, continua nella formazione di nuovi archeologi.Una serie di seminari per la formazione nel settore del patrimonio archeologico, con dottorati Pasap_Med.

Il 22 febbraio, alla ore 15,30, sulla piattaforma web Microsoft Team (https://bit.ly/3qrNNFa), si svolgerà il seminario "La vita dei monumenti", condotto dal prof. Modotto arco Mannino, docente di Progettazione architettonica del Politecnico di Bari. Il seminario sarà introdotto da Antonello Monaco

A renderlo noto è il Prof. Giuliano Volpe, ordinario di Metodologie della ricerca archeologica presso l'Università degli Studi Aldo Moro di Bari. Il prof. Volpe, da anni, è in prima linea sulla formazione e divulgazione dei beni archeologici in Italia, con particolare interesse in Puglia. Professore di Archeologia, Rettore emerito dell'Università di Foggia, Presidente del Consiglio Superiore 'Beni culturali e paesaggistici' del MIBACT, Presidente della Società degli Archeologi Medievisti Italiani, Presidente della Fondazione Apulia Felix onlus, ha presentato al Governo , con altri suoi colleghi, vari studi e proposte per salvaguardare il patrimonio culturale italiano.

Sotto un ponte, lungo l'A14, l'autostrada meglio conosciuta come "Adriatica", tonnellate di rifiuti speciali abbandonati abusivamente, formando un'area molto vasta come discarica a cielo aperto. Ingenti i danni ambientali.

Il Nucleo operativo di polizia ambientale della guardia costiera di Manfredonia ha effettuato, sotto il coordinamento della Procura dauna, un’operazione di polizia ambientale finalizzata al contrasto e alla repressione del fenomeno dell’abbandono incontrollato di rifiuti, in località contrada Monterozzi, agro del Comune di Foggia.

L’operazione ha portato alla luce un’area di circa 8000 mq situata nei pressi del viadotto sottostante l’autostrada A14 Adriatica, completamente adibita a discarica abusiva di tonnellate di rifiuti speciali e non, abbandonati sul terreno.

Diverse le tipologie e la natura dei rifiuti rivenuti dai militari tra cui, scarti edili derivanti da lavorazioni industriali, pneumatici usati, rifiuti urbani vari e rifiuti derivamenti da lavorazioni agricole. Alcuni presentavano evidenti segni di combustione.

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L'area interessata è stata posta sotto sequestro penale e successivamente affidata in custodia al dirigente competente del Comune di Foggia per il successivo avvio delle operazioni di bonifica e messa in sicurezza.

Il sequestro effettuato dalla polizia giudiziaria operante è stato convalidato dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Foggia, su richiesta della locale procura.

Le indagini per individuare gli eventuali responsabili degli abusi rilevati proseguiranno al fine di individuare gli autori dei reati.

L’attività illecita perpetrata, è particolarmente pericolosa per l’ambiente poiché il materiale rinvenuto potrebbe comportare un inquinamento delle falde acquifere e del terreno circostante.

Anche quest’ultima operazione portata a termine dai militari della guardia costiera rientra nell’operazione nazionale sulla tutela dell’ambiente denominata "30 days at sea".

a cura del prof. Giuseppe Piemontese - Società di Storia Patria per la Puglia.

Il patrimonio boschivo del Comune di Monte Sant’Angelo è uno dei più estesi del Gargano, anche se dobbiamo affermare che il Gargano un tempo aveva una maggiore estensione di boschi,  quasi il triplo di oggi. Infatti, nel 1844 il Gargano aveva 111. 450 ettari di boschi, che man mano si sono ridotti progressivamente fino a raggiungere, oggi, 37.601 ettari.  Il  patrimonio agro-forestale del  Comune di  Monte Sant’Angelo  è costituito da  9.675 ettari di boschi, così divisi fra il demanio comunale e quello statale: 6.950 ettari appartenenti al demanio comunale e  2.825 ettari al demanio statale. 

La Foresta Umbra si estende per più di 10.000 ettari, di cui 2000 ettari appartengono al Comune di Monte Sant’Angelo, gli altri ai vari Comuni confinanti, fra cui Vico del Gargano, Vieste, Peschici, Ischitella e Carpino. Fanno parte del patrimonio boschivo comunale di Monte Sant’Angelo:  il Bosco Quarto, che si estende per  2.730 ettari,  il Bosco Spigno che si estende per  1.513 ettari, il bosco Umbricchio per ha 800, Marguara per ha 798, Lama di Milo per ha  1.029, Casiglia per ha 345 e Vota per ha 107,  per un totale di 6.000 ettari di proprietà pubblica comunale, pari a ¼ dell’intera superficie territoriale, che è costituita di circa 24.000 ha. In questo senso tale patrimonio boschivo costituisce, insieme alla Foresta Umbra, uno dei più vasti complessi boscati del Meridione  d’Italia. Sul piano vegetazionale l’area ospita diversi tipi caratterizzati dalla macchia mediterranea, alle quote più basse, fino alla foresta di latifoglie contrassegnate dalla presenza di vaste cerrete, boschi misti e faggete.

Gli scrittori romani ricordano il Gargano coperto da un’unica immensa distesa di foreste, il Nemus Garganicum e Virgilio cita il Gargano e lo definisce Nemetun Garganum, foresta garganica di cui restano pochi lembi limitati alla Foresta Umbra, la più importante, e al bosco Quarto Spigno. Secondo il Tancredi, all’inizio del Novecento (1938), i boschi di cerro arrivavano fino all’abitato, ma con il tempo i contadini garganici preferirono la cultura agraria ai boschi millenari. Nella carta corografica dei boschi di Monte Sant’Angelo, compilata nel 1839 dall’Ispettore Forestale Lorenzo Avellino, si possono individuare diversi boschi di proprietà del Comune di Monte Sant’Angelo, fra cui il Bosco Quarto, il Bosco Spigno, Umbricchio, Marguara, e Lama di Milo e le due difese demaniali di Vota e Casiglia, quest’ultima al centro di diverse liti fra l’Università di Monte Sant’Angelo, la principessa di Gerace e i locati, tanto che questi ultimi ne approfitteranno per renderla privata.

Carta corografica dei boschi di Monte Sant’Angelo

Carta corografica dei boschi di Monte Sant’Angelo

Col passare dei  secoli l’estensione del demanio comunale si è notevolmente ridotta per le innumerevoli occupazioni, tanto che ormai sia Vota, che Casiglia, come il Bosco  Umbricchio, sono del tutto privati. Purtroppo il nostro  patrimonio boschivo per decenni è stato abbandono, senza che potesse incidere sull’economia del paese e sullo sviluppo di imprese gestionali a livello pubblico o privato, tanto da  rendere alla collettività ben poco, in quanto l’intero settore, sia da parte del settore pubblico che quello del settore privato,  non ha avuto quell’attenzione che si meritava attraverso l’attuazione di Piani di valorizzazione e di un'accurata gestione amministrativa. Evidentemente a nessuno interessa una gestione che possa contemplare la finalità che il patrimonio pubblico è anche un Bene comune. Infatti, tutto tende sempre ad essere privatizzato e quindi reso fruibile da pochi che tendono a considerare il Bene comune come Bene privato e quindi soggetto alle leggi del mercato ad ogni costo, tramite il profitto individuale e non collettivo. Eppure unico destinatario di gestire un bene collettivo è la comunità, e quindi  il Comune, in quanto bisogna considerare il territorio e quindi il paesaggio, sia esso urbano che rurale, come Bene comune.

Purtroppo il Comune di Monte Sant’Angelo, con le sue Amministrazioni, non ha mai considerato il patrimonio boschivo come Bene comune e quindi soggetto ad una politica di valorizzazione e di qualificazione sul piano economico e ambientale. Né gli Uffici preposti alla sua gestione, fra cui il Settore Agricoltura e Foreste, ha mai predisposto un Piano di gestione sostenibile dei boschi e quindi del patrimonio agro-forestale. Il tutto si è soffermato solo  alle deleghe remunerative riguardanti la gestione di settore di alcune parti del patrimonio boschivo, senza una politica di insieme dell’intero comparto boschivo. E oggi si propone di privaterizzare il nostro patrimonio boschivo, come del resto è stato fatto per i Beni Culturali, vedi il Castello e i Musei, fra cui il Museo Etnografico Tancredi.

Noi siamo convinti che per avere uno sviluppo urbano sostenibile c’è bisogno  di valorizzare in maniera globale tutte le potenzialità del proprio territorio, da quelle storico-culturali a quelle economico-sociali, a quello agro-forestale,  in un processo integrato di Rigenerazione Urbana Sostenibile.

Argomenti trattati: Necessità di formare i giovani nel mondo imprenditoriale. Piano di resilienza proposto da MI. Formazione post scuola. Donne maggiormente penalizzate. Creare sinergie con il sistema universitario. Importanza dell’anagrafe dello studente. Educare le famiglie alla formazione dei figli. Creare un collante tra scuola e mondo del lavoro. Investire sugli insegnanti.

Si è concluso ieri il ciclo di incontri settimanali organizzati da Meritocrazia Italia per tutto il mese di febbraio, sul tema dei Neet.

Argomento delicato ed al contempo allarmante per la diffusione del fenomeno nel nostro Paese, che vanta il primato europeo.

Le soluzioni al problema e le sue ripercussioni sociali sono state trattate nella tavola rotonda da esperti e tecnici, che si sono confrontati con i Dirigenti di Meritocrazia Italia, Raffaela Pergamo  (Direttore Dipartimento Politiche agricole) e Marco Del Sorbo (Tesoriere e Consigliere di Presidenza), cui sono state affidate le conclusioni dell'incontro. Moderati da Roberto Castaldo, Direttore Scientifico di Crea, si sono succeduti sul palco Giovanna Pentenero, già assessore Regione Piemonte; Carlo A.Mazzone, Docente di informatica, premiato a livello mondiale; Carmen Gallucci, Docente di Finanza Aziendale Unisa; Piero Rinaldi, Imprenditori Rinaldi Group, Presidente Giffoni Experience.

Il comune denominatore di tutti gli interventi è racchiuso nella necessità, unanimemente riscontrata dai relatori, di riconoscere e non sottovalutare il problema, per poterlo affrontare con incisività ed in un'ottica di inclusione, affinché anche i giovani a rischio possano sentirsi cittadini attivi ed essere stimolati alla partecipazione. I ragazzi vanno messi al centro e si deve lavorare per piccoli progetti, al fine di creare, dall’interno delle istituzioni formative, la possibilità di portare i giovani verso l’imprenditorialità, per gestire la propria autonomia gestionale e operativa.

Così ha concluso Marco Del Sorbo:" Per ridurre il fenomeno dei NEET è necessario quel giusto collante tra scuola e mondo del lavoro che in Italia manca completamente. I giovani di oggi si sentono sfiduciati, non riescono a collocarsi nel mondo del lavoro e sono costretti ad andare all’estero per trovare quella giusta e desiderata collocazione, che l’Italia non riesce ad offrire. E’ necessaria una forte ed incisiva azione pubblica sul problema”.

Il dibattito è stato costruttivo e con rilevanti spunti di approfondimento. Soprattutto foriero di soluzioni concrete che l'associazione auspica possano trovare fattiva attuazione. Il Webinar potrà essere rivisto sulla pagina Facebook: L'Italia che Merita.

Dr. Mariano: “Modificare il piano vaccinale, non più solo età anagrafica ma anche patologie”.

"Regolamenti, decreti ed idee. Poi c’è la realtà di tutti i giorni, la realtà che il CALCIT vive tutti i giorni sul campo attraverso i suoi volontari, attraverso i professionisti che sono accanto agli ammalati oncologici, attraverso tutti coloro i quali si rivolgono alla storica associazione andriese per chiedere aiuto. Ed è per questo che il CALCIT di Andria vuole lanciare un appello davvero semplice alle istituzioni a tutti i livelli: “In questa pandemia da Covid-19 – spiega il Presidente il Dr. Nicola Mariano – spesso sono stati trascurati i problemi esistenti come per esempio i malati oncologici. Ora la sanità pubblica sta cercando di rimettersi al passo nonostante il virus non accenni ad arretrare ma l’unico vero modo per sconfiggere il Covid abbiamo compreso che è la vaccinazione. Noi chiediamo ai rappresentanti politici territoriali di impegnarsi affinchè venga urgentemente modificato il testo del piano nazionale dei vaccini per l’attuazione della seconda fase, quella per intenderci che terminerà con la vaccinazione di massa. Ora serve dare assoluta priorità non solo all’età ma anche e soprattutto alle patologie presenti nei pazienti in particolare per quel che riguarda i pazienti oncologici o coloro i quali hanno subito un trapianto di organo o chi è in dialisi. Sono loro, aldilà dell’età anagrafica, ad aver assoluta necessità del vaccino già in questa fase che, nonostante la ricerca della rapidità sembra esser decisamente lenta nell’esser espletata”.

Il CALCIT è impegnato da oltre 35 anni nell’assistenza ai malati oncologici sul territorio di Andria. Le richieste sono particolarmente aumentate nell’ultimo periodo e si rischia davvero di lasciare indietro o indifese persone che hanno assoluta necessità di questo vaccino per evitare ulteriori complicanze date dal Covid-19: “Purtroppo è già successo di dover assistere sostanzialmente inermi – spiega il Dr. Nicola Mariano – a situazione di questo genere. Ora abbiamo un’arma importantissima ed i più indifesi devono esser rapidamente vaccinati per consentire di diminuire i rischi e salvare davvero molte vite umane”. Questa seconda fase del piano vaccinale non partirà finchè non ci sarà la conclusione della fase cosiddetta uno e cioè la vaccinazione dell’over 80 e del personale scolastico. Questo significa, molto probabilmente, un arrivo a non prima dell’estate. Un tempo che per chi lotta già con altri mali non è assolutamente plausibile". 

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